Brosnan: "Bond sarà sempre con me"L'attore ha conquistato il Lido con "All you need is love della Bier". Successo per l'italiano Ciprì. Applausi ma anche qualche 'bu' per Malick: l'atteso "To the wonder" non convince fino in fondo
TUTTO SULLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 2012-
"Bond mi seguirà sempre, felicemente". Parola di Pierce Brosnan, per quattro volte agente segreto di sua Maestà e con record d'incassi, che ha conquistato tutti alla Mostra del cinema di Venezia. Protagonista di "All you need is love", la prima commedia della danese Susanne Bier, Brosnan è il personaggio del giorno alla 69esima edizione del festival di Venezia. "Sono attore da 18 anni, recitare è sempre stata la mia passione", dichiara."Bond - continua l'attore - è stato un grande dono, mi permette di essere qui oggi e di fare un film con Susanne Bier". Sul film che porta al Lido, Brosnan racconta: "Ho avuto il copione e mi ha toccato il cuore perché aveva molti collegamenti con la mia vita privata. Ho perso mia moglie per un cancro al seno anni fa, sono come il protagonista nel bel mezzo dell'età di mezzo e ho quattro figli, so bene cosa significa crescerli e affrontare le difficoltà".
In "All you need is love" Brosnan è un danese, vedovo, industriale di frutta e verdura, proprietario di un limoneto a Sorrento, dove il figlio Patrick sta organizzando il matrimonio con Astrid. Abituato al gelo del cuore, comanda i suoi sottoposti e rifiuta l'interesse femminile della segretaria e della insopportabile sorella della moglie. Nei giorni precedenti alle nozze del figlio pian piano viene conquistato da una bella donna (Trina Driyrholm), la mamma di Astrid, che ha appena scoperto il marito a fare l'amore con una giovane ragazza e si sta curando con la chemioterapia dopo un cancro al seno.
L'amore secondo Malick tra applausi e 'bu'Applausi e qualche 'bu' per la prima stampa di uno dei film più attesi di questa 69esima edizione. Il film di Terrence Malick "To the wonder" è stato accolto in maniera contrastata: molti applausi ma anche qualche chiaro dissenso. Il film, che racconta la sottile linea che c'è tra amore di Dio e amore profano, vede protagonisti Rachel McAdams, Ben Affleck, Javier Bardem, Olga Kurylenko, Charles Baker, Romina Mondello.
Otto minuti di applausi per CiprìGrande riscontro per il film "E' stato il figlio", di Daniele Ciprì. La proiezione al Lido di Venezia è stata accolta da otto minuti di applausi. Il film di Ciprì è il primo dei tre italiani in corsa per il Leone d'Oro. Nei prossimi giorni toccherà all'opera di Marco Bellocchio, "Bella addormentata" e a quello di Francesca Comencini, "Un giorno speciale".
La nave dolce REGISTA: Daniele Vicari
IL CINEMA DEI GIUSTI - IL BELLISSIMO DOCUMENTARIO DI DANIELE VICARI SULL’INCREDIBILE STORIA DELLA NAVE ALBANESE VLORA, CHE L’8 AGOSTO DEL 1991 CON VENTIMILA PROFUGHI IN CERCA DI LIBERTÀ SBARCÒ NEL PORTO DI BARI E DELLA SUCCESSIVA AZIONE POLITICO-REPRESSIVA CHE PORTÒ AL RIMPATRIO DEI CLANDESTINI - GODARD: “COSSIGA INVECE DI DIRE CHE È STATA UNA PAGINA BIBLICA AVREBBE FATTO MEGLIO A SPIEGARE AGLI ALBANESI: NON VENITE QUI PERCHÉ NON SIAMO LIBERI”…. Marco Giusti per Dagospia
Dell'incredibile storia della nave mercantile albanese Vlora, dolce perché trasportava zucchero, che l'8 agosto del 1991 con ventimila profughi in cerca di libertà sbarcò nel porto di Bari e della successiva azione politico-repressiva che portò al rimpatrio dei clandestini (a parte 1500 che sembra sia riusciti a sfuggire alla polizia e a rimanere in Italia), il bellissimo documentario di Daniele Vicari, "La nave dolce", presentato a Venezia nella Settimana della Critica, fornisce un dettagliato e serrato racconto grazie anche ai testimoni italiani e albanesi della vicenda.
DANIELE VICARI SUL SET DI DIAZ LA NAVE DOLCE DI VICARIE tante sono le cose che non ricordavamo, al punto che tra i critici presenti sono sorte le domande più che logiche di quale fosse il quadro politico italiano in quell'agosto del 1991, di che fine avesse fatto il sindaco di Bari che si oppose all'ordine di Cossiga e del ministro degli Interni (credo Enzo Scotti) di chiudere i clandestini nel vecchio stadio di Bari, ma anche come e quando fosse poi riuscito il ballerino Kledi, allora uno dei ragazzini della nave, a tornare in Italia.
kdc51 c rossella cossiga ron spogli Vicari ricostruisce benissimo la vicenda, che molti in sala ricordavano più come immagine di un esodo biblico finito bene che come il primo serio respingimento e operazione di violenza poliziesca. Tralascia, e fa bene, quella che era una delle più belle trovate pubblicitarie che riguardano la nave, il fatto cioè che gli albanesi, pazzi della nostra televisione, come ci fece vedere anche Gianni Amelio in "Lamerica", cantassero il jingle della Pasta Barilla (quella di "Dove c'è Barilla c'è casa") durante la traversata.
LA NAVE DOLCE DI VICARI E, non essendo un vecchio cinefilo, non ricorda quanto disse sulla vicenda Jean-Luc Godard, presente pochi giorni dopo a Venezia col formidabile "Allemagne Neuf Zero", altro film sulla fine del muro di Berlino e sul futuro della vecchia Europa. "Gli italiani sanno di aver rinunciato alla democrazia: gli albanesi sono stati attirati in Italia dalle immagini della televisione di Berlusconi come tanti pesciolini con briciole di pane e poi sono stati cacciati via. Cossiga invece di dire che è stata una pagina biblica avrebbe fatto meglio a spiegare agli albanesi: non venite qui perché non siamo liberi".
JEAN LUC GODARD Sono peccati veniali di fronte a un'opera documentaristica importante che ha il pregio di non cercare giustificazioni storiche o politiche ma di raccontare senza tragedie dei fatti e delle singole storie dei clandestini che avevano sognato la libertà in Italia dopo anni di dittatura in patria e la fine del Muro.
