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il regista Alfredo Mazzara si racconta con sana ironia...
Descrivi il tuo giorno lavorativo perfetto ….
Sveglia presto. Ore 10:00 circa. Troppo tardi? Ma no! Le idee notturne richiedono tempo per fermentare, anche nei giorni perfetti. Rapida doccia. E mi preparo ad una webconference fissata in mattinata con un nuovo produttore ricchissimo e affascinato dalle mie idee. Anzi no, facciamo una splendida produttrice ricchissima e innamorata delle mie idee. Le parlo di un progetto e, dopo il colloquio, mi invierà una bozza di contratto e un anticipo sul mio conto.
Come? “Fantascienza” non vuol dire “perfetto”? Ok, facciamo allora che la produttrice mi dice che ci incontreremo dal vivo per i dettagli del contratto e negoziare l’ingaggio. E va bene così. Anche nei giorni perfetti la speranza conta più dei sogni realizzati. I creativi raramente vivono nel presente: c’è sempre un lavoro da chiudere e l’attesa per qualcosa nel futuro. In mezzo? Il nulla. O meglio: tu che leggi, scrivi, rivedi, spulci progetti, telefoni. A volte fai. A volte fai finta di fare. Ma nei giorni perfetti le idee sono vive. Cioè sai da dove vengono. E sai dove vanno. E ci lavori su. Senza inseguire nessuno. E senza confusione. Nello specifico, in questo giorno ideale sto lavorando al montaggio di un lungometraggio che ho da poco finito di girare. Una commedia di zombie e marziani ambientata in Sicilia, interpretata da Tarantino e prodotta da Soderberg.
Urgenze? Solo una: decidere al meglio le musiche. E le musiche le scegli davanti ad un buon caffè. Punto. Così infilo la prima cosa che trovo. Ovvero i vestiti del giorno prima. Anzi no. Ho un cameriere personale che mi ha preparato un nuovo completino. Armani. E dopo venti minuti sono in centro a sorseggiare il mio vero primo risveglio da una tazzina dal bordo doppio e bollente. Come si usa a Napoli. Ed eccomi un’oretta tuffato nella lettura dei giornali, un libro e qualche telefonata. Ma non dovevo ascoltare le musiche? E pazienza! Quando sei regista chissenefrega, no? Elfmann saprà aspettare nel mio perfettissimo giorno.
L’ora di pranzo arriva subito. Ma il tempo è stato gentile questa volta. E mi sembra di aver fatto mille cose. Il telefono vibra. Il bello delle giornate perfette però è che non cerchi nessuno. E non vuoi essere trovato. Quindi non guardo. Lascio vibrare. E non rispondo. Non perché sono stronzo. Sei stronzo se guardi il display e scegli di ignorare la persona. Io ho scelto di dedicare il mio tempo a me. Torno a casa e mi rileggo un soggetto che sto ritoccando. Senza fretta. So che ho già diversi produttori pronti a leggerlo. Quindi, solo per sfizio, lascio di proposito una frase a metà. Mi alzo e vado a mangiare. Un’ora con la mia serie tv preferita. Era Breaking Bad, ora mi sento orfano da quando è finita, così uso il purificatore mnemonico, una macchina ad impulsi psico-vibrazionali che ho inventato io ad hoc, e mi dimentico in modo programmatico le ultime due puntate della quinta stagione. Così posso rivedermele. Burp. Ruttino. Altro caffè. Stavolta casalingo. Me lo preparo io. Bene! Vado al montaggio. Ho l’autista personale che passa a prendermi. E tutto scorre liscio. Ancora qualche telefonata. La sera a sorpresa un amico mi contatta. Vuole vedermi a tutti i costi: ha trovato un nuovo finanziatore per fare un altro progetto. Sorrido felice. Visto che è un giorno perfetto so per certo che sarà una cosa concreta. E meravigliosamente vincente. Quindi gli dico di no. Ho già un appuntamento galante. E non si lavora dopo le 21. A patto che non si tratti di scrittura. Sorrido felice. Poi però fisso l’orologio. Quanto manca alla mezzanotte? Accidenti. Mi mordo il labbro. Bello questo giorno perfetto. E sospiro. La mezzanotte è vicina. E presto la carrozza tornerà zucca. Magari fosse sempre così!
Cosa spinge un bravo sceneggiatore come te verso la regia.
Nulla. Ho iniziato dai fumetti. E poiché nel fumetto lo sceneggiatore è scrittore e regista insieme, posso dire di esserlo sempre stato. Nel fumetto lo sceneggiatore decide le inquadrature, il montaggio e la porzione di testo destinata alla singola immagine. Il disegnatore si limita a disegnare il tutto. E’ stata un’ottima palestra per me. E il passaggio alla regia, chiamiamolo così, è stato abbastanza morbido. Fatta eccezione per il fatto che un regista deve essere prima di tutto un leader di uomini, mettere in conto litigi e schierare ettolitri di psicologia e carisma per relazionarsi con chiunque, potrei dire che è quasi più facile pensare un film che pensare un fumetto. La differenza? La fa chi fruisce il mezzo. Il lettore è attivo, lo spettatore può essere passivo. Fa parte della natura del medium. Nel fumetto devi pensare la storia in modo tale da “costringere” il lettore a girare pagina ogni volta. Mentre la narrazione cinematografica ammette distrazioni e pigrizia e punta sul suono e la forza del movimento. In questo senso la narrazione, nel cinema, può essere più facile da gestire.
Se potessi svegliarti domani con una nuova dote, quale sceglieresti?
A vent’anni avrei detto: più creatività. Oggi dico: la capacità di fare soldi. Tanti soldi. Moltissimi soldi. Perché? Perché mi piaccio abbastanza per come sono. E il denaro amplifica soltanto quello che sei. Inoltre un buon film costa quanto una super villa a mare. Fate voi.
