Descrivi il tuo giorno lavorativo perfetto in scena....
Essendo il nostro un mestiere che non ha una giornata lavorativa standard è difficilissimo rispondere a questa domanda. Ti posso dire quali sono le condizioni a mio parere indispensabili per lavorare al meglio. La condizione ideale sarebbe avere a che fare con persone con cui non si abbiano tensioni, persone che amino ciò che fanno, che ci mettano passione e si divertano, il ché, sia in fase di prove, nel momento in cui prende forma il lavoro, sia nel momento dello spettacolo permette di mettere la propria esperienza e la propria professionalità al servizio di quello che, a mio parere, non è altro che un gioco. Mi spiego meglio. Nonostante tutto il rispetto per le teorie, le scuole e la tecnica, credo che il mestiere dell’attore sia molto simile al gioco dei bambini. Se si osservano i bambini giocare ad un gioco che preveda dei ruoli e delle parti da interpretare non si può non notare quanto il bambino prenda seriamente ciò che fa; un bambino che interpreta Zorro, per esempio, in quel momento, nonostante lo faccia avendo come spada una bacchetta di bamboo, lo fa con assoluta convinzione, con la massima serietà, perché lo diverte e mette il suo ruolo al servizio del divertimento del resto del gruppo. Per questo credo che lavorare in armonia, divertendosi con i propri colleghi sia la condizione ideale per la riuscita di un lavoro.La giornata perfetta è, secondo me, quella in cui vai a lavorare con lo stesso entusiasmo di un bambino che sta per incontrare i compagni di gioco.
Se potessi scegliere tra qualsiasi persona al mondo, chi inviteresti a cena ?
“Qualunque persona al mondo” è un ventaglio di possibilità troppo ampio tra cui scegliere, anche restringendo la scelta al solo ambiente professionale non riesco a farti un nome soltanto...mi piacerebbe cenare con Lars Von Trier, con Terry Gilliam e con Tim Burton, potrebbe essere molto interessante cenare con tutti e tre alla stessa tavola. Devo essere onesto, ho già avuto la possibilità di realizzare questo desiderio avendo avuto l’onore di cenare con Marcel Marceau, con Franca Valeri e con Paolo Poli e per me sono ricordi preziosi.
A chi sei più grato perla tua passione artistica?
Altra domanda complessa. Ho cominciato a fare questo lavoro facendo concorsi di canto ma ero molto molto timido e l’imbarazzo mi costringeva a cantare ad occhi chiusi, ogni volta che salivo sul palco cominciavo a tremare e mi dimenticavo le parole di canzoni che conoscevo benissimo. Credo di dover ringraziare la mia timidezza per colpa della quale mi sono iscritto al primo corso di teatro come fosse un percorso terapeutico. Facendo teatro ho scoperto che interpretare un personaggio mi permetteva di “indossare una maschera” e alle maschere che indossavo era permesso di dire e fare cose che Sandro non si sarebbe mai sognato per colpa dell’insicurezza. Ovviamente andando avanti con quello che da terapia è diventato poi un lavoro ho conosciuto persone che hanno contribuito ad accrescere la passione, ho scoperto autori che avevano scritto meglio di quanto avrei mai potuto fare io ciò che avevo l’urgenza di esprimere, ho avuto l’occasione di lavorare con professionisti nei quali era impossibile non notare il cosiddetto “fuoco sacro”. Tornando poi all'insicurezza di cui parlavo, che tuttora spesso si riaffaccia, devo ringraziare chi mi ha sostenuto e mi sostiene, in famiglia e tra amici e i colleghi, per aver fatto sì che non mi non mi perdessi d’animo nei momenti in cui la passione artistica si è scontrata con le difficoltà pratiche di fare questo lavoro.
Cambieresti qualcosa nel mondo del cinema e teatro in cui sei stato formato?
Non posso dire che cambierei qualcosa dell’ambiente in cui mi sono formato perché il percorso che ho fatto non è sempre stato delineato da una mia scelta, la strada mi è cambiata davanti da sola, spesso non per mia volontà. Più di una volta ho pensato “tornassi indietro prenderei un’altra strada” ma questo lavoro si nutre degli incontri che si fanno strada facendo e ciò che mi ha formato e continua a formarmi è sempre saltato fuori senza che io decidessi di incontrarlo.