Vicari, grazie al materiale girato allora dalla Rai e da Tele Norba, ha la possibilità di documentare alla perfezione la storia, che è particolarmente istruttiva per capire quello che accadde da lì ai prossimi vent'anni come invasione extra-comunitaria nel nostro paese.
Ancora oggi, però, le immagini della Vlora che si muove nel Mediterraneo e che arriva al porto di Bari sono qualcosa di incredibile e di biblico, come disse Cossiga, e rappresentano il primo grande terremoto dei popoli poveri verso quello che sembrava il paese del Bengodi. Quello sì, e qui non lo si capisce, frutto della propaganda berlusconiana sulle reti Mediaset.
LA NAVE DOLCE DI VICARI L'idea di questa massa sterminata di maschi affamati e assetatati che vedono libertà, sesso e lavoro dall'altra parte del mare è difficile da dimenticare. Come lo è l'immagine della nave attraccata al porto, ancora più conturbante di quella della Costa Crociera.
Comunque ci par di capire dal documentario di Vicari, che vanta una grande musica di Teho Teardo e un gran lavoro sul suono, che chi riuscì a sfuggire al respingimento poliziesco voluto da Cossiga riuscì davvero a realizzare il suo sogno di libertà. Magari la storia, quella vera, poteva essere scritta in un altro modo.
- UNA MOSTRA ALLEGRA COME UN PIATTO DI VERDURE LESSE, UN LIDO TRAVOLGENTE COME UN SEMOLINO: TI GUARDI INTORNO, SEMBRA IL DOPOLAVORO DEL DIVISMO MEZZACALZETTA - 2- DOPO QUASI UNA SETTIMANA IL BARBERA È ANDATO A MALE. NON SI PUO' SCAMBIARE LA MOSTRA PER UN CINE-CLUB O IL CINEMA SACHER DI MORETTI. BASTA UNA BIENNALE DI ARCHITETTURA ESUBERANTE E CAZZUTA PER RIDURRE IL LIDO A UNA LANDA DESOLATA - 3- ARTE CONTRO CINEMA, VENEZIA CONTRO I DANNATI DEL LIDO. LE DUE ANIME NON SI AMALGAMANO, I DUE POPOLI RIMANGONO SEPARATI. RESTA L’INCAPACITÀ DI BARBERA DI CREARE L’EVENTO, PUR AVENDO ALLE SUE SPALLE LA GRANDE STAMPA CHE ANCORA GODE DELLA CACCIATA DEL MAL-DESTRO MULLER. DI SICURO, CANNES, CON AUTORI COME SPIKE LEE, ANDERSON E MALICK AVREBBE MESSO SU CHISSÀ QUALE FUOCO D’ARTIFICIO MEDIATICO - 4- E IL 6/9 NAPOLITANO SBARCA A VENEZIA MA VA SOLO ALLA BIENNALE DI ARCHITETTURA! - Una mostra allegra come un piatto di verdure lesse, un Lido travolgente come un semolino, un divismo mezzacalza divertente come un romanzo di Veltroni. E dalla prossima settimana parte il festival del cinema di Toronto e quel poco di cinema internazionale svanirà verso il Canada.
apertura festival di venezia BOB SINCLAIR E ISABELLA FERRARI A VENEZIA jpeg Dopo quasi una settimana il Barbera è andato a male. Non si può scambiare il Lido per un cine-club o per il cinema Sacher di Moretti. Basta una Biennale di Architettura, quest'anno particolarmente esuberante e cazzuta, per ridurre il Lido, già ridotto urbanisticamente a un quartiere di Bucarest degli anni Cinquanta, a una landa desolata.
Ad aggiungere altro peperoncino mondano a Venezia, a scapito del Lido, ci pensa il mondo della moda, l'unico ad avere ancora qualche cartuccia economica da sparare: le due formidabili mostre di Prada e di Pinault, le pestilenze di Gucci e Condè Nast ("Vogue" e "Vanity Fair"), la palazzina Grassi sempre più svago netturbino.
SPIKE LEE DOCUMENTARIO SU BAD DI MICHAEL JACKSON jpeg Nel campo dell'arte, grandissimo successo sta riscuotendo la mostra Venini-Scarpa, con capolavori dell'arte del vetro, e, con la scusa di vedere un giovanile Tiziano mai esposto in Italia, si fa volentieri un salto all'Accademia dove troneggiano capolavori come la "Vecchia" del Giorgione, le madonne pop del Bellini, i trittici horror-lisergici di Bosh, Tintoretto a valanga.
MARINA ABRAMOVIC A VENEZIA E il Lido? Dopo la toccata e fuga di Ingroia è arrivato oggi, a dare una mano al suo amico Barbera, Nanni Moretti. Ma resta l'incapacità di Barbera di creare l'evento, pur avendo alle sue spalle la grande stampa che ancora gode della cacciata del mal-destro Muller. Di sicuro, Cannes, con autori come Spike Lee, Anderson e Malick avrebbe messo su chissà quale fuoco d'artificio mediatico.
BOB SINCLAIR E ISABELLA FERRARI A VENEZIA jpeg Alla prima di "Bad 25" dedicata a Michael Jackson, non era presente un musicista, un divo pop, un Tiziano Ferro qualunque. Niente. In una saletta dell'Excelsior, dove lo sponsor orologiaio aveva organizzato un dopo-film, Spike Lee era solo con i suoi cari: quando è arrivato Favino, con cui aveva lavorato nel suo fallimentare film italiano, è dovuto intervenire il press agent Saverio Ferragina per farlo entrare.
GIORGIO NAPOLITANO PAOLO BARATTA Sarà la crisi ma la depressione ha preso ormai possesso del Leone della mostra, alla faccia dei giornaloni che continuano a dedicare due paginate al giorno a una rassegna in decomposizione, e zero tituli alla più folgorante Biennale d'Architettura degli ultimi anni. E il 6 settembre Napolitano sbarca a Veneiza ma va solo alla Biennale di Architettura!!!!
Ps - Oggi, nella sua rubrica sul Corrierone, Maria Luisa Agnese fa trapelare lo stato dell'arte.
alberto barbera al festival del cinema di venezia "Arte contro cinema, Venezia contro Lido: le due anime non si amalgamano, i due popoli rimangono separati. «Ed è un peccato, c'è una vita di qua e una vita di là: al Lido la fauna festivaliera spesso media e di bassa qualità, in crisi perché non ci sono soldi, neppure in America. A Venezia bellissimi pranzi perlopiù del mondo della moda, un po' snob e pieni di soldi» ragiona Marina Cicogna già provata al quarto giorno di tentativi di collegare i due mondi.
