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Esiste il vino BIO?
IL VINO BIO È BUONO O FA SOLO MENO MALE? - CRISTIANA LAURO: '' LA POLEMICA SUI DIFETTI DEI VINI "NATURALI" NON SI FERMA. SECONDO ALCUNI IL VINO QUELLO BUONO DEVE AVERE UN PROFUMO FORTE. MA MOLTI PRODUTTORI FURBI INGANNANO I CLIENTI, SPACCIANDO I DIFETTI PER PROVA DI NATURALITÀ -
Cristiana Lauro per Dago
Il vino Bio è buono o fa solo meno male?
C'è confusione sotto il cielo e pure nelle vigne; che faccia meno male è manifesto, che sia buono non è detto.
Il dibattito intorno ai vini cosiddetti naturali è attivo da anni e coinvolge una buona parte del pubblico di settore. Antonio Paolini, responsabile della guida dei vini de L'Espresso, dice: " facciamoli buoni!", citando Angiolino Maule, produttore e profeta del movimento vinnaturista e che ha molto chiare le dinamiche del discorso.
Spesso i "vini naturali" sono faticosi da bere, presentano molti difetti che li rendono riconoscibili nel metodo,
ma questo c'entra poco col vitigno, col territorio e con la naturalità. Il metodo è la vinificazione, ovvero la trasformazione per mano dell'uomo attraverso la tecnica, quindi non è naturale.
Fra il concetto di biologico e biodinamico, che hanno definizioni nette e ordinate da una certificazione, il termine naturale ha contorni piuttosto imprecisi.
I vinnaturisti sostengono - non senza cuspidi fondamentaliste - una delle verità meno verosimili che ci siano. Infatti il vino è oggettivamente un prodotto culturale, come spiega Giovanni Bietti in Vini Naturali d'Italia 2.0.
È la mano dell'uomo che interviene tecnicamente sul grappolo d'uva, elemento naturale che se facesse di testa sua diventerebbe aceto.
Da qui tutto il casino che contrappone ai talebani vinnaturisti, indulgenti di fronte a errori enologici marchiani quanto all'inspiegabile assenza di una legge che imponga l'indicazione degli ingredienti in etichetta, quei reazionari che pur di non riconoscere un cambiamento in atto fermerebbero il vento con le mani. Il vinnaturismo è una corrente, spesso di nicchia, con qualche punta di oltranzismo che non distingue il rispetto per l'ambiente e la salute dal derby Roma-Lazio.
C'è chi è salito sul carro vinnaturista per interessi commerciali, seguendo la moda, chi ha sempre fatto vini buoni senza tradire un'etica che non ha bisogno d'essere dichiarata e chi inventa un modello acrobatico di matrimonio tra profitto e riduzione di sostanze chimiche e solfiti, senza chiarire di quanto riduce e nemmeno bene come.
Andrea Scanzi di vino se ne intende e ha trattato l'argomento dieci anni fa su Elogio dell'invecchiamento, uno dei libri più interessanti e chiari sul mondo del vino. Scanzi ha dichiarato di bere quasi esclusivamente "vini naturali", ma non transige con chi contrabbanda il difetto per prova ulteriore di naturalità. http://www.vininaturali.it/gli-amici-di-arke-andrea-scanzi/
Francesco Paolo Valentini, agricoltore e produttore di vino artigianale ha una posizione diversa: " per me, il vino naturale non esiste o, meglio, non come tale. Non dico che il vino sia un prodotto innaturale, ma un prodotto ottenuto dall'uomo attraverso fermentazioni e lavorazioni di materia prima naturale, in questo caso l'uva. Questo processo di trasformazione e rielaborazione
della materia prima, non avviene di certo da solo. Per me il vino può essere solo artigianale o industriale".
Luca Burei, editore e scrittore, esperto di vini e champagne "naturali": ''C'è una sorta di conformismo dell'estremismo che ha portato un grosso danno al movimento dei "vini naturali". Chi fa vini convenzionali è un imprenditore, non un cretino, quindi basta dare una patina ecologica con vini di scarsa identità, ma corretti, per superare un vino naturale con più di un difetto. Credo che Maule, persona intelligente, lo abbia capito come lo hanno capito anche altri. Tuttavia, sono anche convinto che l'estremizzazione del concetto di "vino naturale" che sostiene il: "meglio naturale, che buono", fosse assolutamente necessaria per innescare una rivoluzione. Finite le barricate si ritorna a un più corretto: " meglio naturale e buono".
Quando si può definire un Vino Biologico?
Il Regolamento Europeo 203/2012, pubblicato sulla gazzetta ufficiale della UE il 9 Marzo 2012, ha finalmente permesso di regolarizzare il settore del vino biologico, dopo diversi anni di controversie.
La normativa stabilisce nuove regole, per quanto riguarda la produzione di prodotti vitivinicoli biologici, delineando anche le modalità di vinificazione, approvate dallo Standing Committee on Organic Farming (SCOF), il Comitato permanente per l’agricoltura biologica.
eurobioLa nuova normativa permette inoltre di riportare il logo europeo in etichetta, per le aziende certificate da un ente autorizzato.
I contenuti del regolamento prevedono una serie di restrizioni nell’utilizzo di determinate pratiche enologiche e sostanze coadiuvanti durante la fase di vinificazione.
