TUTTI IN FILA PER CELEBRARE SHEPARD FAIREY - UN ARTISTA CHE NON ARRIVA DAI SALOTTI INTELLETTUALI NÉ DALL’ACCADEMIA, TANTOMENO SE LA TIRA CON IL BLA-BLA DA CRITICO COCATO E LLE POMPE DEI VARI GAGOSIAN E PINAULT - CHI È IL NUOVO WARHOL? NEL MOMENTO DI CRISI DELL’EDITORIA FONDA UN GIORNALE D’ARTE, SWINDLE, SAPENDO CHE NON SAREBBE STATO UN AFFARE - HA RIFIUTATO CAMPAGNE PUBBLICITARIE STRAPAGATE (HUMMER, COCA-COLA, VARIE MARCHE DI SIGARETTE) PERCHÉ AVREBBERO INQUINATO IL SUO MESSAGGIO...
Marco Giovannini per "Panorama"Hanno dovuto transennare la strada per la troppa folla. Tutti in fila per celebrare Shepard Fairey, una volta artista underground e oggi in mostra in gallerie e musei. Se c'era ancora bisogno di un avallo, gliel'ha dato Jeffrey Ditch, il nuovo direttore del Moca, il Museo di arte contemporanea di Los Angeles, che per chiudere degnamente il Deitch Project, la sua galleria di New York, prima di spostarsi in California, ha organizzato la mostra May day aperta per tutto maggio.Shepard Fairey l'avevamo lasciato due anni fa al tempo del manifesto per la campagna del presidente Barack Obama, quello blu-bianco-rosso (i colori della bandiera americana) e la scritta «Hope». Un poster che l'ha reso famoso in tutto il mondo (ma l'ha trascinato in tribunale: l'Associated Press lo accusa di plagio perché la foto rielaborata da lui era di un fotografo dell'agenzia). Nella nuova mostra ritratti di personaggi famosi, fra cui il Dalai lama, Woody Guthrie, Bob Dylan, Jasper Johns, Basquiat, Mohammed Ali, Keith Haring, Robert Rauschenberg, Iggy Pop, John Lennon & Yoko Ono.«Le persone che ritraggo sono tutte rivoluzionarie, in un modo o nell'altro» sostiene. «Sono partite ai margini della cultura e hanno cambiato il pensiero dominante. Celebrare i grandi passi avanti compiuti ci ricorda quali grandi passi possono essere ancora fatti». Una serie precedente s'intitolava ironicamente I miei eroi non appaiono su nessun francobollo, da un verso di una canzone del gruppo hip hop Public Enemy. Nel tempo libero, scarsissimo, Fairey fa il dj con il nome di Insulin (ha il diabete).Eppure, a 40 anni passa ancora buona parte delle sue notti in strada ad attaccare adesivi e poster: «Non ne avrei bisogno, però è la mia vita e la mia ragione d'essere». Ha cominciato 20 anni fa, nel 1989, con un ritratto in bianco e nero di un celebre wrestler, André the giant, trasformato in adesivo, che gli valse dei crediti nel corso della Rhode Island School of design. «Venivo dal mondo dello skateboard, che era considerato un'avanguardia, mentre il wrestling era senz'altro una retroguardia. È stato interessante mischiarne look e contenuti».Nel 1995 lanciò la campagna Obey Giant, ispirata allo stile della propaganda sovietica e al concetto di 1984, il romanzo di George Orwell. E cominciò a produrre T-shirt e una linea di abbigliamento. Se volesse, dice, potrebbe essere molto ricco. «In realtà i soldi sono la maniera per fare quello che vuoi tu, non quello che vogliono gli altri».Nel momento di crisi dell'editoria non ci ha pensato due volte a fondare un giornale d'arte, Swindle, sapendo che non sarebbe stato un affare. Ha rifiutato campagne pubblicitarie strapagate, come quella dei fuoristrada Hummer, della Coca-Cola e di varie marche di sigarette, perché avrebbero inquinato il suo messaggio. Per pagare i conti e i suoi 15 collaboratori ha accettato quella del grande magazzino Saks. «Non sono per principio contro il capitalismo, ma per individuarlo, stanarlo, e usarlo con saggezza, senza venirne manipolati». Si definisce «un populista, sicuramente un idealista, ma anche un realista».I suoi mantra sono il concetto di fenomenologia del filosofo tedesco Martin Heidegger («Lasciare che le cose si manifestino da sole») e la teoria della comunicazione del sociologo Herbert Marshall McLuhan («Il medium è il messaggio»). «Da quando sono nate le mie due figlie uso molti più soggetti femminili, la prima è stata l'attivista Angela Davis» ricorda. Una delle sue serie più popolari rappresenta guerrigliere che mettono fiori nei loro fucili. «Donne combattenti della pace, anche se sembra un paradosso» spiega.È stato arrestato 15 volte (16 considerando quando in Giappone se l'è cavata con una lettera di scuse) per vandalismo e invasione di proprietà privata: «Ma non credo di essere mai stato pedinato o intercettato al telefono. Mi piacerebbe essere considerato una vera minaccia, però non credo di esserlo». È fiero di quello che chiama l'effetto domino: «Io comunico idee, che poi vengono recepite e passate ad altri in una catena che è impossibile fermare».
