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Teatro Nuovo di Napoli Il lavoro di vivere di Hanoch Levin
Mercoledì 25 gennaio 2017, Teatro Nuovo di Napoli
Il lavoro di vivere di Hanoch Levin
Un “duello” all’ultimo sangue, tra sarcasmo e disperazione, in cui un uomo e
una donna si affrontano in una lotta verbale dura, crudele ma anche ironica
“Com'è successo, che ero bambino, tutto il mondo apparecchiato per me, e come ha fatto tutto quanto a sgretolarsi fra le dita, Domande consumate per risposte consumate. Solo il mio dolore non vuole saperne di consumarsi”. Suona così l’incipit de Il lavoro di vivere, il primo testo dell’israeliano Hanoch Levin rappresentato in Italia per la regia di Andrée Ruth Shammah e ripreso da Carlo Cecchi, che debutterà, mercoledì 25 gennaio 2017 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 29), al Teatro Nuovo di Napoli.
Carlo Cecchi e Fulvia Carotenuto, nel ruolo della moglie, sono i due battaglieri protagonisti, incapaci di amare ancora, si sentono scaduti, affiancati da Massimo Loreto, nel ruolo del vicino.
Una notte l’uomo si alza inquieto, s'interroga su chi gli dorma al fianco, fantastica su improbabili fughe con altre donne, poi infierisce sulla moglie, vomita rancori repressi, la butta a terra. Dal nulla spunta un visitatore, un amico, vuole un’aspirina, forse vuole solo parlare, ma è investito dal rancore dei due.
Se ne va, non prima di aver dimostrato che è la paura della solitudine ad averli inchiodati per trent'anni l’uno all'altra, abbandonandoli alla loro amarezza, in una stanza da letto che è quasi un ring. Con punte di umorismo spietato, Il lavoro di vivere, è un testo solo apparentemente lineare, ricco di riferimenti interni, dal più scontato Pinter a Ionesco, Bernhard, Brecht. Dalla miseria esistenziale, però, scaturisce la commedia, in bilico tra sarcasmo e disperata ironia.
Sono vite insoddisfatte, deluse dalla distanza fra il sogno e la realtà, le ambizioni e la quotidianità, quelle immaginate da Hanoch Levin. Il suo teatro non ha più spazio per gli eroi, ma per i perdenti con una vena poetica, che li rende indimenticabili.
Prematuramente scomparso nel 1999 a cinquantasei anni, l’israeliano Hanoch Levin è un autore molto rappresentato in Europa, meno in Italia. Il lavoro di vivere è considerato uno dei suoi testi migliori: conflittuale, spietato, tra i più incisivi della sua copiosa produzione, commedia crudele e beffarda, dal ritmo secco e sincopato.
Molto amato in Francia e negli Stati Uniti, Levin, figlio di sopravvissuti all’Olocausto, è stato spesso contestato per le controverse posizioni politiche verso il suo Paese.
“Levin - afferma Andrée Ruth Shammah dell’autore - è uno che è sempre andato contro il trionfalismo israeliano, che obbliga a mettersi in gioco con una matrice ebraica universale, portando tragedia e commedia a sfiorarsi con la tipica ironia della disperazione”.
Il lavoro di vivere di Hanoch Levin
Napoli, Teatro Nuovo – da mercoledì 25 a domenica 29 gennaio 2017
Inizio rappresentazioni ore 21.00 (giovedì e sabato), ore 18.30 (venerdì e domenica)
Info e prenotazioni al numero 0814976267 email botteghino@teatronuovonapoli.it
Da mercoledì 25 a domenica 29 gennaio 2017
Napoli, Teatro Nuovo
Teatro Franco Parenti
presenta
Il lavoro di vivere
di Hanoch Levin
traduzione dall’ebraico e adattamento Claudia Della Seta e Andrée Ruth Shammah
uno spettacolo di Andrée Ruth Shammah
ripreso da Carlo Cecchi
con
Carlo Cecchi, Fulvia Carotenuto e Massimo Loreto
con la collaborazione
per l’allestimento scenico di Gianmaurizio Fercioni
per le luci di Gigi Saccomandi
per i costumi di Simona Dondoni
musiche di Michele Tadini
Durata della rappresentazione 75’ circa, senza intervallo
Andrée Shammah, con la complicità di Carlo Cecchi, uno degli ultimi grandi maestri del teatro italiano, qui protagonista insieme a Fulvia Carotenuto e Massimo Loreto, confeziona con la consueta eleganza e raffinatezza, la regia de Il lavoro di vivere di Hanoch Levin, il più importante autore e drammaturgo israeliano.
Il teatro di Levin è irriverente: la poesia si nasconde dentro le situazioni più imbarazzanti, i suoi testi sono una commistione di spiritualità nobile e cruda realtà; dalla critica alla cultura borghese ai contrasti tra carne e spirito, “arte e culo”, perché il meschino sogna di
stare sotto il riflesso della luce della felicità altrui.
Così avviene anche per Il lavoro di vivere, una storia d’amore fra due persone di mezza età, in cui l’amore appare a barlumi folgoranti, in mezzo a un mare di insulti, parole durissime e rimpianti. Lo spettatore ride di gusto, senza accorgersi che sta ridendo di se stesso.
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