Un produttore biologico può utilizzare circa la metà del numero di coadiuvanti, che può utilizzare da regolamento un produttore convenzionale. Il quantitativo di solforosa nei vini biologici, è stato uno degli argomenti più dibattuti dall’Italia, con la decisione finale da parte della UE, di limiti non accettati da parte di molti vignaioli italiani, perché considerati troppo alti. Dobbiamo ricordare che le condizioni climatiche del nostro paese, permettono di produrre vini con quantitativi di solfiti mediamente più bassi dei produttori d’oltralpe.
Il regolamento approvato ha posto i limiti di solforosa totale per i vini biologici rossi secchi a massimo 100 mg/l, mentre per i bianchi secchi sarà massimo di 150 mg/l.
Quanto detto finora, ci permette quindi di definire il vino “biologico”, solo quando:
in vigneto: si producono uve biologiche, coltivate senza l’aiuto di sostanze chimiche di sintesi (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi in genere) e senza l’impiego di organismi geneticamente modificati;
in cantina: si esegue la vinificazione utilizzando solo i prodotti enologici e i processi autorizzati dal regolamento 203/2012 (elenco nell’allegato VIII bis).
In ogni caso, l’azienda vitivinicola produttrice necessita di una certificazione di conformità da parte di un ente certificatore.
Certamente, all’interno dei limiti e delle disposizioni imposte dalle normative, ogni produttore biologico certificato, seguirà la propria condotta specifica, utilizzando le pratiche enologiche che più si avvicinano al concetto personale di “agricoltura sostenibile”.
Vino biologico: capiamo insieme cosa significa e le importanti novità che lo riguardano
Il Biologico continua a crescere. Nonostante il difficile momento economico che sta vivendo il nostro Paese, il biologico non è più una moda o una nicchia di mercato: è una realtà significativa dell’agroalimentare italiano.
Ricordiamo dunque cos’è l’Agricoltura Biologica, adottata dalla nostra azienda: un modello di sviluppo sostenibile, basato sui principi di salvaguardia e valorizzazione delle risorse e sul rispetto dell’ambiente e della salute del consumatore.
agricoltura biologicaIndica un metodo di coltivazione che ci porta a programmare la vinificazione fin dal vigneto, credendo nelle potenzialità di una vigna senza chimica e rispettosa della zona del vitigno, evitando forzature come concimazioni chimiche e antiparassitari sistemici che tendono a stimolare la produzione quantitativa della pianta a scapito di quella qualitativa e ad impoverire il prezioso rapporto Terreno/Pianta/Clima che costituisce l’equilibrio necessario per lo sviluppo di una vite forte, che produce uve sane, equilibrate, ricche e che rendono identificabili e unici i vini Le Carline.
Cosa significa “Vino biologico”.
Senza solfiti aggiunti Cosa si intende in sintesi con il termine vino biologico?
Il vino biologico è un prodotto che deriva da un metodo di coltivazione con regole ben precise, stabilite dal Reg. CE 834/07, che esclude l’uso di antiparassitari o concimi chimici di sintesi. Per la fertilizzazione dei terreni, ad esempio, vengono impiegati concimi organici e per la difesa delle coltivazioni da parassiti si agisce preventivamente rinforzando le piante (ad esempio con concimazioni equilibrate), in modo diretto con trattamenti antiparassitari di origine naturale (es. rame, zolfo, estratti di piante, ecc.) o impiegando la lotta biologica (uso di organismi viventi antagonisti dei parassiti).
P
erché ha scelto di produrre biologico?
Nel 1988 era principalmente una scelta etica. Oggi, oltre a questo importante aspetto, è divenuta anche una scelta imprenditoriale, poiché, sempre di più in questi ultimi anni, il “vivere biologico” è divenuto una sorta di status-symbol, con la conseguente apertura del mercato a questo tipo di produzioni.
Cresce giorno per giorno la richiesta e il consumo di alimenti sani, “naturali”, cioè ottenuti senza impatto ambientale e, soprattutto senza l’utilizzo di prodotti chimici.
Per il consumatore finale, quali sono le differenze tra vino “tradizionale” e vino biologico?
La differenza sostanziale è che i vini biologici non contengono sostanze chimiche e rispetto ai vini convenzionali hanno un valore aggiunto: rispettano e salvaguardano l’ambiente ed il consumatore. Contengono inoltre più sostanze utili per l’organismo umano, elementi come ad esempio il resveratrolo che numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato essere un protettivo per il sistema cardiocircolatorio.
Perché dunque scegliere un vino prodotto con uve ottenute da Agricoltura Biologica?
Perché è sinonimo di qualità, genuinità e perché tutela la salute del consumatore e dell’agricoltore, rispettando e salvaguardando l’ambiente.
Finalmente approvato il regolamento sulla vinificazione BIO!
logo biologico UE
È dal 1991 che il settore dei viticoltori è in attesa del regolamento sulla vinificazione BIO e finalmente l’8 febbraio 2012, il Comitato per la regolamentazione sull’Agricoltura Biologica dell’Unione Europea (SCOF – Standing Committee on Organic Farming) ha votato la sua approvazione.
Fino ad oggi non esisteva una legislazione comunitaria europea specifica che normasse la trasformazione delle uve a vino biologico. Dal 1 agosto 2012 entra in vigore il nuovo Regolamento che, oltre a normare tutte le tecniche di vinificazione biologica, permetterà di confezionare i vini dichiarando in etichetta “vino biologico” e non più “vino da uve biologiche” e la possibilità di utilizzare il logo europeo che identifica il prodotto biologico in tutto il mondo.
Non possiamo dunque che essere felici che l’Europa abbia intrapreso un percorso che finalmente valorizzi il vino biologico del nostro Paese.
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