MOSTRA PRADA A CA CORNER VENEZIA Due mondi che fanno fatica a incontrarsi, probabilmente per questioni logistiche: «E' così difficile muoversi in questa città e la pioggia non aiuta: si guardi intorno, non sembra un dopolavoro?» s'interroga girando lo sguardo per l'affollatissima lobby dell'Excelsior. Che fare? «Forse qualche bella conversazione creativa prima della Mostra...».
E rispettare anche il passato. «E' sbagliato ignorarlo» dice invitando a ridare una sistemazione più adeguata al busto del fondatore Giuseppe Volpi, suo nonno, che chissà perché proprio quest'anno, in cui il Festival compie ottant'anni, è stato spostato dalla posizione privilegiata in Sala Grande.
MARCO GIUSTI COMPAGNEROS E ALESSANDRA MAMMI 2- I DANNATI DEL LIDO
Alessandra Mammi per http://mammi.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/09/02/i-dannati-del-lido/
Marina Cicogna lamenta che il Lido non è più quello di una volta, che alla Mostra del Cinema son tutti vestiti male e le feste ,quelle belle con quelli vestiti bene, si fanno altrove. Il simbolo di tanto degrado a suo parere sta nell’aver spostato il busto del nonno conte Volpi di Misurata, fondatore della mostra, dal posto d’onore della hall dell’Excelsior. marina cicogna Magari fosse questo il problema.
La deriva della Mostra, lenta a inesorabile come quella dei continenti, non è un problema di eleganza è un problema culturale e problema della Biennale tutta. Unico luogo al mondo che potrebbe essere il più potente e straordinario laboratorio delle arti. Non lo è completamente, proprio perchè il cinema manca all’appello.
“Davvero vai a Venezia oggi?” è una domanda legittima al Lido nei giorni della Mostra. “Quelli” del cinema a Venezia non ci vanno quasi mai. Anzi decisamente mai. Un film dietro l’altro, due ore l’uno, una conferenza stampa, il pezzo da scrivere o l’incontro da organizzare… Il programma non lascia spazi né tanto meno crea occasioni. La Biennale al Lido diventa Mostra, un’altra cosa. Nori Helmut Berger Marina Cicogna Pierre Clementy Si guarda anche con sufficienza il perdigiorno che attraversa le acque. Di qua e di là della laguna si giocano due partite diverse nell’unico luogo al mondo dove il miracolo sarebbe possibile: un confronto tra i linguaggi, un rapporto felicemente dialettico o anche un po’ di mescolanza e sana confusione. Eppure gli artisti con gli architetti lavorano (vedi qui cose di Fischli&Weiss, Candida Hofer ,Olafur Eliasson), i teatranti o musicisti alla Biennale arte spesso compaiono, mentre l’arte secondo il cinema si limita a un “nome a caso in giuria” e qualche video o corto. Quest’anno più che mai. Ed ecco che la geografia di Venezia nei giorni della Biennale 2013 si è divisa in tre grandi aree. venini-scarpa
A) Un polo mondano della moda che organizza i suoi riti nei salotti buoni del Canal Grande tra l’utopia anni Settanta della Fondazione Prada e i video poetico-politici del Palazzo Grassi di Pinault. Qua e là, sullo sfondo di tanto sfarzo di intelligenze e accessori, approdano le uniche feste anche economicamente possibili: Valentino provvisto di nuovi occhiali; Levi’s che si autocelebra nel giardino di Peggy Guggenheim; dinner esclusivi e party firmati Vogue o Vanity Fair. Le cronache s’illudono che sia il grande ritorno del glamour del cinema. Ma in questo caso semmai è più l’arte a consolidare il glamour della moda che la presenza di una qualsiasi star dirottata dal Lido. biennale architettura
B) Nel mezzo (ovvero zona Giardini-Arsenale) c’è invece una Biennale architettura che cresce di fama col passa parola e si riempie di visitatori paganti e preparatissimi, studenti con taccuino e architetti in divisa pronti a sostenere il peso della domanda su: cosa abiteremo, come lo abiteremo e “se” lo abiteremo ancora questo pianeta malconcio. venezia69
Ma a consolare il viandante c’è un percorso che accoglie chi sa e chi non sa, lo porta per mano tra video istallazioni, film e tante storie o diari di costruzioni e ricostruzioni. E poi via via, verso un filo di luce che s’intravede in fondo a un tunnel e promette un futuro più sociale, solidale e consapevole (anche se non sarà vero si esce contenti)
C) Oltre le acque, invece il Lido. Quel che resta dei Grand Hotel, il palazzo del Cinema, il buco del cantiere ricoperto per metà, le transenne e i percorsi obbligati. Abborracciato e caotico come tutti festival del cinema (Cannes in primis), coi red carpet di moquettaccia sintetica rosso aranciato che fanno scena solo in televisione, le bodyguard con auricolare a spirale che scende dall’orecchio come un baco, i pellegrini col badge al collo. fondazione pradamarina cicogna con benedetta I riti del cinema. Ogni anno più esangui e più artefatti. Promesse di interviste di cinque minuti in tavoli con dieci giornalisti. Film che escono in sala prima ancora che il festival sia finito. Altri dove si urla al capolavoro e non ci arrivano neanche alla sala e soprattutto la totale impermeabilità con le altre arti. Il cinema è autistico. E gli addetti ancor di più. palazzo Grassi venezia
A due fermate di vaporino e 12 minuti di viaggio dal Palazzo c’è il mondo nuovo. O almeno quello che gli architetti -per costituzione ottimisti e visionari- vorrebbero. Qualche fermata in più ci sono due tra le più belle mostre d’Italia ( Fondazione Prada-Palazzo Grassi), nell’Isola di fronte, San Giorgio tutti gli esperimenti che negli anni Trenta fecero esplodere il genio di Carlo Scarpa e la bellezza dei vetri di Venini.
Ma il Lido sta diventando la fortezza del Deserto dei Tartari. Badge al collo, programmino in mano. Non si esce dalle mura, ma ci si ripromette che un anno o un altro sarebbe bello andare a Venezia.
IL CINEMA DEI GIUSTI – SI SPROFONDA NEL CINEMISMO DELLA NOIA COL NUOVO MALICK, "TO THE WONDER" - UNO SPOTTONE SULLA FEDE E L'AMORE CON L'ESTETICA DEGLI SPOT POMELLATO - MALICK RISCHIA DI DIVENTARE L'ALBERONI DEI FESTIVAL, MA ANCHE IL MOCCIA PERSONALE DI CURZIO MALTESE, CON TANTO DI LUCCHETTI SUI PONTI. MEGLIO LE CULONE DI ULRICH SEIDL CHE SOGNANO GLI AFRICANI PISELLUTI E LA FEDE CON IL CROCEFISSO NELLE MUTANDE…Marco Giusti per Dagospia
"To The Wonder" di Terrence Malick.
