Tra i capitoli più pregnanti di Diario di scuola, il personalissimo testo che Daniel Pennac dedica al mondo della scuola, uno squarcio di come lui, da studente e poi da docente, abbia inteso e guardato a questo strano oggetto del desiderio, uno è intitolato “Diventare” e si concentra sul significato dell’esperienza che conduce al riconoscimento di sé stessi, della persona che siamo e, nello specifico, dell’insegnante che abbiamo dentro. Un libro, peraltro, in cui si leggono cose tipo questa: «Gli insegnanti devono amare con curiosità antropologica quella tribù di alunni che ogni mattina si trovano di fronte. Tutto il male che si dice della scuola fa dimenticare il numero di bambini che ha salvato dalle tare, dai pregiudizi, dall’ottusità , dall’ignoranza, dalla stupidità , dalla cupidigia, dall’immobilità o dal fatalismo delle famiglie». E non deve meravigliare che, proprio in quel capitolo, Pennac elenchi pure una manciata di film per formare sguardo e cuore precisando che il sapere, in modo più intenso e profondo, l’imparare, è qualcosa che riguarda il “credere” (di poter essere qualcuno) e quindi l’amare (qualcosa o qualcuno).
Thomas Lilti ritorna al cinema con il racconto di un altro modo di prendersi cura dell’altro, a partire dall’esperienza di trasmissione del sapere. Guida pratica per insegnanti è sì un film corale ma ha il carattere dell’universalità perché politicamente attento a sollevare la questione dell’impegno civile attraverso un mestiere che vorrebbe e dovrebbe rendere la società se non migliore almeno più consapevole.
Seguendo il solco dei film precedenti i suoi personaggi (Pierre, Meriem, Fouad, Sophie, Sandrine, Alix e Sofiane) costituiscono un gruppo unito di insegnanti di una scuola secondaria alle prese con l’inizio di un nuovo anno scolastico. A loro si unirà Benjamin, giovane supplente alla prima esperienza che presto si troverà a confrontarsi con le difficoltà del mestiere. Il titolo originale è Un lavoro serio e, se da una parte fa riflettere per come ultimamente sia stato affrontato in casa nostra il tema , dall’altra sembra ricordare a tutti l’importanza del ruolo (nella società ) e della passione (dell’individuo) dell’essere insegnante. Il film di Lilti (non si pensi a La classe di Cantet o a La schivata di Kechiche, sarebbe un errore, piuttosto anche se di segno diverso, siamo nei paraggi di L’aula professori) con i toni della commedia agrodolce, vuole andare in questa direzione: prima che restituire un’apologia della figura dell’insegnante modello (che non esiste), si interessa a mettere in scena opportunità e contraddizioni di un mestiere (quelle dell’insegnante) e di un’istituzione (la scuola) offrendo allo spettatore l’immagine di una scuola-mondo a cui tutti apparteniamo.
Guida pratica per insegnanti è anzitutto un film sull’amore per gli altri, sull’importanza di non cedere alla solitudine ma restare uniti, un film testimone di oggi come attesta il folgorante incipit costruito con immagini d’archivio. A questo proposito Lilti ha dichiarato: «La scuola fa parte delle nostre vite, da bambini, da adulti, da genitori, generazione dopo generazione. Ciascuno vi trova una madeleine proustiana che ci ricorda quanto la scuola sia centrale nelle nostre vite. Quelle poche immagini illustrano anche l’evoluzione della posizione sociale dell’insegnante: più verticale cinquanta anni fa, più orizzontale oggi. Due cose però sono immutabili: gli alunni, individui in formazione per i quali la scuola è al centro della vita, e l’impegno degli insegnanti, la cui missione è sempre la trasmissione del sapere e l’educazione alla vita di gruppo».
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