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Materico, Informale, Narrativo e questo Matteo Dragà presentato da Rosario Andrea Cristelli
Materico_Informale _Narrativo è la sintesi della ricerca espressiva di Matt Dragà messa in mostra nei locali di GALLERIA PROgetto Città, in piazza Stazione 17, nel Polo Culturale/Commerciale Ex Stazione FF.SS. dal 28 gennaio al 18 febbraio 2017 a cura dell’Architetto Rosario Andrea Cristelli.
Diciannove opere informali materiche, sei incisioni, tre ritratti fotografici di grande formato ed un testo narrativo che ricuce emozioni, palesate attraverso parole chiave, titolo di opere esposte in mostra.
È notorio che il panorama artistico europeo canonico dei primi due decenni del secolo scorso, sia stato sovvertito dalle avanguardie. In virtù di una sperimentazione continua, con l’astrattismo si giunge ad un’arte che è totalmente agli antipodi della tradizione. La rottura con il passato appare, quindi, definitiva. Negli anni ’30 si avverte già un riflusso per l’arte della tradizione. Il ritorno alla figuratività è sicuramente influenzato da due opposte tendenze: da un lato l’atteggiamento dei regimi totalitari che si instaurarono in Europa, i quali furono fondamentalmente contrari alle arti di avanguardia ed alle implicite libertà che esse pretendevano, dall’altro il riflusso degli stessi protagonisti delle avanguardie che, inaspettatamente, ritornarono a modelli rappresentativi più tradizionali.
Se l’astrattismo è il complesso delle ricerche che nel corso del ventesimo secolo hanno deliberatamente escluso ogni rapporto della forma artistica con gli aspetti del mondo naturale, basandosi esclusivamente sugli elementi specifici del proprio linguaggio come colore, forma, armonia, composizione, quello di Matteo Dragà potrebbe inquadrarsi come un ibrido culturale. Un’ibridazione tra l’astrattismo geometrico (inteso non come ordine intellettuale che rimanda al costruttivismo, al suprematismo, al neoplasticismo, all’arte concreta, o all’arte ottico-cinetica, al minimalismo, bensì come composizione geometrica sottesa e latente spesso non rintracciabile negli esiti materici finali) e tra l’astrattismo espressivo, che si basa fondamentalmente sull’intuizione, enfatizzando la soggettività e la spontaneità che ci conduce alla scena informale in contrapposizione al figurativo.
Informale è quell’aggettivo che qualifica una corrente artistica che esclude la rappresentazione di una forma definita e oggettiva. L’Informale per eccellenza si sviluppa dopo la seconda guerra mondiale, ed esalta nell’opera, in opposizione al costruttivismo geometrico astrattista, l’importanza della materia e del gesto, considerando l’opera d’arte come un blocco di realtà a sé stante. Materico è quell’aggettivo che nel linguaggio della critica d’arte si riferisce alla materia e al materiale, che privilegia la funzione espressiva della materia in quanto tale. Materica è la tendenza dei primi anni Cinquanta del Novecento, comune a differenti correnti artistiche (dalla pittura figurativa a quella astratta, dalla pop art alla pittura informale), le cui anticipazioni sono da ricercare nell’ambito delle esperienze dadaiste e surrealiste, e che si avvale, accanto ai colori tradizionali o in luogo di essi, dell’uso di materiali diversi (quali legni, sostanze plastiche combuste, tele di sacco e stracci variamente lacerati, carte incollate e stratificate, spessori di colore, cortecce, impasti gessosi, o altro ancora) conferendo un ruolo attivo e autonomo alla loro corporeità, e contribuendo in tal modo a mutare profondamente la concezione tradizionale del quadro come rappresentazione bidimensionale che, in successivi movimenti artistici ad esempio l’arte povera, potrà essere del tutto abolita. Narrativo è quell’aggettivo che identifica un’azione comunicativa legata al mondo delle lettere, delle parole.