Se potessi scegliere tra tutte le persone al mondo, chi inviteresti a cena?
Una ragazza che amo. E mica c’è solo il lavoro nella vita, no?
A chi sei più grato per la tua passione artistica?
A mio zio. Attualmente è un vecchio di ottantacinque anni, al quale auguro lunga vita, visto che è pieno di acciacchi. Oltre ad essere uno stronzo vanesio. Quando avevo sedici anni gli portai un fumetto pubblicato su una rivista. Si accorse che era di genere fantascienza e me lo tirò in faccia, dicendo che erano fesserie e che dovevo scrivere cose serie. Legate al sociale. Mah! Non dico mi aspettassi un complimento, ma all’epoca aveva una buona mira. E mi colse dritto dietro la nuca con lo spigolo. Pazienza. Mi ha reso più forte nell’incassare i no. Perché gli sono grato? Perché mi ha dimostrato che potevo procedere a prescindere dai rifiuti. E dalla gente nervosa. La passione non te la danno gli altri. Ma in compenso gli altri ti aiutano a forgiarla a suon di mazzate. Quindi grazie zio! Casualmente gli ho anche dedicato un mio ultimo lavoro. Si chiama “La barba”. L’ho scritto per mettere in atto una mia creativa e simpatica vendetta nei confronti di chi mortifica la tua dignità. Ho fatto interpretare il suo ruolo da Mariano Rigillo. Sono o non sono un nipote modello?
Cambieresti qualcosa nel mondo del cinema in cui ti sei formato?
Nulla. Più che altro perché sono anni che cerco di buttare giù la pancetta. Invano! Figurati se cambio il mondo del cinema. Idee eventuali di cambiamento? Quelle sì! Le solite. E la tentazione sarebbe esplodere nel solito vittimistico pippone anti mafio-corpo-racco-filo-client-magnamagna centrico. Ma poi mi dico: davvero non ci siamo stancati di essere stanchi? Cambierei i raccomandati? Solo quando li vedi ammorbare certe fiction nostrane scritte di merda. O sgraziare le campagne di comunicazione ministeriali con effluvi di conclamata incompetenza. Ma poi ci penso. E se ci sono le spintarelle sarà fisiologico di qualcosa che non vedo e che evidentemente “funziona” e ci meritiamo, come popolo. Altrove, in un paese onesto, il sistema sarebbe collassato già. Noi invece nutriamo i nostri mostri con i popcorn. E poi ci lamentiamo alle spalle. Cambierei il sistema di finanziamento ai film che foraggia sempre gli stessi produttori più forti? Sì. Ma i soldi pubblici sono da sempre, e in tutti i campi, la puttana dei potenti privati. Sarebbe bello il contrario, ma è così. Troviamo alternative piuttosto. Approfittiamone per diventare più scaltri, veloci, nuovi. Tanto sono più forti loro. E se la legge avvalla le ingiustizie, tu o diventi flessibile, o imbracci il fucile. Il lamento non serve. Soluzioni? Nulla di concreto. Ma qualche ispirazione lampo. Facciamoci liquidi come l’acqua per chi vuole intortarci. Inafferrabili gassosi per gli stronzi succhiatempo, smaterializziamoci davanti ai vanesi e gli inconcludenti. E andiamo avanti. Fiduciosi delle nostre passioni, dando il massimo di quello che siamo. Poco o molto che sia. A voler cambiare le cose spesso si perde tempo e si finisce con il cambiare noi per una briciola di attenzione. Magari la nostra rivoluzione è non cambiare? Restare semplicemente come siamo e sentirci meglio, invece di ossessionarci a dare il meglio.
C’è qualcosa che hai sognato di fare e non hai fatto?
Due in particolare. Vincere l’Oscar e fare l’amore con la Cotillard. Non contemporaneamente però.
Qual è la più grande soddisfazione artistica della tua vita?
Per la risposta vale anche…il gioco della bottiglia?
Cosa conta di più nell'amicizia?
La verità. E’ l’ingrediente che rende una relazione nutriente. Perché è scomoda e ti costringe a fare i conti con l’altro, mostrandoti i tuoi limiti. Se menti o ometti, in una relazione, le cose sono semplici per un po’, ma vuol dire che stai vivendo la vita di qualcun altro. E di certo sprechi la tua. Di recente ho scelto di allontanare dalla mia vita due amici importanti per questo motivo: non mi dicevano la verità.
Qual è la cosa che rimpiangi di non aver detto a qualcuno?
“Ti voglio bene”. A Dio. Prima che morisse in “Così parlò Zarathustra”.
Quanto conta per te l’amore?
Tanto. Più di quanto vorrei ammettere. A proposito: sono single.
Qual è il tuo ricordo più caro?
Vediamo…Sono vicino al mare, con mia moglie, i miei cinque figli. E i miei sette nipoti. Le stringo la mano. Lei è ancora innamorata di me dopo cinquant’anni di matrimonio. Sento una brezza più fresca del solito accarezzarmi il cuore. E capisco che è arrivata la mia ora. Me ne vado con il sorriso sulle labbra, nell’abbraccio della mia famiglia. Avrò all’incirca centouno anni. Ops! Mi sa che ho fatto un salto nella vita precedente. Vale lo stesso come ricordo?
Che cosa è troppo serio per scherzarci su?
Nulla. A parte l’Isis.
I tuoi prossimi impegni..
Pizza alla brace, sul lungo mare di Napoli. Come alla brace? Sì! Si può fare anche così! Non amo le novità, in genere. Ma questa la raccomanderei a tutti.
Redazione Napoli Cultural Classic
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