Olga Kurylenko "Sprofondo" dice la bellissima Olga Kurylenko all'inizio del nuovo film di Terrence Malick, "To The Wonder", accolta con una valanga di fischi misti ad applausi alla fine della proiezione per la stampa. Perche' anche noi sprofondiamo. Ma nella noia di questo spottone sulla fede e l'amore con l'estetica degli spot Pomellato. Meglio le culone di Ulrich Seidl che sognano l'amore a pagamento con gli africani piselluti e la fede con il crocefisso nelle mutande.
Olga Kurylenko Malick rischia di diventare l'Alberoni dei festival, ma anche il Moccia personale di Curzio Maltese, con tanto di lucchetti sui ponti. Ah l'amore...
In quel di Parigi si incontrano e si innamorano Olga Kurylenko, separata con bimbetta antipatica e l'americano Ben Affleck, con una sola inutile espressione sul volto. Lui la porta in America, nel poco ridente paesino di Bartlesville, dove incontriamo un Javier Bardem prete ispanico sfigatissimo con ciavatta e calzino grigio a vista che nemmeno Tatti Sanguineti oserebbe portare e una Romina Mondello che si lancia in sottobattute alla Tonino Guerra nei film di Antonioni: "Sono l'esperimento di me stessa!" Che ci faccia li' nessuno riesce a spiegarselo.
I due si amano, la bambina si rompe (te credo), e il visto e' scaduto. Lei torna a Parigi e Ben si spupazza la biondina Rachel McAdams per poi lasciarla quando la fidanzata ritorna ("per te non sono stata nulla", dice lei). I due si sposano e l'amore sembra trionfare. Per svegliare il pubblico la Kurylenko dopo un'ora e dieci di immagini vellutate e di sole che tramonta, fa vedere due tette e mezza chiappa e ben due tatuaggi supercoatti.
Olga Kurylenko malickMa Bartleville e' una citta' di merda e la Kurylenko, che, viziatissima, non sopportava neanche Parigi, si annoia. Cosi' si fa il primo tizio che passa. Disastro! In mezzo a un delirio di violini si arriva alla durata di 112 minuti e ci liberiamo di un film quasi insostenibile che sembra lo showreel di Olga Kurylenko, ripresa in tutti i modi, offrendo poco di Ben Affleck, a parte i tatuaggi coatti, e distruggendo con l'inquadratura sui calzini grigi e le ciavatte, il gran talento e il fisico di Javier Bardem.
- LONTANO. SUL CONCETTO DI LONTANANZA, E' COSTRUITO IL MIGLIOR FILM DELLA MOSTRA VISTO FINORA, IL MOLTO ATTESO E CHIACCHIERATO "THE MASTER", COMPLESSA BIOGRAFIA CHE PAUL THOMAS ANDERSON DEDICA ALLE SETTE AMERICANE DEGLI ANNI ‘50 E AL FONDATORE DI SCIENTOLOGY RON L. HUBBARD. LONTANO DALLA FAMIGLIA, DAL PROPRIO PAESE, DALL'AMORE, DAL SESSO, DALLA GUERRA, MA ANCHE LONTANI DA SE STESSI - 2- INTERPRETATO ALLA PERFEZIONE DA UN REINVENTATO JOAQUIN PHOENIX E DALL’OTTIMO PHILIP SEYMOUR HOFFMAN, "THE MASTER" E' UN FILM SUL POSSESSO DELLE PERSONE E DEI LORO SOGNI, SU UN'AMERICA DISGREGATA CHE PROVA A RICOMPATTARSI SU UN DELIRIO RELIGIOSO COSTRUITO SU SENTIMENTI CONFUSI DI LIBERTA' E D'AMORE E SULLE INVENZIONI PIÙ ASSURDE LEGATE ALLA FANTASCIENZA E ALLA LETTERATURA DI SERIE Z - Marco Giusti The-Master "The Master" di Paul Thomas Anderson. Lontano. Sul concetto di lontananza, "away", e' costruito il miglior film della Mostra visto finora, il molto atteso e chiacchierato "The Master", complessa biografia che Paul Thomas Anderson dedica alle sette americane degli anni 50 e al fondatore di Scientology Ron L. Hubbard. Lontano dalla famiglia, dal proprio paese, dall'amore, dal sesso, dalla guerra, ma anche lontani da se stessi.
venezia-2012-paul-thomas-andersonUn non riuscire a ritrovarsi, a tornare a casa che lo psicopatico Freddy, interpretato da un Joaquin Phoenix che si e' totalmente reinventato, anche fisicamente, sente sul proprio corpo martoriato e schizzato, un fascio di muscoli e nervi sempre pronti a esplodere, e che si placa solo con l'amicizia, anzi l'amore, di quello che si presenta come il suo Master, cioe' la guida spirituale, il guaritore e capo della setta, Lancaster Dodd, filosofo e medico cialtrone interpretato alla perfezione da Philip Seymour Hoffman.
Ma Freddy rimane alla fine lontano anche da lui. Corpo impossibile che riesce a avvicinarsi solo alla donna di sabbia che ha costruito in riva al mare in guerra, e corpo in lotta con se stesso che riuscira' a tornare troppo tardi dal suo amore Doris, che aveva abbandonato anni prima, per scoprire che lei e' partita, si e' sposata con un certo Jim Day, ha fatto due figli ed e' diventata cosi' Doris Day, proprio come la star del cinema.
The-Master-primo-posterThe-Master-Philip-Seymour Solo in una sala di cinema, guardando un cartone animato di Casper, il fantasmino in cerca di amici che non puo' toccare, Freddy sogna che il suo Master gli abbia telefonato, dicendogli che finalmente ha capito in quale vita lo ha gia' incontrato. Ma gia' sappiamo quanto sia irrecuperabile, sballato Freddy e distante da qualsiasi amore.
"Fissa un punto, parti e ritorna", gli dice in pieno deserto il Master mettendolo su una moto. Freddy parte per un punto infinito e sappiamo che non tornera'. Da quello stesso deserto abbiamo visto uscire dentro uno scrigno sepolto, come in un cartoon di Bugs Bunny e Elmer Fudd, il manoscritto inedito del santone. Un romanzo enorme che, dira' un affiliato della setta, si poteva ridurre in un pamphlet di tre pagine. Massima offesa.
the-master-castthe-master-joaquin-phoenix Anche "The Master" si poteva ridurre in un pamphlet di tre pagine, e molti critici lo hanno gia' ritenuto troppo lungo e ingombrante, poco chiaro rispetto alla dipendenza da Scientology del regista, una spanna sotto i suoi gli altri suoi film, da "Il petroliere", che ha la sua stessa struttura e un gran lavoro musicale di Johnny Greenwood dei Radiohead, a "Magnolia", che gia' trattava il tema del guru.
