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16/06/2022
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Michele Rosiello si racconta a cuore aperto e in esclusiva per la Cultural Classic
Descrivi il tuo giorno lavorativo perfetto …
Estate. Mi sveglio che è ancora buio. Trucco, parrucco e costumi. Siamo su un’isola ed è prevista una scena sul lungomare alle prime luci dell’alba. Con me c’è solo un altro attore, che è anche un caro amico. Due chiacchiere, un buon caffè.. e siamo pronti. Si comincia con tanto dialogo, poi un po’ d’azione.. magari una bella scazzottata! Pausa pranzo. E si riparte con una scena corale, tecnicamente complessa. A fine lavorazione, un tuffo in mare e rientro a casa.
Cosa spinge un giovane ingegnere come te verso la recitazione?
La passione. Il pensiero di svegliarmi al mattino e dedicarmi ad un lavoro che amo. Ho studiato Ingegneria per due semplici motivi: ero bravo in matematica ed è una laurea che offre ottime opportunità di lavoro. Ma, fin dai tempi del liceo, mi divertivo con la mia handycam a fare dei video con gli amici. Col tempo, ho cominciato a girare dei veri e propri cortometraggi, finché un giorno ho capito che quello, il cinema, era ciò che volevo fare “da grande”. Ero al terzo anno di università quando ho deciso di frequentare la Scuola di Cinema di Napoli Pigrecoemme. L’anno dopo ho partecipato al bando per il corso di recitazione della neonata “Scuola d'Arte Cinematografica Gian Maria Volonté” di Roma, le cui selezioni erano curate da Elio Germano, Valerio Mastandrea e Laura Muccino. Eravamo circa 800 per 12 posti e, dopo più fasi di selezione, sono stato scelto. Lì ho trascorso due splendidi anni, durante i quali ho studiato e preso parte a diversi cortometraggi. L’anno successivo ho ultimato anche gli studi universitari conseguendo la Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale.
Se potessi svegliarti domani con una nuova dote, quale sceglieresti?
Vorrei fare musica. Vorrei avere il cosiddetto “orecchio assoluto” ed essere in grado di suonare qualsiasi strumento. Continuerei a lavorare nel cinema, ma come compositore! Ripensando a vecchi film.. può succedere di non ricordare esattamente la trama o perfino gli attori, ma la colonna sonora, se è arrivata al cuore, non la dimentichi.
A chi sei più grato per la tua passione artistica?
A mio padre. In casa c’è sempre stata una piccola cinepresa, con la quale lui amava riprenderci. Ed ho cominciato ad appassionarmi al cinema proprio grazie a quella cinepresa.
Cambieresti qualcosa nel mondo del cinema in cui ti sei formato?
Come ho già detto, ho avuto la fortuna di studiare alla “Volonté”, una scuola di primo livello e, in più, gratuita. In tutta Italia dovrebbero esistere più realtà simili, in quanto a qualità di formazione e, soprattutto, gratuite o a prezzi accessibili per chiunque. Inoltre, a mio parere, nel nostro Paese si rischia poco, sia in termini di “nuovi prodotti” che nella scelta degli attori. Raramente si scommette su talenti “sconosciuti” e la maggior parte dei ruoli è affidata a quelli che sono gli attori “del momento”. Capita di andare al cinema e trovare in locandina diversi film dove il cast è più o meno sempre lo stesso. Per fortuna il pubblico ha voglia di novità e le cose stanno lentamente cambiando.
C’è qualcosa che hai sognato di fare e non hai fatto?
Sono anche molto appassionato di regia. Sogno di scrivere e dirigere un film ambientato a Procida, un’isola che amo profondamente, dove trascorro le mie estati da sempre, nonché terra protagonista ne “Il Postino”, ultimo gioiello di Massimo Trosi.
Qual è la più grande soddisfazione artistica della tua vita?
Sono solo all’inizio della mia carriera e sono soddisfatto per tutti i piccoli traguardi che ho raggiunto.. dall'ammissione alla “Volonté” fino all’ultimo ruolo interpretato ne “L’Isola di Pietro”. Ma, per ora, la soddisfazione più grande è quella di aver ultimato gli studi universitari.
Cosa conta di più nell'amicizia?
La lealtà e la fiducia sono imprescindibili. Se poi c’è un’intesa tale che ci si capisce anche solo con uno sguardo, allora non si può chiedere di più.
Sei uno dei protagonisti della fiction “L’isola di Pietro” con Gianni Morandi … raccontaci il tuo personaggio e cosa ti ha lasciato dentro …
Alessandro Ferras è il vice questore di Carloforte. È un bel tipo.. vive nella barca lasciatagli dal padre, è divertente e non si prende mai troppo sul serio. Molto in gamba nel suo lavoro, risulta invece scapestrato in amore. A quindici anni era innamorato di Elena, che un’estate va improvvisamente via dall’isola. Probabilmente è per questo che Alessandro non ha una ragazza fissa da allora, anche se da un po’ frequenta la PM Annalisa. Poi, dopo 15 anni, in seguito alla strage avvenuta alla tonnara, ecco che ritorna Elena e, con lei, il passato. Elena stravolge la vita di Alessandro, sul lavoro, perché anche lei partecipa alle indagini, ma soprattutto sentimentalmente. In qualche modo, è come se tornassero indietro nel tempo.. in diverse scene ci appaiono proprio come due ragazzini! Alessandro rappresenta un punto di riferimento per l’intera comunità.. e, in passato, ha salvato il fratello dalla droga. Perciò mi ha lasciato, innanzitutto, un forte senso di responsabilità.. e poi una gran voglia di vivere in una realtà isolana, fatta di cose semplici, dove per essere felici basta davvero poco.
Nel 2013, sei stato scelto da Ettore Scola per interpretare il ruolo di Agenore Incrocci nel film "Che strano chiamarsi Federico"? Un tuo ricordo …
Ero davvero molto emozionato.. il mio primo ruolo importante, in un film di Ettore Scola e, in più, giravamo nello storico Teatro 5 di Cinecittà, lì dove Fellini ha realizzato gran parte dei suoi film. Ricordo che, un giorno, Scola ci raccontò di una serata in cui erano lui, Volonté e Troisi.. si parlava di un film insieme, ma poi non se ne fece più nulla. Peccato!
Che cosa è troppo serio per scherzarci su?
La salute.
I tuoi progetti futuri …
Sto valutando un progetto per il cinema, ma non posso ancora dire nulla.
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