L'attore Valerio Lombardi: " Anche per noi artisti esistono realtà giuste e sane, questo è certo. Ma sono in netta minoranza rispetto al marcio."

Valerio ci racconti di Lei, chi è Valerio Lombardi come persona?  
Sono un gran sognatore e un gran lavoratore,  sono le uniche certezze che ho su di me. Sono una persona semplice che crede nell’amore, nelle persone e nell’arte.
Ma non mi conosco ancora così bene,  sono ancora ai primi appuntamenti con me stesso.
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 Quando comprende il suo amore per la recitazione?
Quando ero piccolo facevamo le recite a scuola e ricordo che mi divertivo tantissimo, poi mamma mi portò a teatro per la prima volta. Un emozione incredibile. E ricordo che vedere i film in tv mi piaceva da morire.
Mio fratello quando andava alle medie aveva iniziato a frequentare il corso di recitazione a scuola. Decisi di provare anche io, mi piaceva da matti e furono due anni bellissimi. Quando cominciai il liceo mia madre mi disse: “A scuola ti piaceva tanto il teatro, perché non provi con una scuola?”. Mi buttai e non sono più riuscito ad allontanarmi. Per fortuna. Sono diventato un essere umano migliore e sono cresciuto tanto come uomo, non so come sarei oggi se avessi intrapreso una strada diversa. Alla seconda lezione conubbi quello che tutt’oggi è il mio migliore amico. Eravamo sempre a teatro, tutti i giorni, dalla mattina alla sera. Ricordo che facevamo filone a scuola per andare ad esercitarci e a provare o anche solo per stare lì, seduti sulle tavole di legno per respirare l’aria di quel luogo magico. Eravamo i primi ad entrare e gli ultimi ad uscire. Mi hanno addirittura bocciato, perché non andavo mai a scuola, ero sempre lì, a teatro. Tutti i miei amici uscivano e facevano tardi, io invece rispondevo sempre : ”Non posso, domani ho le prove.”
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Lei ha conquistato il pubblico recitando in strada tanto da attrarre e guadagnarsi l’attenzione del  critico teatrale Baffi con un bellissimo articolo….Cosa si prova a recitare in strada e perché questa scelta sicuramente interessante  ma a tratti forte nell’esecuzione.
Nasce tutto dall’urgenza di farsi sentire, di comunicare e anche di farsi vedere e conoscere. Ho fatto un bel respiro e mi sono buttato in strada. Credo sia quasi un tipo di recitazione nuova. Non vorrei sembrare spocchioso, ma è molto diverso dallo stare sul palco o davanti ad una telecamera. Non esiste quarta parete, non esiste finzione,  paradossalmente, non esiste nulla ed esiste tutto. Non esiste nulla perché attorno a te c’è una città viva che si muove, quindi non c’è nulla di teatrale, ma esiste tutto perché esisti tu, con quelle persone che ti guardano e vivete insieme una storia, un racconto.
E’ come se creassimo una piccola bolla dove ci siamo solo noi. L’articolo di Baffi, è stata una soddisfazione incredibile.
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Quali sono i personaggi artistici dai quali si sente maggiormente influenzato o da cui trae ispirazione?
Mi sono sempre piaciuti quelli che si sono fatti da soli e gli emarginati per scelta. Van Gogh e Fabrizio de Andrè sono in assoluto i miei modelli. Van Gogh era un emarginato che pensava solo a come esprimere la sua arte, quello che aveva dentro, non importava dove o come vivesse, come lo guardassero gli altri. De Andrè invece era uno che cantava per tutti, specialmente per chi non poteva o non aveva voce, un uomo che non scriveva canzoni, ma persone. Il mio attore preferito invece è Leonardo DiCaprio, fin da quando ero piccolo.
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Se potesse svegliarsi domani con una nuova dote, quale sceglierebbe?
Sicuramente quella di addormentarmi presto. Non riesco mai a dormire.