Ma ha una tale messa in scena, una tale e continua ricerca visiva, un livello cosi' alto di recitazione da lasciarsi comunque senza parole. Certo, "Il petroliere" partiva da un romanzo possente e aveva cosi' un'impostazione narrativa più solida. Ma in qualche modo "The Master" continua lo stesso discorso sulla storia americana che Anderson aveva aperto col film precedente.
the master the-master-castSe quello era un film sul possesso del petrolio e quindi sul potere imperialistico americano, sulla rapacita', proprio il "greed" alla Stroheim, "The Master" e' un film sul possesso delle persone e dei loro sogni, su un'America disgregata degli anni ‘50 che prova a ricompattarsi su un delirio religioso costruito su sentimenti confusi di liberta' e d'amore (come in "Elmer Gentry" di Richard Brooks) e sulle invenzioni più assurde legate alla fantascienza e alla letteratura di serie Z.
venezia-2012-paul-thomas-andersonthe master Tutto finto, certo, a cominciare dai sentimenti di libertà e d'amore deviati del Master. Tutto ambiguo, se pensiamo alla tensione sessuale che il Master prova per Freddy, il discepolo sbagliato. Anche se l'unico sentimento vero e' l'amore che prova il Master per Freddy, il corpo che nessuno riuscira' possedere, nemmeno Freddy stesso.
LA VENEZIA DEI GIUSTI - DIVIDERÀ NON POCO IL PUBBLICO IL PRIMO FILM DI DANIELE CIPRÌ, METÀ DELLA CELEBRE COPPIA CIPRÌ E MARESCO - BRAVISSIMO NELLA COSTRUZIONE DI IMMAGINI E NEL MUOVERE LA SUA UMANITÀ DISASTRATA, CIPRÌ SEMBRA QUASI UN REGISTA ESORDIENTE NELL’AFFRONTARE UNA STORIA CHE FORSE NON HA IL FIATO DEL RACCONTO LUNGO - TONI SERVILLO IN GRAN FORMA, ESAGERATO E GROTTESCO, ATTORI NON PROFESSIONISTI CHE FUNZIONANO, UNA STORIA PICCOLA CHE SOFFRE DI UN COMPROMESSO TRA CINICO TV E IL CINEMA COMMERCIALE…Marco Giusti per Dagospia
E' STATO IL FIGLIO DI DANIELE CIPRI "E' stato il figlio" di Daniele Ciprì.
Dividerà non poco il pubblico il primo film di Daniele Ciprì, cioè la metà della celebre coppia Ciprì e Maresco, poi direttore della fotografia per Roberta Torre e Marco Bellocchio. E' ovvio che non si riesca a mantenere uno sguardo sereno rispetto a questo "E' stato il figlio", uno dei tre film italiani in concorso a Venezia, e lo capiranno meglio i critici internazionali che i nostri, costretti al paragone con i precedenti lavori di Ciprì e Maresco in coppia, cioè "Lo zio di Brooklyn", "Totò che visse due volte" e "Cagliostro".
E' STATO IL FIGLIO DI DANIELE CIPRI E costretti magari anche a prendere una posizione dopo il doloroso distacco dei due, degno di quelli celebri fra Franco e Ciccio o tra Giusti e Ghezzi. Per molti, così, "E' stato il figlio" rappresenterà un tradimento rispetto all'estetica e alle regole cinematografiche talebane di Cinico TV. Bianco e nero, nessun attore professionista, nessuna musica imposta. Per altri, invece, rappresenterà una liberazione da quel mondo chiuso e un'apertura verso un cinema internazionale legato all'immagine, al raccontino morale che vede nel particolare l'universale.
E' STATO IL FIGLIO DI DANIELE CIPRI Costruito su una fotografia spettacolare dello stesso Ciprì e interpretato da un cast strepitoso che vede protagonisti un Toni Servillo in gran forma (sì, magari a volte esagera, ma Servillo è come Volonté, prendere o lasciare) e il cupo Alfredo Castro, il "Tony Manero" del cileno Pablo Larrain, "E' stato il figlio" racconta una storiellina palermitana raccolta dallo scrittore Roberto Alajmo, che ha scritto pure il film assieme allo stesso Ciprì e allo specialista di realismo magico e grottesco Massimo Gaudioso ("Benvenuti al Sud" e "Reality"). Una modesta famiglia palermitana supera il dolore per la morte della bambina più piccola, uccisa da una pallottola vagante della mafia, con 220milioni di risarcimento da parte dello Stato.
E' STATO IL FIGLIO DI DANIELE CIPRIIl capofamiglia non vede di meglio che spendere tutto nell'acquista di una Mercedes. Ma quando la Mercedes verrà rigata dal figlio per un banale incidente scoppierà la tragedia. Il tutto è raccontato davanti al bancone delle poste da uno strano personaggio, Busu, cioè Alfredo Castro, assieme a altre storielle palermitane. Ciprì mantiene, del mondo di Cinico TV, il gusto per i set urbani bizzarri, qui Palermo è in gran parte ricostruita in Puglia per doveri di Film Commission, un'umanità eccessiva, ciccioni, forforosi, vecchi e vecchie impossibili, ma anche bambini bellissimi.
E' STATO IL FIGLIO DI DANIELE CIPRI Mischiare attori di cinema, come Servillo o Giselda Gilodi, che fa la madre, Francesco Falco, che fa il figlio, con altri non professionisti, in realtà funziona. E la chiave del grottesco scelta da Servillo domina tutte le scene. Anche perché Ciprì e Servillo giocano su un alto livello la chiave del grottesco e lo sguardo su questa umanità non è né cinico né pornografico, ma spesso umano. La fotografia, fin troppo bella, non permette magari al Ciprì regista di costruire alla perfezione le sue scene, che sembrano spesso un compromesso fra l'estetica dei corti di Cinico TV e la logica del cinema commerciale.
E' STATO IL FIGLIO DI DANIELE CIPRI Anche la sceneggiatura, che parte da questa storia tragica e bellissima, soffre di qualche stanchezza quando la messa in scena non riesce a dare un ritmo al racconto. In qualche modo, Ciprì si porta dietro il mondo di Cinico che le sue stesse immagini avevano costruito, ma anche qualche difetto dei film precedenti, in qualche modo i loro lungometraggi soffrivano della loro provenienza dal corto.
