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INTERVISTE ESCLUSIVE NAPOLI CULTURAL CLASSIC: Massimiliano Nardulli
DI CHI PARLIAMO
Massimiliano Nardulli
Tenace, coraggioso, professionale, ma soprattutto follemente artistico: sono gli esatti aggettivi per descrivervi Massimiliano Nardulli, classe 1976. Laureato in Arti e scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con specializzazione sul mondo sognante e a volte criptico del cinema, con una tesi sul regista argentino Adolfo Aristarain. Sin dai tempi universitari, organizza eventi e manifestazioni multiculturali, dapprima a Roma nella sua città natale, partecipando a eventi e festival come: Arcipelago e Festival International di Cinema e nuove immagini, di cui oggi è programmatore e consigliere artistico, che lo hanno fatto conoscere al pubblico europeo e latinoamericano.
Dal 2011 è direttore artistico del festival cinematografico francese del corto Européen du Film Court du Brest, raggiungendo un ottimo successo mediatico internazionale. Una personalità cosmopolita, che vive in questo periodo tra Francia e Romania. Un personaggio che non si dimentica e che non si fa dimenticare, che desta, dall’ombra di un mondo tetramente allo sfascio, la luminosa fierezza della sfida italiana, in quanto membro votante dell’Accademia delle Arti e delle tecniche cinematografiche francese. Chi agisce è un ragazzo che mette in moto quotidianamente un motore, forte, creativo e del tutto originale per una Italia che merita di essere ricaricata da personalità simili.
G.G.:
Perché hai scelto di percorrere questa strada professionale?
Massimiliano Nardulli: Ho studiato Lettere Moderne all’Università di Roma La Sapienza. Erano ancora i tempi del vecchio ordinamento e ho approfittato un po’ del caos della mia facoltà per fare un piano di studi molto personalizzato, che mi ha permesso di coltivare la mia passione per il cinema, teatro, musica classica e letterature estere. Adesso sarebbe impensabile poter avere una tale libertà di scelta. Questo, con il fatto di lavorare di giorno in un negozio di noleggio di VHS, mi ha dato la voglia di iniziare a condividere con gli altri le scoperte cinematografiche che andavo pian piano facendo. Ho cercato di creare rassegne e conferenze durante il mio periodo universitario e ho iniziato subito a orientarmi verso la creazione di eventi culturali. Naturalmente i posti a disposizione in Italia per questo sono pochissimi e, spesso, di difficile accesso per qualcuno che non ha appoggi. Ho deciso quindi di provare all’estero, dapprima in Spagna, dove sono stato per qualche anno, e in seguito un po’ dove mi portavano le occasioni.
G.G.:
Quali difficoltà hai trovato e quali note positive in questi spostamenti?
Massimiliano Nardulli: Naturalmente andare all’estero significa imparare una lingua e una cultura nuova, per ogni posto in cui si soggiorna, e anche creare nuovi vincoli e amicizie. Questo, si può rivelare un bene e un male, una forza o una debolezza. Nel mio caso, essere costretto a cambiare spesso per lavorare, e non sempre in quello che desideravo, mi ha aperto tantissime porte e soprattutto mi ha aiutato ad avere una visione del mondo molto più vasta. Chiaramente ci sono i momenti di sconforto, le incomprensioni dovute a codici culturali ed emotivi differenti, ma alla fine, come si suole dire, quello che non uccide rinforza. Il problema semmai diventa dopo un po’ di perdere alcune radici forti e anche alcune capacità linguistiche. Posso raccontarvi un simpatico aneddoto accadutomi qualche mese fa nella metropolitana di Roma. Ho iniziato a parlare con un giovane che stava leggendo un libro di letteratura sudamericana, commentando il suo buon gusto letterario. Dopo qualche minuto di conversazione, il ragazzo si complimenta con me per il mio italiano. Io sorrido, rispondendogli che sono madrelingua. Al che lui mi fa notare che ho usato due o tre parole nel mio discorso che non sono italiane, ma suonavano come italianizzate. Quando non riesci a renderti conto che stai parlando una lingua, che dovrebbe essere la tua, con errori, vuol dire che qualcosa di strano succede nella tua testa.
G.G.:
Com’è essere un direttore artistico italiano che gestisce uno dei festival francesi più famosi al mondo nell’ultimo decennio e il tuo rapporto con i colleghi francesi?
Massimiliano Nardulli: Strano. Molto strano. Di sicuro non posso che essere grato a un Paese che mi ha offerto questa opportunità, che mi dà la possibilità di vivere facendo un bel mestiere che mi permette di viaggiare molto e fare tantissimi incontri. Ci sono anche tantissimi problemi e differenze culturali che vengono fuori ancor di più nel mondo del lavoro. Adoro lavorare nel buonumore; sono alquanto rumoroso, ho bisogno di musica, di allegria, di chiacchierare con la gente e condividere quello che mi passa per la testa, altrimenti non avrei fatto questo mestiere. Questo non è molto ben visto, e anche lavorando nella cultura, i Francesi hanno una visione del lavoro molto diversa dalla nostra… sono molto più competitivi, ma allo stesso tempo sono legati da alcune abitudini per me incomprensibili, tipo: il rispetto rigido degli orari di lavoro; il far finta di essere occupati anche quando non hanno nulla da fare; il voler lavorare ognuno nel suo angolo senza interessarsi a quello che fanno gli altri. Ora tutto questo potrebbe sembrare normalissimo nel caso di un lavoro in banca o alle poste o in un ministero. Per un festival di cinema a me sembra piuttosto curioso. Inoltre quello che bisogna dire è che il fatto di avere un direttore artistico italiano non gli va molto giù in realtà, nonostante siano costretti ad ammettere che faccio piuttosto bene il mio lavoro. Questo fa parte dello sciovinismo francese; anche le persone più aperte non riescono mai a staccarsi completamente da questo bisogno di paragonare qualsiasi cosa all'equivalente francese e chiaramente in termini peggiorativi. Ma che ci vogliamo fare, sono Francesi …
G.G.:
... e quello con la città di Brest?