Cambierebbe qualcosa nel mondo del teatro, del cinema  in cui si è formato?
Direi di no perché grazie a quella formazione ho conosciuto alcune delle persone che sono tra le più importanti della mia vita. Non esiste solo il lavoro e l’arte, siamo esseri umani e io ho la fortuna di essere circondato da persone meravigliose. Ogni scuola e ogni percorso insegna qualcosa di diverso e uno non deve mai smettere di imparare e studiare. A me va bene così.
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Quali sono gli spettacoli teatrali a cui si sente più legato?
Ce ne sono diversi. “I giganti della montagna”, “L’orso (bi)polare” e “Dignità autonome di prostituzione”. Il primo perché è stata la mia prima esperienza con una compagnia stabile. Guardavo tutti i giorni le prove, un giorno un attore non c’era: “Valerio leggila tu”. Ma sapevo già la parte a memoria.
Il secondo è uno spettacolo che scrivemmo Giuseppe Fiscariello ed io. Giuseppe è stato il primo a credere in me e mi ha cresciuto fin dall’inizio. Siamo diventati inseparabili e quello spettacolo fu una gioia immensa..
Dignità è stata un esperienza meravigliosa perché ero giovanissimo e mi ritrovai improvvisamente, pur avendo un ruolo marginalissimo, in una realtà enorme con artisti incredibili. Fu incredibile.
Poi ci sono “Vincent” e “Faber”, gli spettacoli dove forse ho preso maggior consapevolezza di me stesso.

Che messaggio dà oggi l’arte?
Speranza. Non credo ci sia bisogno di altre parole.

C’è spazio in Italia per giovani attori talentuosi?
Non lo so davvero. Non l’ho ancora capito. Qui sembra sempre molto difficile, mentre in altri paesi sembra che ci sia sempre spazio per i giovani. In Italia secondo me la meritocrazia non esiste. Esistono le raccomandazioni e le protezioni; esistono anche le realtà giuste e sane, questo è certo. Ma sono in netta minoranza rispetto al marcio.

Il rapporto con la sua città Natale .
Ho imparato ad amare Napoli quando ho cominciato a vivere fuori. All’inizio non mi identificavo molto con la mia città, oggi invece sono fiero di essere Napoletano. Quando sto qui vorrei andar via, quando sono fuori vorrei tornarci e restare qui per sempre.

Che cosa è troppo serio per scherzarci su?
Nulla. L’importante è utilizzare sempre il giusto modo.
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Ci può raccontare la sua esperienza con la Napoli Cultural Classic.
Indescrivibile. Mi sono trovato a presentare due festival molto importanti, perché fanno un lavoro diverso, perché danno spazio davvero a tutti e soprattutto ai giovani. Ricordo che, soprattutto la seconda sera, ero emozionatissimo. Non avevo mai presentato, era una nuova sfida, il “problema” era che di fronte a me c’erano ospiti internazionali di altissimo livello, artisti provenienti da tutto il mondo, c’era perfino Hafez Haidar, un due volte candidato al PREMIO NOBEL. Come al solito, dietro le quinte tremavo e sudavo, ma quando sono salito sul palco mi sono divertito come non mai. E’ stata una serata davvero bella, all’insegna dell’arte e dell’ educazione. Spero di poter tornare ancora, di potermi esibire con un monologo e magari, di salire sul palco per ritirare un premio.

Il lavoro al tempo del “coronavirus” come stanno rispondendo gli artisti  a questa emergenza virale ed umanitaria che ha colpito tutta l’Italia e il mondo...
E’ un periodo davvero difficile. Devo ammettere che io mi sono sentito particolarmente abbattuto e giù di morale. Ma combattiamo.
Diversi artisti pubblicano contenuti e video sui social, l’ho fatto anche io. E’ un modo per utilizzare i social in maniera costruttiva, un modo per sentirsi vicini e non sentirsi confinati.
Gli artisti, soprattutto in questo periodo, stanno dimostrando che siamo essenziali alla vita di tutti, tutti i giorni. Credo che il messaggio sia forte e chiaro. L’importante adesso è restare a casa e, seppur lontani, stare vicini alle persone che amiamo.

I suoi prossimi impegni?
Tutto quello che avevo da fare è stato ovviamente cancellato. Adesso, con due grandi amici e colleghi, ci stiamo concentrando molto su dei cortometraggi che gireremo non appena sarà possibile.  Ne vedrete delle belle.