Qualche anno fa di Matteo Dragà si tratteggiava una giovane personalità che operava attraverso “i colori dell’anima”, legandolo alla necessità di Amedeo Modigliani che aveva bisogno di conoscere l’anima di una persona, prima di poterne raffigurare gli occhi. Oggi si può affermare che il percorso si è notevolmente evoluto, la sua ricerca si è impreziosita dell’esperienza e del coraggio, della consapevolezza. La sua produzione si è incrementata e la materia ha preso il sopravvento sulle forme e sui colori. Se in passato Matteo Dragà aveva la necessità di rappresentare la propria realtà interiore attraverso i colori, quelli della sua anima, oggi lo fa attraverso la materia; con la sua materia dell’anima oggi Matt ricorre alle figure retoriche riscoprendo proprio nell’uso della materia lo specchio della sua anima. La narrazione completa lo schema identitario di questo particolare spaccato di ricerca creativa informale e materica di Matteo Draga’, anche se ad un attenta analisi della produzione, spesso, riaffiora una figura latente, quasi casuale o immaginaria che in realtà coincide col principio fondativo dell’opera. Una negazione tipica della società contemporanea, spesso ricca di complessità e di contraddizioni. Sono superate le forme morbide dai contorni netti e decisi del suo passato creativo.
Ha oltrepassato quell’ambiguità formale comunque difficile da disaminare. Quel segno debole e sfumato, metafora del dubbio, non sconfina più nell’oblio ma si fa spazio. Matteo Draga’ conferma la voglia di mettere in scena la riproduzione grafica di una vulnerabilità interiore che “graffia l’anima”. Sono opere in origine piane, bidimensionali che, nell’esperienza estetica della materia, perdono la bidimensionalità divenendo sculture interiori che narrano una storia, una storia contemporanea, la sua storia. Se nel suo primo genere Matt tentava di esporre la sua realtà, a chi non aveva la possibilità di ascoltarlo, quindi senza parole, attraverso i segni, oggi lo fa anche e soprattutto con la materia. Continua a prediligere i toni scuri, ma ama sempre il colore e nella sua varietà e nella possibile contaminazione materica che lo rende esclusivo; questa è una peculiarità della sua personale ricerca informale e materica che conferma la sua composizione impetuosa delle emozioni e degli stadi d’animo. Una continua ricerca di sapere, consapevole della necessità di dover sperimentare per lungo tempo, prima di giungere attraverso la tecnica all’armonia. Matteo Dragà ci tiene ad esternare la sua attuale ricerca legata allo studio delle tecniche incisorie, al processo d’attesa racchiuso in quel progetto d’azione che riporterà un pensiero o un’emozione in un segno inciso. I materiali della tradizione costruttiva, le faglie tettoniche, la poesia epica, la natura, il sogno. L’utopia della realizzazione, il dinamismo di un genio dall’istinto nomade in attesa di stanziare. Il rosso interiore, la passione che si contrappone agli occhi gelati di un affetto non corrisposto. Blu di metilene. Abrreviato Mt, un gruppo funzionale bivalente costituito da un atomo di carbonio legato a due atomi di idrogeno, figura retorica che denuncia la sua identità di chimico, che vede nelle profondità cromatiche e nelle increspature materiche il dramma e la rassegnazione di chi non accetta la realtà e fugge. Invoca una tempesta sperata, necessaria a volte per superare dei limiti. Mi piace, infine, associare Matteo Dragà alla ricerca di Alberto Burri, indiscusso maestro della materia, di cui in Sicilia conserviamo una testimonianza di eccezionale importanza e grande valore umano e sociale, il Grande Cretto di Gibellina in provincia di Trapani.
Matteo Dragà è un poeta di frontiera che racconta una storia, non solo la sua, attraverso la materia e i colori che spera possa provocare un giorno nuove scintille per una cosciente rinascita.
Egli stesso afferma: “[…] il mio studio è centrato sulla materia, è la mia roccia su cui incidere, scalfire emozioni, e fermarsi ogni volta a chiedersi perché per dipingere serve un pubblico. […]
Nella materia, nelle sue complesse stratificazioni osservo il tempo che lascia traccia, perché i pensieri che sono entrati nel cuore e nell'anima meritano condivisione, il seme in fondo germoglia al sole.”
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