DI CHI PARLIAMO
la direttrice artistica Lorena Coppola
Quali ricadute umane e professionali ha avuto su di te la frequentazione di maestri illustri della danza mondiale?
Ha ampliato i miei orizzonti, ha nutrito la mia essenza, mi ha reso una persona migliore. Da loro ho imparato la profondità dell’arte e le sue mille sfaccettature, ma, soprattutto, dai miei maestri, ho imparato l’umiltà, che è la prima grande dote di un artista.
Quanto conta nella tua vita la danza?
È una priorità assoluta. Cibo dell’anima.
Tanti spettacoli importanti a cui hai partecipato, prima come direttrice e poi come produttrice, calcando le scene dei più grandi teatri: quale il più interessante per le opportunità che ti ha dato e hai dato?
Ogni spettacolo per me è interessante, in quanto è un universo di emozioni diverse, ma tutte importanti ai fini della mia crescita interiore, un processo che, a mio avviso, non deve arrestarsi mai. Per me non esistono punti d’arrivo, ma sempre e solo nuove ripartenze e non si smette mai di “crescere”, tutta la vita. Personalmente, ho vissuto il palcoscenico nelle sue varie forme: come danzatrice, sentendo l’adrenalina scorrere in me ogni volta che andavo in scena e respirando l’odore unico e inconfondibile delle quinte e delle assi del palco; come coreografa, provando la sensazione meravigliosa di vedere la mia essenza espressa attraverso i corpi di altri danzatori, ai quali sempre, prima delle doti tecniche, chiedo innanzitutto l’anima; come direttrice artistica e produttrice, gestendo la creazione e la realizzazione scenica in tutti i suoi aspetti, anche pratici. Sono tutte esperienze che mi hanno arricchita moltissimo e che mi hanno dato la possibilità di vivere nel modo più completo possibile questa meravigliosa dimensione che è l’Arte.
Le esperienze più significative del tuo percorso artistico?
Sicuramente per me è stato sempre interessante lavorare all’estero. Ho girato molto e confrontarmi con altre realtà artistiche mi ha sempre dato nuovi stimoli. Ho lavorato a lungo in Spagna e fino all’anno scorso sono stata impegnata in Francia, in qualità di coreografa, in due grandi produzioni presso il Théâtre de l’Opéra Metz-Métropole.
A cosa punta la tua danza?
Nei miei spettacoli ho sempre puntato al concetto di totalità, sviluppando un ideale ispirato all’interazione fra varie forme d’arte. Il mio interesse è incentrato soprattutto su produzioni che rappresentino la fusione tra diverse espressioni artistiche: danza, musica, pittura, poesia.
A cosa ti stai dedicando ora e quali sono i tuoi prossimi impegni?
Attualmente ho in cantiere progetti di carattere internazionale miranti alla diffusione della danza vissuta come uno spazio in cui lo stesso pubblico possa ritrovarsi, non solo nel senso della fruizione, e riconoscere radici culturali che, tristemente, sono sempre meno considerate in un’epoca in cui purtroppo c’è una profonda crisi di valori. Sono inoltre impegnata, in qualità di responsabile di produzione, in diversi progetti con l’artista Jose Perez e insieme stiamo portando avanti iniziative che uniscono formazione e percorso professionale a favore dei giovani, per consentire agli artisti italiani, che non trovano spazi di realizzazione, di avere delle possibilità altrimenti negate. Oltre a ciò, come sempre, mi dedico alla coreografia, “luogo” di elezione della mia creatività.
C’è spazio per la danza in Italia?
La risposta a questa domanda è molto difficile, perché, inevitabilmente, parlando di questo argomento, si finisce col fare delle affermazioni “scomode”. La mia idea è che la danza in Italia stia morendo e, paradossalmente, il più delle volte è lo stesso “popolo della danza” a ucciderla ogni giorno, in vari modi. Questa per me è la verità, oltre ogni possibile ipocrisia, la verità che forse nessuno vuole ammettere e guardare…
Con quale danzatore e coreografo vorresti lavorare?
Il mio danzatore ideale è anche un mio grande amico: Ruben Celiberti, artista brillante e poliedrico e persona straordinaria, dall’immensa umanità. Mi piacerebbe inoltre essere coreografata da colui che è stato anche uno dei miei principali Maestri: Lindsay Kemp. Lui mi ha insegnato molto di ciò che sono stata poi nella mia vita di artista e mi piacerebbe tanto essere corpo danzante plasmato dalla sua unica e magica artisticità.
Sei anche giornalista impegnata culturalmente, soprattutto nel settore della danza; in che modo cerchi di trasmettere quest’arte?
Ho sempre curato la danza anche dal punto di vista editoriale, pubblicando diversi volumi e occupandomi per molti anni di comunicazione. Dal 2010 collaboro, in qualità di Vicedirettore, con il Giornale della Danza, ideato, fondato e diretto da Sara Zuccari, a cui si deve il primo progetto in Italia di una testata giornalistica online interamente dedicata alla danza, con notizie H24, rubriche e approfondimenti culturali. Un esempio vincente, che è stato infatti poi seguito da molti altri che si sono dedicati al giornalismo online. Il mio modo di trasmettere la danza in senso giornalistico passa per la volontà di diffondere quest’arte così splendida attraverso la notizia.
Fai parte di una fondazione importante che si occupa di un personaggio illustre; vuoi aggiornarci sul percorso di studio che hai fatto in merito?
Nel 1995 ho creato la Fondazione Léonide Massine, un’istituzione artistica permanente dedicata al grande danzatore e coreografo russo, con l’obiettivo principale di realizzare il suo progetto incompiuto di creare un polo di convergenza artistica che rappresentasse un punto d’incontro per artisti di ogni disciplina, secondo un principio di interazione tra tutte le arti. L’impegno della Fondazione è mirato a incoraggiare lo scambio interculturale e la creazione artistica, soprattutto attraverso progetti interdisciplinari e l’organizzazione di eventi internazionali che costituiscano un punto di congiunzione fra culture diverse e diverse forme di espressione artistica. La figura di Massine è stata per me determinante, in quanto ha segnato il mio percorso di vita ed ha costituito uno sprone continuo a portare avanti i suoi insegnamenti a favore di un concetto di arte “totale”.
Un sogno nel cassetto?
Tanti, infiniti… dico sempre che vivere una sola volta non basta a realizzarli tutti…
Redazione Napoli Cultural Classic