C'è qualcosa che hai sognato di fare e non hai fatto?
Professionalmente sono moltissime le cose che vorrei fare e non ho ancora fatto, molte molte di più di quelle già fatte, lavorare con i tre registi con cui andrei a cena, per esempio, lavorare in un musical di Broadway, cimentarmi nella regia, costituire una mia compagnia teatrale, avere un mio “one man show”. La risposta a questa domanda potrebbe essere una lista infinita...
Hai mai scritto un pezzo teatrale....
Non ho mai scritto un testo teatrale ma recentemente ho avuto l’occasione di comporre dei brevi monologhi per dei percorsi guidati nel centro di Roma durante i quali il pubblico incontrava personaggi storici che raccontavano la propria storia. Mi sono divertito moltissimo a scrivere dei testi che fossero recitabili partendo dal materiale biografico dei vari personaggi e mi sono meravigliato di una capacità che non credevo di avere. A seguito di questo ho cominciato ad appuntarmi storie dalle quali mi piacerebbe prima o poi trarre dei monologhi.
Cosa conta di più nell'amicizia?
Senza dubbio la sincerità e la lealtà.
Qual è il tuo ricordo più caro?
Ecco “il domandone”! Ho molti ricordi che mi sono cari, sia legati alla vita professionale che a quella personale ma se devo scegliere quello in assoluto più caro è il ricordo della mia infanzia, della spensieratezza dell’infanzia, credo che sia per nostalgia per un periodo in cui la vita sembrava “facile”, priva di ansie e tribolazioni. Ultimamente mi trovo spesso a pensare ai momenti passati in vacanza con i miei da bambino, alle risate che facevo con mio padre, che purtroppo è venuto a mancare da circa dieci anni, al quale, nonostante gli attriti, mi accomunava lo stesso senso dell’umorismo, della battuta pungente.
Che cosa è troppo serio per scherzarci su?
Credo che niente sia troppo serio per scherzarci su. Nel 2007, nei giorni in cui ho perso mio padre mi capitò di ritrovare un libricino di Daniele Luttazzi “101 cose da evitare ad un funerale”, un libretto delle Edizioni Mille Lire di una ventina di pagine che avevo comprato anni prima e che altro non era che un elenco di atteggiamenti oltraggiosi da evitare nei confronti del cadavere. Durante i giorni più tristi della mia vita io tenevo questo libricino sul comodino e prima di dormire ne leggevo alcune pagine. Leggere quel libretto mi divertiva, alleggeriva la pesantezza di quelle giornate ma allo stesso tempo mi sentivo a disagio perché ridevo di un tema così vicino a me in quel momento, mi sentivo in colpa. Lo stesso anno della scomparsa di mio padre avevo lavorato proprio con Daniele Luttazzi come attore e come voce del programma televisivo Decameron, essendo ormai in confidenza gli raccontai del suo libretto e dello strano effetto che mi faceva leggerlo, la sua risposta fu “è un libretto che ho scritto molti anni fa, dopo la morte mia madre”.L’ironia, anche la più pungente, cinica e “cattiva”, è molto spesso una forma di esorcismo.Chiaramente c’è un tempo e un contesto per tutto e bisogna sempre stare attenti a non ferire e non scadere nel cattivo gusto ma non esiste argomento su cui non si possa scherzare.
Preferisci recitare oppure la regia...
Mi incuriosisce molto la regia, ho fatto alcune esperienze a fianco di colleghi, dando loro una mano e devo dire che comincia a stuzzicarmi l’idea di dirigere uno spettacolo ma per adesso non ne ho avuto l’occasione. Dovrai rifarmi questa domanda più avanti...
Cosa porti in scena adesso attualmente...
Da nove anni lavoro nello spettacolo di Luciano Melchionna “Dignità Autonome di Prostituzione”, spettacolo che amo molto e che mi ha dato moltissimo umanamente e professionalmente e che ripartirà quest’anno ad ottobre. Sto aspettando l’uscita del cortometraggio “L’impostore” di Alfredo Mazzara girato da poco grazie anche al contributo del Nuovo Imaie, cortometraggio che ha realizzato un mio sogno, recitare in un horror.
I tuoi prossimi impegni..
Questi gli impegni definiti poi ci sono quelli ancora in fase di definizione che non ti dico per scaramanzia...