SHEPARD ’OBEY’ FAIREY, L’ULTIMO WARHOL – LA STREET ART ESPLODE OVERGROUND, CELEBRATA DALLA GALLONATA GALLERIA NEWYORKESE DI JEFFREY DEITCH - L’ARTISTA CHE HA DATO UN VOLTO ALLA “SPERANZA” DI OBAMA, LO ATTACCA: "OGGI È TROPPO SULLE DIFENSIVE. DOVREBBE RITROVARE LA PASSIONE CHE AVEVA IN CAMPAGNA ELETTORALE” – “MI HANNO DELUSO LA RIFORMA SANITARIA TROPPO FIACCA E IL SÌ ALLE TRIVELLAZIONI”…
Anna Lombardi per "la Repubblica"
L'uomo che ha dato un volto alla speranza di Obama non ha perso il suo spirito underground: «Essere sovversivi significa riconoscere che le regole si rompono per propositi costruttivi. Non essere ‘contro´ qualcosa ma ‘per´ qualcosa. Obama lo rifarei. Certo, questa storia delle trivellazioni...».E mentre New York lo omaggia con una grande mostra alla galleria di Jeffrey Deitch (che sarà aperta fino al 29 maggio) - l´ultima, prima che il gallerista di Keith Haring vada a fare il direttore del Moca di Los Angeles - Shepard Fairey, 40 anni, non rinuncia ai suoi blitz. Un murales sulla Bowery che il comune vuol già ripulire, uno vicino alla galleria in Wooster Street, un negozio pop-up (che ha chiuso qualche giorno fa) in Orchard Street dove vendeva le sue t-shirt.E perfino un murales itinerante realizzato con i bambini di strada dell´associazione City Kids... «Fare arte di strada è un atto politico. Le immagini hanno il potere di porre domande e chi non ha soldi per comprare uno spazio pubblicitario non deve restare inSarà. Ma come concilia una mostra nella più importante galleria di New York, visitatori vip come Salmon Rushdie e Mia Farrow, con i blitz per strada?«La cosa più importante è far passare il messaggio. Indossando magliette, incollando adesivi, dipingendo in strada illegalmente. O anche esponendo in grandi gallerie. Ho cominciato facendo arte di strada, voglio continuare e devo trovare il modo per finanziare ciò che amo. È per questo che vendo poster e t-shirt. C´è chi dice che questo compromette le aspirazioni pure dell´arte: ma io non ho mai messo gli affari prima delle idee».La mostra è piena di icone: da Keith Haring a Iggy Pop, da John Lennon a Muhammad Ali.
«Sono icone di ribelli, gente che ha avuto influenza su di me e che si è influenzata reciprocamente. A partire da Keith Haring, che ha aperto la strada a moltissimi artisti, spingendo a fare arte pubblica, sociale, senza temere le gallerie. Poi nel mio lavoro ci sono le influenze più disparate, da Jamie Reid che realizzò le copertine dei Sex Pistols a Barbara Kruger, dai costruttivisti russi, a Emory Douglas, l´artista dei Black Panther...»E due anni dopo si riconosce ancora nell´icona di Obama?«Sono fiero di quell´immagine: dimostra che anche chi è fuori dal sistema e dalle lobby può influenzare la politica. Certo oggi Obama è troppo sulle difensive, dovrebbe ritrovare la passione, la relazione emotiva con la gente che aveva in campagna elettorale. Ci sono cose che mi hanno deluso: la riforma sanitaria troppo fiacca, il sì alle trivellazioni. Ma su tanto altro sta facendo bene».
L´ha mai ringraziata?«Mi ha mandato una lettera. "Grazie per aver usato la tua arte per sostenere la mia campagna, portando il messaggio nelle gallerie e alle fermate degli autobus, incoraggiando gli americani a interrogarsi sullo status quo...". Molto bella. Sono stato anche invitato alla Casa Bianca a una serata con poeti e musicisti. Finalmente un presidente che riconosce il valore dell´arte contemporanea».Eppure quell´immagine le è costata una denuncia e una causa per aver usato una foto della Ap.«Il mio lavoro si nutre di referenze. Non è mera copia: io rielaboro immagini che circolano, aggiungendo significato e dunque valore. Con Obama ho cercato di esercitare il primo emendamento: il diritto alla libertà d´espressione che per me passa attraverso le immagini. Ora la mia libertà futura dipende da come andrà la causa. Se perdo dovrò dare un sacco di soldi: quelli che mi servono a finanziare le mie opere sociali».