Al ci racconti di Lei, chi è Al Fenderico come persona?
Sono
un ragazzo quasi trentenne di Napoli, con una forte passione per l’arte
come cinema e teatro. All’infuori della mia carriera artistica come
attore, regista e sceneggiatore, mi piace molto sperimentare nuovi
hobby, e coltivare quelli che già ho come sport e viaggiare per
conoscere nuove culture e sperimentarmi per migliorarmi.
Come nasce la sua passione per la recitazione e per la regia ?La
passione della recitazione prima è iniziata grazie allo spettacolo
“Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo, che feci nel 2011 con
una compagnia teatrale a Napoli e siccome il teatro non era il mio primo
amore all’inizio gli diedi una possibilità giusto per provare, poi nel
momento in cui feci la mia prima esperienza sulle tegole di legno con i
miei colleghi, li è nata quella forte passione che tutt’ora mi guida a
sperimentare anche altre arti come la regia. La regia e sceneggiatura
stessa è nata nel 2016 quando ero a Londra quando stavo sperimentando la
scrittura, e da li feci il mio primo corto “Hey Tu!”che ora è in
piattaforma streaming su Prime Video UK, USA, Germania e su Think
Shorts. Nel conoscere questi due ho trovato una forte connessione tra la
creazione e la libertà che esse ti permettono di sperimentare,
principalmente con la sceneggiatura poiché li metti nero su bianco per
la prima volta e può spaziare ovunque tu voglia.
Quali sono gli artisti dai quali si sente maggiormente influenzato o da cui trae ispirazione?Sono
molto influenzato da quando ero piccolo da Robin Williams che
sfortunatamente è scomparso nel 2014 e giusto in quel periodo ero a
Montreal ed avevo appena finito un corso con Tom Todoroff, un Hollywood
acting coach di NY. Inoltre mi hanno influenzato molto Matthew
McConaughey sempre come attore, poi Bradley Cooper, Denzel Washington,
Will Smith, invece come regista Stephen Spielberg, e come anche Woody
Allen, Ron Howard, Bradley Cooper. Di italiani apprezzo moltissimo come
attore Pierfrancesco Favino, Alessandro Preziosi, Giannini, come regista
Fellini e tanti altri.
Che
cosa vuol dire per Lei “produrre” dando vita, tra l'altro attraverso la
sua scrittura , la sua recitazione e alla sua regia, ad un corto
meritevole come “Hey Tu?”….Per me produrre significa
conoscere aspetti economici e creativi del progetto stesso, analizzare
al meglio il progetto ed il suo potenziale anche per il target di
audience che si cerca. Ad esempio, “Hey tu!” mi ha insegnato molto
quando lo scrissi, in quel momento non avevo ben chiaro il target ma poi
dopo un po' lavorandoci su, il tutto diventava più chiaro e
principalmente il corto essendo un low budget ma con un target di
audience abbastanza ampio per ragazzi e vicino anche agli adulti per
certi versi ha contribuito a dare una visione ancor più descrittiva su
ciò che si cercava, e poter dare un messaggio di speranza ed aiuto a chi
ne ha bisogno.
Che messaggio e che possibilità dà oggi il
mondo dell’arte a un giovane produttore, attore e regista di un settore
particolare e in perenne cambiamento come il cinema e la televisione
ormai assorbite dalla rete?Devo dire che con oggi la rete ha
un forte potere sull’arte, da 10-20 anni a questa parte la cosa sta
prendendo molto il sopravvento sulle piattaforme digitali, tipo Youtube e
basta semplicemente quello per crearsi un audience. Però ho sempre
creduto che non è tanto la piattaforma che si utilizza, ma il modo in
cui la si utilizza, al momento c’e un boom di youtubers e si dà un po'
più importanza a quello invece a chi studia recitazione da anni, regia e
sceneggiatura e ciò è un po' controproducente visto il potenziale reale
che si vede in giro quotidianamente di artisti con alta formazione e
talento. La fortuna che si ha con l’arte è che si può essere
intraprendenti e creativi e con la tecnologia di oggi questo è
possibile.