Bravissimo nella costruzione di immagini e nel muovere la sua umanità disastrata, Ciprì sembra quasi un regista esordiente nell'affrontare una storia che forse non ha il fiato del racconto lungo. Al tempo stesso si muove con grande generosità verso i suoi attori e i suoi buffi personaggi, dotati ognuno di una vita propria ben definita. E la stessa generosità ritroviamo nella sontuosità fotografica, che lo spinge lontano dal mondo di Cinico Tv e più vicino a quello di cineasti come Larrain o Garrone.
LA VENEZIA DEI GIUSTI - I FAN DI MICHAEL JACKSON ACCOLGONO CON LACRIME E APPLAUSI IL PODEROSO, GIUSTO, AVVOLGENTE DOCUMENTARIO CHE SPIKE LEE HA DEDICATO A "BAD", IL DISCO (CON QUINCY JONES), E IL VIDEO (SCORSESE-RICHARD PRICE) CHE RIPORTARONO IL CANTANTE TRA I FRATELLI NERI - "AT ANY PRICE" DI RAMIN BAHRANI E' UNA TOTALE DERIVAZIONE DEI FILM CON JAMES DEAN DI ELIA KAZAN E STEVENS, MA IN UN FESTIVAL SOBRIO E DI SESSO COI CROCIFISSI FINALMENTE C’È CHI SCOPA ANCORA SUDATO NEI GRANAI (ZAC EFRON)… Marco Giusti Il popolo dei fan di Michael Jackson accoglie con lacrime e applausi il poderoso, giusto, avvolgente documentario che Spike Lee ha dedicato a "Bad", il disco, progettato con Quincy Jones, e il video, diretto da Martin Scorsese e scritto da Richard Price, che esplosero nel 1986 cambiando l'immagine del cantante e riportandolo tra i fratelli neri.
Spike Lee, aprendo con una celebre dichiarazione di James Baldwin su Michael Jackson e ruolo del freak nella societa' americana (tratto da "Freaks and the American Ideal of Manhood"), si lancia a pieno corpo e anima sul progetto "Bad", mostrandoci aspetti che non conoscevamo e materiali totalmente inediti della lavorazione del video e del disco. "Who's bad?", chi e' cattivo, chiede un giovane Wesley Snipes al fratello Michael che va al college coi bianchi e ha dimenticato il suo mondo del ghetto.
MICHAEL JACKSON CON SPIKE LEE E jpeg"O sei dentro o non ci sei", gli spiega Snipes, seguendo il concetto del brano che prende vita da un fatto di sangue del tempo, la morte violenta di un ragazzino nero, Edmund Perry, che studiava al college. Per rispondere alla domanda, "Who's Bad?", Michael dovra' cantare e ballare in un luogo magico e ultrarealistico della metropolitana, dovra' mischiare passi e omaggi, a "West Side Story" a Mavis Staples a "Taxi Driver", dovra' mettersi cento volte la mano sul pacco e ballare con veri street dancers qualcosa di completamente nuovo.
SPIKE LEE DOCUMENTARIO SU BAD DI MICHAEL JACKSON jpeg A 28 anni, Jackson si affida alle cure di un genio della musica come Quincy Jones, a un "asmatico" italiano, Scorsese, e a un "asmatico" ebreo, Richard Price, per il suo "essere dentro", per dimostrare che anche lui e' "bad". La prima parte, quella legata al video, che Jackson chiamava film, e' la migliore, con una strepitosa intervista a Scorsese, ma per i fan e' grande anche la seconda parte, quella più' legata al disco e ai duetti con altri artisti.
bad michael jackson con quincy jones sul set del video di bad Spike Lee non perde mai di vista l'idea che aveva Jackson come ritorno alla propria identita' nera. L'identita' del freak dello spettacolo che si sta perdendo dietro a soldi e successo.
2- "AT ANY PRICE" DI RAMIN BAHRANI.
bad michael jackson con il regista spike lee sul set del video they don t care about us Curioso che registi cosi' diversi e provenienti da mondi totalmente opposti, come l'iraniano-newyorkese, gia' aiuto di Amir Naderi e regista di video per i Sigur Ros, si siano lanciati nelle storie più profondamente legate al mondo e alla cultura americana, quasi da anni 50. "At Any Price", malgrado l'ambientazione moderna e i problemi attuali legati alle nuove coltivazioni del mais con semi ogm, e' una totale derivazione dei film con James Dean di Elia Kazan e George Stevens, come "La valle dell'Eden" e "Il gigante".
BAD VENTICINQUE MICHAEL JACKSON jpeg Ritroviamo gli stessi problemi di padri-padroni in crisi con figli che non li amano e cercano di sfuggire dalla loro idea di possesso. Ritroviamo le mogli troppo piegate e le amanti invecchiate nel tentativo di uscire dalle cittadine di merda dove la cosa migliore che ti puo' capitare e' di scoparti sia i padri che i figli.
E ritroviamo ribelli senza causa, che vogliono correre veloci sulle auto e sognare una nuova vita sfiorando la morte. "At Any Price" non e' un capolavoro, ma offre a Dennis Quaid un gran ruolo di padre traditore e compromesso che un tempo Kazan avrebbe affidato a Lee J. Cobb o a qualche attore del Metodo. E alla giovane star Zac Efron, molto apprezzato dalle ragazzine, un ruolo tra Dean e Brando in canotta e ciuffo ribelle.
DENNIS QUAID AT ANY PRICE Più sfigate e tristi le tre donne, la moglie, Kim Dickens, l'amante, la grande Heather Graham un po' sfiorita dai tempi di "Boogie Nights" e la ragazzina Maika Monroe. Per una volta, in questo festival sobrio e di piena crisi economica dove si puo' far sesso solo coi crocefissi e si vedono solo storie di padri in crisi di identita' c'e' chi, come Zac Efron, scopa ancora sudato nei granai. Finalmente.
A VENEZIA FA NOTIZIA SOLO IL BOTOX DI MICHAEL CIMINO - TERRENCE MALICK DISERTA E MANDA LA MOGLIE? - COME LO RIEMPIAMO IL MEGABUCO? CON UN BELL’HOTEL! - TOTONAOMI: WATTS SI’, CAMPBELL (E LA SUA CALVIZIE DA OVERDOSE DI EXTENSION) NO - BOB SINCLAIR, UN DJ IN GIURIA (IN CONFLITTO D’INTERESSI?) - ENZO AVITABILE, L’IDOLO DI JONATAHN DEMME CHE SBAGLIA I CONGIUNTIVI - SUL RED CARPET TUTTI CON LA ROSA - GIURATI IN SPIAGGIA...1-Michele Anselmi per "il Secolo XIX"
MICHAEL CIMINO PRIMA DEL BOTOX MICHAEL CIMINO AL BOTOXMa che faccia ha Michael Cimino? In molti stentavano a riconoscerlo, ieri mattina nella hall dell'Excelsior. Il grande regista americano, al Lido per l'omaggio della Mostra con copia restaurata del western "I cancelli del cielo", sembra ormai un ragazzino asessuato, dalla faccia porcellanata e deformata dagli interventi di chirurgia plastica, senza più espressione, i capelli di un colore innaturale, la distanza tra base del naso e bocca ancora più accentuata.
