Con Dharma, il secondo libro di Antonio Raciti, continua il viaggio interiore, iniziato con Deccan, che ci ha fatto conoscere i molteplici volti dell’India, facendocene apprezzare il lato più intimo e nascosto.Prosegue così il percorso di conoscenza di luoghi lontanissimi sia geograficamente che culturalmente, dalla nostra dimensione occidentale, estremamente materialista e molto poco attenta ad ascoltare e valorizzare l’interiorità e le sue enormi ricchezze.
(acconciatura)
Con Dharma raggiungiamo i monasteri del Sichuan diventando quasi parte delle folte schiere di pellegrini fino ad arrivare in Tibet la terra del Dalai Lama e della spiritualità Buddhista, passando per una natura dai mille colori in cui il turchese di un lago quasi si confonde con l’azzurro del cielo limpidissimo, che avvolge con le sue candide nubi le più alte vette del mondo. Questa lettura passo passo inizierà a coinvolgerci fino a travolgere i nostri sensi e riempiere i piccoli deserti della nostra anima, da troppo tempo assetati di tranquillità e serenità.L’autore farà in modo di farci rivivere tutti i momenti della sua esperienza di viaggiatore e di uomo in queste terre lontane.Spesso sarà proprio il ricordo dei luoghi incantevoli e della natura incontaminata a coinvolgere l’autore emotivamente, così da ricondurlo con la forza dei ricordi al passato, facendolo rivivere in maniera dirompente: così da far riemergere anche la disillusione, maturata nel tempo, nei confronti di personaggi, come Mao Tse Tung, e di ideali, un tempo capaci di motivare grandi ed accese lotte giovanili, ma che oggi sono solo utopiche idee forse troppo fragili ed impossibili da realizzare.In questo contesto il lago dalle acque turchesi o le acque scure del Brahmaputra diventano uno specchio nel quale l’autore riflette il suo volto e la sua anima così da ripercorrere il passato con un velo di tenerezza e nostalgia e vedere l’uomo che oggi è diventato, mettendosi a nudo in modo disarmante mostrando tutte le sue fragilità ed abbattendo tutte le sue resistenze a lasciarsi andare.Il viaggio si apre con una traumatica scoperta: anche in questi luoghi, dove la spiritualità dovrebbe vincere su tutto, la legge dell’uomo fredda e cinica sembra avere la meglio. Il passato ed i suoi sbagli sembrano ripetersi ciclicamente, dimostrando che l’uomo è incapace di imparare dai suoi errori.L’autore riesce con grande abilità a farci vivere ogni attimo del suo viaggio, facendo sì che questo diventi anche il nostro viaggio. Egli con il suo stile inconfondibile: semplice ma arricchito a tratti da “pennellate” estremamente poetiche e profonde, riesce a cogliere in ciascuna descrizione delle sfumature uniche e molto intime che ci regalano delle vere e proprie istantanee dal grande pathos.La nostra mente inizia a viaggiare e progressivamente colori, odori, suoni e sapori vengo percepiti, coinvolgendo il lettore con tutti e cinque i sensi e facendolo diventare un vero e proprio viaggiatore. Si crea una vera simbiosi tra autore e lettore, al punto che: egli si senta “soffocare” quando l’autore descrive la mancanza di libertà tangibile dalla rigidità dei controlli della polizia; avverta lo stesso iniziale disgusto per l’odore acre dell’olio e del burro di yak; si lasci cullare dal suono delle campane scosse dal soffio del vento; e venga abbagliato dalle fiammelle dentro i braceri.Le descrizioni si fanno sempre più intense, spesso ci sembra di avere davanti agli occhi una natura dalla bellezza incommensurabile che nasconde un velo di tristezza, come dice l’autore.I colori predominanti sono il rosso, il bianco, l’oro ed il turchese talmente vivi ed accecanti nella narrazione che ci sembra quasi di toccare il Buddha blu e oro ed il Potala di un rosso e bianco intensi. Tutto anche l’architettura sembra essere strumento per raggiungere Dio; qui anche le bellezze artistiche rispecchiano l’atmosfera spirituale ed il senso di felicità ed appagamento.Tutto incarna la spiritualità Buddhista, capace di rendere l’uomo completamente incurante di ciò che accade nel mondo circostante, quando si dedica ai riti sacri e alla preghiera.Qui tutto anche ciò che sembra più stridente dà vita ad un connubio perfetto: così “un Lama che parla al cellulare durante la preghiera sembra la cosa più naturale del mondo”.In questi luoghi, come in nessuna altra parte del mondo “tradizione e modernità si sposano armonicamente”.Al termine della nostra lettura ci rimane scolpita negli occhi e nella mente la bellezza della natura, con i suoi laghi, fiumi, montagne; le acconciature rosse e turchesi che incorniciano i volti bruciati dal sole dei tibetani, gente “buona, gentile e sorridente”; ed il bianco ed il rosso accecanti del Potala. Ma soprattutto “una meravigliosa sensazione di leggerezza” che l’autore ha avuto l’abilità di trasmettere in modo tale che la potessimo condividere con lui.
Recensione
“E' un'altra vita, un altro mondo, desidero che il tempo si fermi affinché ieri sia come oggi e tutto sia senza domani”. Abluzioni nel cuore della spiritualità, luoghi scabri che sollecitano la meditazione, sontuosità architettonica, indigenza, questo e tanto altro la Cina nella prosa asciutta, netta, attenta alle sfumature esistenziali, di Antonio Raciti. Un diario di viaggio infiammato da bagliori poetici: “da lontano le finestre appaiono come candele circondate da un'aureola”.
L'autore ha sempre presente la sua anima occidentale (“ci annunciano una città vicinissima, che per l'immaginazione domiciliata in Europa è lontanissima”), costante il dialogo-dissidio interiore o la presa di coscienza malinconica, data dalla disfatta di miti giovanili (Mao Tse-tung) disciolti nell'acqua, declinati a effigie economica: “Il grande timoniere si è ridotto a pilotare un piccolo foglio di carta moneta galleggiante, attorniato da magnifici esemplari di tartaruga”.
Questo viaggio verso il Tibet è un periplo emozionale privilegiato nell'anima di Raciti, insieme agli amici-compagni Luisa, Carla, Vincenzo, Lorella e, soprattutto, in un invisibile passaggio di testimone affettivo, il passato e il presente dello stesso, suo padre e l'amata Carmen, riuniti nel bellissimo esergo: “Papà mi ha iniziato al viaggio, e tra avventure in macchina, soste nei boschi e arrampicate lungo rigogliosi versanti alpini, mi ha instillato la curiosità per le persone, gli odori e i sapori. Ha fatto nascere in me l'amore per l'immagine e la capacità di guardare attraverso una cornice. Tutto è rimasto sepolto per decenni sotto uno spesso strato di cenere. Carmen ha ritrovato l'ultimo piccolo granello di brace ancora rossa e fumante, con amore ha soffiato e l'ha fatto riardere”.
Luigi Carotenuto