Nel leggere la tua biografia, ci si imbatte in numerose tappe importanti degne di nota e che suscitano interesse intorno al tuo percorso umano e professionale tenuto conto della tua giovane età. Tu sei un attore della nuova generazione con uno spiccato senso di dovere per il proprio mestiere di attore e con origini artistiche ben salde visto che provieni da una delle migliori accademie italiane la Silvio D’Amico. Quanto esso ha inciso sulla tua formazione di attore?L’Accademia è stata una tappa cruciale, anche prima di essere frequentata, cioè nella fase delle selezioni, poiché mi dicevo che qualora non fossi entrato non avrei fatto l’attore. Al di là di questa convinzione, che forse ora riterrei sbagliata, quel periodo ha rappresentato per me una fase di crescita umana e professionale. Quando entrai ero un diciottenne della sperduta provincia di Bari sicuro di sé e con un energia smisurata e fuori controllo, volta a dire un'unica cosa: eccomi! ci sono! Guardatemi!. Ne sono uscito tre anni dopo con le ossa rotte! Tante incertezze… ma allo stesso tempo una consapevolezza e un controllo di sè a me nuovi. L’attore è un musicista che ha come strumento se stesso ( la propria voce la propria fisicità, le sue esperienze di vita passate e presenti, le proprie emozioni,la sua immaginazione) e come tale deve cercare di avere la padronanza di questo strumento. Essendo quindi quella attoriale una ricerca soggettiva, non può esistere un unico Metodo corretto per la recitazione. Rispetto a questo concetto l’Accademia si pone a mio parere nell’atteggiamento giusto. Non mi ha infatti propinato superba un’unica verità ma me ne ha offerte diverse, alle volte anche apparentemente molto distanti tra loro. Il mio lavoro è stato quello di capire ciò che mi era più utile e quindi di prendermelo .
Qual è stato il tuo primo ruolo importante al teatro e al cinema; cosa ha rappresentato per te quel primo passo verso il successo? Per quanto riguarda la mia esperienza teatrale non riesco a stilare una classifica di ciò che è stato più o meno importante , ma preferisco immaginare tutto il bagaglio di esperienze fatte finora come un unico grande primo passo: dall’esperienza del teatro di strada ai primi ruoli affrontati nel teatro più convenzionale al quale posso guardare con soddisfazione, ma anche con tanta umiltà. Anche perché nel teatro Italiano vieni considerato giovane attore fino a cinquant’anni!Per quanto riguarda il cinema il discorso è diverso. ”L’estate di Martino” è stata la mia primissima esperienza cinematografica, una scintilla che ha acceso un fortissimo interesse verso il mezzo cinematografico facendomene innamorare.
Che importanza dai alla bellezza nel tuo lavoro….. E' inutile nascondersi dietro un dito: la “confezione”va curata. Uso questa parola per il semplice fatto che ,a mio parere, fin quando non si raggiunge un livello alto di riconoscimento artistico gli addetti ai lavori ti considereranno sempre un” prodotto” da collocare, etichettare e vendere. E se il tuo marchio è “bello e aitante giovane attore” devi fare di tutto per mantenerlo. Questo è un compromesso che sta nell’ordine delle cose. Anche se personalmente penso che la giusta importanza vada data ad un altro tipo di qualità:il carisma, che è sì innato, ma allo stesso tempo può essere rafforzata con l’esperienza di vita, con la cultura, con l’ironia.
Quali sono i progetti futuri che ti vedono protagonista e per quale regista ti piacerebbe lavorare?Ho da poco terminato le riprese di una commedia dal titolo: ”Dieci regole per farla innamorare” con Vincenzo Salemme per la regia di Cristiano Bortone. Qui interpreto uno dei fedelissimi amici e coinquilini del protagonista . Il suo nome è Paolo , un giovane attore un po’ strasberghiano esistenzialista che per campare è costretto a fare i fotoromanzi.Un regista con cui mi piacerebbe molto lavorare, e che qualche mese fa ha girato il suo film a Roma, è Woody Allen.