MICHAEL CIMINO A VENEZIA «Mamma mia, ormai è un mix tra Michael Jackson, Marina Cicogna, Ornella Muti e Sydne Rome.... Un personaggio uscito direttamente da una puntata di "Nip & Tuck"» ironizzava una collega cattivella. In effetti Cimino, classe 1939, ha i tratti di una strana creatura. Magro come un fuscello, efebico, sia pure vestito di jeans dalla testa ai piedi, con tanto di stivaloni western (per poco non scivolava sulle travi dell'imbarcadero).
MICHAEL CIMINO A VENEZIA L'INSALATA SURGELATACosterà 8 euro, ma l'insalata mista che servono al Lyon's Bar, nella cittadella della Mostra "rivitalizzata", è immangiabile. Per mantenerla fresca viene praticamente surgelata. Ieri il sottoscritto non riusciva a tagliare la mozzarella col coltello, bisognava sbriciolarla e restava solida. Avete presente il gelato appena uscito da freezer?
IL CONGIUNTIVO, AVITABILE!Enzo Avitabile, musicista e sassofonista napoletano, è simpatico, bravo, anche amabile. Cita Miles Davis e Carmelo Bene, il significato e il significante, il Vangelo e Pergolesi. Però, in conferenza stampa, al posto di un "esistano" gli scappa "esistino". Ahi ahi.
MARINA ABRAMOVIC A VENEZIA PRIME DEFEZIONIPer ora sono solo voci, ma pare che Terrence Malick, regista misterioso e di culto cinefilo, in gara col suo nuovo To the Wonder", non sarà al Lido. Forse manderà la moglie, il che non farò molto felice il direttore Barbera. Si attendono smentite.
UN HOTEL SUL BUCO?Ci manca pure questa. Il sindaco veneziano Orsoni, centrosinistra, vuole edificare un hotel con sale da congressi al posto del mostruoso buco dove sarebbe dovuto sorgere il nuovo Palazzo del cinema. Quaranta milioni di euro buttati al vento ancora non bastano?
IL GIURATO BOB SINCLAR. Ma che ci fa Bob Sinclar, disc-jockey francese, nella giuria del premio De Laurentiis per il Leone del futuro? Premio serio, anche utile: 100 mila dollari al miglior esordio di tutta la Mostra. Ancorché definito dalla Biennale «protagonista della scena dance ed elettronica mondiale, star indiscussa della consolle», magari si poteva evitare di chiamarlo.
Enzo Avitabile Jonathan Demme Non fosse altro perché nel 2011 firmò la colonna sonora di "Vacanze di Natale a Cortina", undici brani tra i quali la dimenticabile "Fuck With Me" e i remix di "Maracaibo" e "Dolce vita", comparendo pure, nei panni di se stesso, in una scena del cinepanettone di Neri Parenti. Non sarà conflitto di interessi, però...
ARRIVA NAOMI? Doveva essersi anche Naomi Campbell in Sala Grande e prima su tappeto rosso. Era una bufala. La Venere nera è reduce da scatti impietosi che hanno mostrato la calvizie impressionante provocata da un uso sconsiderato delle extension. Inutile dire che gli sguardi maliziosi e i flash dei fotografi sarebbero finiti tutti lì, attorno alla mitica frangetta. Al suo posto è arrivata Naomi Watts: bionda e regale.
ENZO AVITABILE JONATHAN DEMME SENZA MEDUSA. Giornalisti in crisi. Quest'anno niente cena inaugurale offerta da Medusa al Quattro Fontane. La casa produttrice ha solo due film alla Mostra, la parola d'ordine è: risparmio.
2- MICHAEL CIMINO PRINCIPE DEI MUTANTI Maria Luisa Agnese per il Corriere della Sera
Ma com'è che un regista come Jonathan Demme, il premio Oscar per il Silenzio degli Innocenti, conosce l'opera omnia del cantante e musicista napoletano Enzo Avitabile, e noi niente, forse ne abbiamo sentito solo fuggevolmente il nome? Se lo chiedevano tutti a Venezia69 e la risposta è arrivata quando Demme è salito sul red carpet per presentare il suo Enzo Avitabile-Music Life, film documentario sul suo idolo, che considera erede spirituale di John Lennon, e la musica di Avitabile esplodeva in passerella come in un concerto.
ENZO AVITABILE CON DEMME «Anch'io l'ho scoperto grazie a Demme» racconta Antonio Monda che ha messo in contatto i due, nuova strana coppia di contaminazione cinema e musica, e che è ancora sbalordito del fatto che Demme possedesse l'opera omnia del musicista napoletano: «Lui gli voleva regalare almeno qualcosa che ancora non avesse, ma non ce l'ha fatta». Poi, insieme a Davide Azzolini (direttore del Napoli Film Festival) Monda ne ha prodotto l'opera. «E quando eravamo là sul palco, non so chi dei due era più emozionato, se Demme o Avitabile».
BOB SINCLAIR E ISABELLA FERRARI A VENEZIA jpegPrincipe dei mutanti Michael Cimino, regista irregolare di Hollywood, sbarca al Lido con la versione restaurata e quasi integra del suo monumentale (216 minuti) I cancelli del cielo, per volere di Alberto Barbera, suo storico estimatore. Gli danno anche il premio Persol e lui, che degli occhiali (scuri come i suoi capelli) ha fatto una griffe personale, ci scherza su. Magro, periclitante, in tacchettino e giacchetta a quadretti, senza età apparente (ma ne ha 73), suscita inopinate affettuosità: «Sembra mia zia» commenta qualcuno.
Già alla seconda serata la passerella democratica allenta le maglie del glamour e si fa più esteticamente tollerante, risfila Carlo Ripa di Meana in scarpette rosse, Bruno Vespa e Cipolletta con mogli sportivissime. E intanto il red carpet, che Livia Firth vorrebbe diventasse verde (cioè ecologico), ieri sera virava al rosa: attori e attrici tutti in passerella con una rosa in mano, capitanati da Alessio Vinci. Per Emergency, e a sostegno del Centro maternità di Anabah in Afghanistan, sponsor Jaeger-LeCoultre.