Massimiliano Nardulli: Vale un po’ lo stesso discorso, per il lavoro. Non posso dire che mi sento al cento per cento a mio agio. La prima volta che arrivai in Bretagna rimasi assolutamente affascinato. I paesaggi, il ritmo di vita, l’apparente cordialità della gente, tutto mi sembrava molto bello e mi diede voglia di restare. Per quanto riguarda Brest, città dal fascino ambiguo, senza dubbio la meno bella della Bretagna, ma con un fervore culturale davvero interessante, ho per il momento un rapporto difficile, direi quasi di amore/odio. Non riesco a rimanerci troppo tempo di seguito, ho bisogno di scappare via dopo qualche settimana, ma apprezzo anche tornare poi. Vivo adesso tra la Bretagna e la Romania e sinceramente sono molto più attratto dalla seconda, soprattutto dal punto di vista umano.
G.G.:
Qual è il corto che più ti ha emozionato, appassionato, di tutti.? è italiano, questo corto?
Massimiliano Nardulli: Ce ne sono tantissimo, italiani e stranieri. Difficile citarne pochi: ogni anno ne ho una buona decina che mi fa saltare dalla sedia. Tra i miei favoriti storici posso consigliarvi: Soft ,del regista inglese Simon Ellis, che potete trovare facilmente on-line; l’italiano Basette, una parodia di Arsenio Lupin, con Valerio Mastandrea nel ruolo di protagonista; ancora, per andare più indietro nel tempo, TheseBoots, di Aki Kaurismaki. Ce ne sono centinaia che adoro. Calcola che vedo all’incirca 2500 corti all’anno e che è una decina d’anni che faccio questo mestiere.
G.G:
Hai mai pensato di partecipare ad un festival? Quale sarebbe stata la storia, che avresti presentato?
Massimiliano Nardulli: Ci ho pensato parecchie volte, ma mi sento meglio dall’altra parte della barricata. Non mi sento un regista, ci vuole troppo rigore per essere un regista a mio avviso, mi piace maggiormente scrivere delle sceneggiature. Ne ho scritta qualcuna, provando anche a realizzarla, ma alla fine non sono mai riuscito a ricreare la magia che avevo nella pagina. In particolare, ho una storia che mi piace molto da anni e anni, una sorta di corto molto teatrale che mischia Brecht e Camus, ma che cinematograficamente non rende e teatralmente nemmeno … quindi resta nel limbo delle cose incompiute. Forse verrà un giorno che mi cimenterò nuovamente dietro la macchina da presa, ma per il momento ho troppo da fare per cercare di far scoprire i nuovi registi di domani.
G.G.:
Cosa ti aspetti dalla nuova edizione?
Massimiliano Nardulli: La prossima edizione di Brest sarà la ventinovesima… strana edizione, visto che in parallelo sto già lavorando per la trentesima. Sono parecchio contento della selezione per i film in competizione e anche soddisfatto di poter presentare, tra le retrospettive, un omaggio al Centro Sperimentale di Cinematografia. Un po’ di promozione per il cinema italiano all’estero serve, ci sono tante buone cose che non riescono a varcare i confini nazionali. E soprattutto all’estero tutti si chiedono se il declino politico ed economico dell’Italia corrisponda anche a un declino culturale. Io credo e spero di no, solo che adesso bisogna essere come i cercatori d’oro… andare a scovare le pepite nel profondo.
G.G.: ...
e soprattutto cosa cerca ora, Massimiliano Nardulli?
Massimiliano Nardulli: Mi piacerebbe poter vivere in Italia facendo quello che faccio all’estero. Ho progetti, idee e tanti contatti presi in anni di lavoro sul campo. Mi piacerebbe poter offrire questo al mio paese. Per il momento la situazione non pare estremamente propizia. Nello stesso tempo cerco di non fermarmi mai e di tessere sempre nuove collaborazioni e progetti. Passo molto tempo in Romania, affascinato dalla competenza e dall’entusiasmo che si trova nei paesi considerati più poveri. Sono stato un po’ dappertutto: nei Balcani, nell’Europa dell’Est e trovo ci sia qualcosa di miracoloso nell’aria. Spero che tutta questa energia possa dare una nuova linfa culturale al resto dell’Europa che trovo un po’ ripiegata su se stessa. Vorrei anche poter viaggiare ancor di più… ho recentemente fatto pace con gli USA, dopo un periodo di rigetto totale per tutto ciò che proveniva da quel lato e vorrei fare un viaggio partendo dal Canada fino a Panama. Lo stesso vorrei fare per l’ex URSS: attraversare tutto fino a Vladivostok. Non bisogna fermarsi mai e allo stesso tempo prendere il tempo ovunque e sempre per godersi quello che si ha davanti gli occhi.
G.G:
A chi mandi un tuo saluto?
Massimiliano Nardulli: Vorrei inviare un saluto speciale a tutti gli amici di Cultural Classic e un abbraccio a tutta la splendida città di Napoli che mi manca sempre assai!
a cura di
Giuseppe Giulio
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