Il rapporto con la sua città Natale .Io
con Napoli ho un amore profondo per l’azzurro che ci circonda, ha un
potenziale enorme che ha solo bisogno di aiuti concreti finanziari e di
crederci come una stessa comunità, in particolare per la cultura che noi
stessi abbiamo. Io mi sono formato non solo a Napoli ma anche
all’estero con l’obiettivo di poter esprimere anche cosa Napoli ha da
offrire ma soprattutto anche l’Italia che adoro.
Il lavoro
al tempo del “coronavirus” come stanno rispondendo gli artisti a questa
emergenza virale ed umanitaria che ha colpito il mondo ed in
particolare il settore artistico culturale…Da quando è
iniziata la pandemia la situazione dell’arte e cultura non è stata ben
vista come un “diritto al lavoro” da nessun ente istituzionale, per
certi versi è comprensibile per via dell’espansione del virus e che cosa
potrebbe causare il teatro o un cinema con l’aggregarsi di persone in
un luogo al chiuso, però è pur vero che per aiutare il settore non è
stato fatto molto se non niente. Ciò dispiace a prescindere perché tutti
gli artisti chiedono aiuto allo Stato e la possibilità di poter fare
qualcosa per la cultura che è stata tanto coccolata prima della pandemia
adesso sembra non avere nessun diritto.
Lei
è il protagonista del cortometraggio “Alfabeto Italiano” diretto da
Maria Milusha, ispirato ad eventi reali di un ragazzo Islandese Irvin,
il quale aveva una malattia terminale e decise di vivere la sua vita
girando l’Europa finchè a Roma decide di rimanere ed imparare
l’italiano. Come si è preparato a questo ruolo?Quando feci
quel ruolo fui molto fortunato devo dire, ero tra le prime due
esperienze cinematografiche che feci da protagonista, recitare un
personaggio realmente esistito e vedere le sue sfaccettature non dico
che era una cosa da poco, e soprattutto farlo in inglese dove già ne ero
fluente e per la prima volta con un accento diverso da quello italiano e
tutt’ora ci sto lavorando al mio accento in inglese per renderlo sempre
più neutro. Il percorso che feci per allacciarmi al personaggio fù
quello di capire come pensano in Islanda e come parlano nello stesso
qual tempo ripetere sempre più volte il loro accento questo perché seguo
molto il metodo Strasberg e Stanislaskij, ascoltarli e ripetere per poi
cercare di farlo mio, ma la parte un po' che è rimasta in me è il fatto
del viaggio e della forza e voglia di vivere che Irvin aveva,
onestamente adesso non so quale è stato l’esito della sua vita al
momento, ma spero che abbia avuto l’opportunità di fare ciò che
desiderava. Ho chiesto ad amici miei attori in Canada siccome ho
studiato anche li, e chiesi consigli anche a loro per poter arrivare
all’obiettivo che la regista mi ha dato. La stessa regista mi ha aiutato
e supportato con idee precise e da lì il prodotto ha dato i suoi frutti
credo. Al momento il corto è disponibile in piattaforma Streaming su
Reveel Movies e su Think Shorts.
Preferisce più la regia o la recitazione?
È
una domanda che mi viene fatta molto spesso da qualche anno e devo dire
che per quanto ami la recitazione e sarà per sempre il mio primo amore,
la regia e la sceneggiatura mi stanno dando anche sensazioni mai
provate prima e continuo a sperimentare e studiare avendo anche un po'
più di libertà con esse.
I suoi prossimi impegni?
Al
momento sto sviluppando da regista, sceneggiatore ed attore un corto in
inglese sulla LGBTQ da fare a Londra, e sto scrivendo una serie Tv in
collaborazione con la LonRom Productions di Londra. Infine sto in
sviluppo del mio primo lungometraggio “Belong” con il quale abbiamo già
una regia importante internazionale ma non si può rivelare ancora molto,
oltre che essere in trattative con produzioni internazionali.