BOB SINCLAIR E ISABELLA FERRARI A VENEZIA jpeg Avvistamenti. Ma dove si riunisce la giuria, sormontata dalla poderosa profetessa artistica Marina Abramovich, perlopiù in bianco e nero? Il gruppo dei giurati compare nei posti più impensati, la sera dell'apertura riemergeva dalla scalinate della spiaggia dell'Excelsior dopo che c'era stata la cena inaugurale, in formazione completa, tutti con le scarpe in mano. Ieri discuteva a margine del cocktail sulla terrazza del Palazzo del Cinema in onore di Michael Cimino.La migliore, finora, colta al volo: «Sai che tutti dicono come sta bene Valeria Marini, così dimagrita? Peccato che non siano dimagrite anche le labbra!».
- AL TERZO GIORNO, VENEZIA 69 INIZIA A MASTURBARSI E LO FA CON UN CROCIFISSO! - 2- PUTIFERIO AL LIDO PER “PARADISO: FEDE” DELL'AUSTRIACO ULRICH SEIDL CHE SA COME MISCHIARE SATIRA SOCIALE CON IRONIA E GRANDI COMPOSIZIONI VISIVE. LE SUE ATTRICI SONO MAGISTRALI, E LE SUE IDEE TURBANO I CINEMATOGRAFARI BENPENSANTI - 3- LA PROTAGONISTA DEL FILM, OLTRE A GIOCARE COL CROCEFISSO, E AD AVERE IL RITRATTO DI PAPA RATZINGER IN CUCINA (FARA' UNA BRUTTA FINE) GIRA CASA PER CASA PER SCACCIARE IL PECCATO E PROPAGANDARE LA FEDE. SI SCOPRE POI CHE HA UN MARITO MUSULMANO, FINITO IN CARROZZELLA PER UN INCIDENTE CHE LEI ACCUDISCE CON AMORE E NE RICEVE IN CAMBIA BOTTE E IMPRECAZIONI. "SEI UNA PUTTANA COME TUTTE LE AUSTRIACHE" - Marco Giusti Venezia 69. Terzo giorno. Piove e finalmente si ragiona. "E' il primo vero film della Mostra", scrive qualcuno. Certo non piacera' a Curzio Maltese che ha dato quattro palle e mezzo al polpettone di Mira Nair in apertura, ma "Paradise: Glaube" dell'austriaco Ulrich Seidl ha gia' scatenato il putiferio al Lido.
Paradise- Faith di Ulrich Seidl Non solo grazie alla grande scena di masturbazione col crocifisso della protagonista cinquantenne ultracattolica, ma anche per le sua simpatica usanza di flagellarsi, portare il cilicio, camminare sulle ginocchia. Tutto per amore di Lui, nostro Signore Gesu' Cristo, visto con una passione da suora di clausura.
La protagonista del film, Anna Maria, interpretata da Maria Hoffstatter, ha deciso di passare le sue vacanze propagando la fede nel proprio paese, a differenza della cicciona protagonista del primo episodio del trittico di Seidl, "Paradeis: Lieben", che partiva per il Kenya a caccia di maschi ben dotati con il non dimenticato Peter Katzungu.
Paradise- Faith di Ulrich SeidlParadise- Faith di Ulrich Seidl Anna Maria, oltre a giocare col crocefisso, e ad avere il ritratto di Papa Ratzinger in cucina (fara' una brutta fine) gira casa per casa per scacciare il peccato e propagandare la fede. Si scopre poi che ha un marito egiziano e musulmano, finito in carrozzella per un incidente che lei accudisce con amore e ne riceve in cambia botte e imprecazioni. "Sei una puttana come tutte le austriache", fa lui.
Paradise- Faith di Ulrich Seidl ulrich_seidl_Poco da fare, Seidl o lo amate o lo odiate. Mischia satira sociale con ironia e grandi composizioni visive. Le sue attrici sono magistrali, e le sue idee turbano i cinematografari benpensanti. Lo adoro. La terza e ultima parte della trilogia, ideata a partire da un'opera di Odon von Horvath, "Fede, Speranza e Carità", dedicata appunto alla Speranza, vedrà la figlia cicciona della vecchia del primo episodio in un campus per ciccioni che vogliono dimagrire. Imperdibile.
Festival del Cinema di Venezia 2012: gli abiti della prima serataCreato il 30 agosto 2012 da Ivanaquaranta
E' partito anche quest'anno il Festival del cinema di Venezia, e Kasia Smutniak è la madrina di questa edizione 2012. Come sempre sul red carpet si sono alternate alcune delle donne più belle del pianeta, tutte in abiti elegantissimi e firmati dai migliori stilisti al mondo. Diamo uno sguardo agli abiti indossati nel corso della prima serata! Kasia Smutniak ha indossato uno splendido abito rosso firmato Giorgio Armani Privè, modello a sirena con una profonda scollatura sulla schiena; peccato che a me sia piaciuto più l'abito con cui è sbarcata a Venezia, dai toni pastello con un colletto bianco e una cintina sottile in vita che faceva molto bon ton.
Kasia Smutniak
Kate Hudson ha indossato uno splendido abito firmato Atelier Versace color oro e attillatissimo, con degli splendidi giochi di trasparenze lungo il corpo.
Laetitia Casta ha indossato invece un abito firmato Dolce & Gabbana trasparente e nero, interamente in pizzo; le uniche parti del corpo coperte erano il seno e lo slip. Pur avendo indossato un abito molto provocante, la bella Laetitia Casta non riesce ad essere volgare. Ha saputo portare benissimo un abito molto impegnativo, anche se il risultato non è stato dei migliori; nulla da togliere al pizzo e alla finissima fattura, ma l'abito ha penalizzato la sua bellezza!
Laetitia Casta
Violante Placido invece ha indossato un abito rosso di Alberta Ferretti, con uno spacco lungo la gamba sinistra e una coda piuttosto lunga. Completavano il look una clutch rigida in tinta e un paio di sandali a fascia con tacco a spillo. Era splendida!
Qual'è l'abito che vi è piaciuto di più? Secondo me, a parte l'abito indossato da Kasia al suo arrivo a Venezia, che è bellissimo, l'unico abito che stava veramente bene a chi lo indossava era quello di Violante Placido, perfettamente abbinato con gli accessori e persino con il make-up dell'attrice. Per ora è tutto da Venezia, ma continuate a seguirmi per rimanere aggiornate sugli abiti indossati dalle star in questa edizione del Festival del Cinema!