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i viaggi di Tom Blog
«I VIAGGI DI TOM»
MADDALENA IN KAYAK, INTO THE WILD
PARTENZA
Maestrale sparato in faccia: venticinque nodi. Si parte. I nostri kayak da Oceano, del resto, reggono bene vento e onde contro. Ma è pur sempre una sfida contro il tempo. Contro quel maledetto tempo della Maddalena. Là il vento di Ponente si comprime infilandosi in una strettoia tra la Corsica e la Sardegna, e si trasforma in raffiche. L’arcipelago che vogliamo esplorare è proprio in mezzo alle Bocche di Bonifacio. Un kayak è made in Usa, l’altro norvegese, il primo l’hanno inventato gli indiani, il secondo gli Inuit. Indiani e Inuit erano cugini. Noi padre e figlio. E per noi che amiamo l’acqua liquida del mare tanto quella solida (neve) della montagna, il kayak è una sorta di sci d’alpinismo tra i flutti. Perché remare controvento è come scarpinare con le pelli di foca in salita. Si stipano i gavoni e si riempiono le sacche stagne all’inverosimile, tenda, acqua, cibo, sacchi a pelo, fornello, vestiti, pala, pannello solare. Beauty case. Tutto. Come far stare mezza casa nello spazio d’un kayak. Rito dell’alza-remo. E si salpa. L’isola di Giardinelli resta subito alle spalle dopo poche pagaiate. Si doppia la Testa del Polpo. Si doppia anche il capo nord della Maddalena e ci si butta in mare aperto. Aiuto, una schiuma bianca di vento-acqua-onda c’investe. I remi spingono nervosi, il fiato sbuffa come la marmitta di un motore a pieno regime. Quando la raffica supera i 30 nodi il kayak rallenta, si ferma, quasi arretra. Stalla. Passata la bordata, si riparte stringendo i denti. Prua all’isolotto di Barrettini che galleggia tra i marosi. Dietro quello scoglio di granito rosa, una caletta riparata dal vento. Pausa, primo step. Acqua e frutta secca, benzina per il motore umano. Si riprende l’avventura, il vento aumenta. Ma ormai la paura è passata, e l’adrenalina trasforma come d’incanto le onde in montagne russe. Si urla. Si canta. Infreddoliti e bagnati fradici dagli spruzzi delle dispettose ochette, si suda caldo per lo sforzo sotto la muta-gilet. Santa Maria, i kayak spiaggiano come balene stanche. Terra! Finalmente. Tre ore di navigazione. Si aprono i gavoni e si prepara il bivacco. Cellulari attaccati al pannello solare per la ricarica ecologica. Buca antivento per il fornello a butano. Bonifica a colpi di pala della "piazzola" sulla quale montare la tendina a igloo. Cima tesa tra gli alberi per stendere i panni bagnati. Inizia l’avventura nelle Hawai del Mediterraneo. Santa Maria, e poi Budelli, Razzoli e Spargi. L’arcipelago delle meraviglie.
IL RACCONTO
Sei giorni all’addiaccio, rimbalzando da un’isola deserta all’altra, senza mai fare rifornimento, sopravvivendo solo con le nostre scorte. La vita dell’Inuit moderno si ripete, srotolandosi in una magica routine da uomo primitivo. Sveglia all’alba, quando i raggi del sole accendono la tendina di un riflesso fosforescente. Il fornello a butano, infilato in una buca antivento scavata con la pala pieghevole, scalda l’acqua per il nescafè. Si fruga nei gavoni dove sono stipate le scorte di cibo, pane, miele, biscotti, frutta secca. Colazione, si fa il pieno. Monta il vento, si smonta la tenda. Si ripiegano i sacchi a pelo. Si sgonfiano i materassini autogonfianti. Nelle sacche stagne si schiacciano gli abiti da notte, e ci si riveste in divisa da navigatori, costume, gilet di neoprene, gonnellino paraspruzzi, cappellino, occhiali da sole. Si ripulisce il tratto di spiaggia che ci ha ospitato, si raccoglie l’immondizia in un sacco, perché il kayak è un mezzo ecologico: non inquina. E neanche il kayakista inquina. Il tempo lo detta il sole, quando sorge sveglia. Quando è sullo zenit e ti cuoce la testa, pausa pranzo (e si ricarica il cellulare con il pannello solare). Quando infine si scioglie nel mare in una palla rosso fuoco, si bivacca. Ogni sera una caletta nuova, tutta per noi. Resort privato, spiaggia esclusiva, il tutto a costo zero. Evviva il demanio. Si cena. Al primo buio, e all’arrivo della prima zanzara, ci si rintana nella tana della notte, la tenda. Tenda Ferrino, Chaos 3, tesa solo col bozzolo interno. Accucciati sui materassini, avvolti nei sacchi a pelo, attraverso la trasparenza della zanzariera lo sguardo si perde nel cielo stellato che affonda nella profondità dell’universo. Notti alla belle étoile. Nella magica routine dell’Inuit moderno mai un giorno, un minuto, un secondo è uguale all’altro. Il film “Dal tramonto all’alba” scorre sempre con una nuova trama. Capita così di passare una notte in bianco abbagliati dalla bianca luce della super luna, così grande e luminosa che veniva voglia di mettere la mano fuori dalla tenda e toccarla. Capita così, un’altra notte, di vivere una scena di “Uccelli” di Hitchcock, quando sopra la cupola della Chaos 3 si scatena il caos. Decine di volatili notturni difendono le loro uova dai topi, e per cacciare i ratti dai nidi nascosti nelle rocce, le femmine di questi misteriosi volatili stridono vagiti da film horror, mentre i maschi garriscono un ruggito cupo. Urla da non credere. Sono le “guaie”, sapremo il giorno dopo, una specie misteriosa di berte. Vivono solo, e sole, sulle isole deserte.
LE TAPPE
Lunedì 14, partenza dalla Maddalena”, località Giardinelli. Doppiato il capo più a Nord dell’isola di Garibaldi, pausa all’isolotto Barrettini. Quindi tappa a Santa Maria, dove si stringe amicizia con una simpatica famiglia di Roma. Cena ospiti dei nuovi amici, veranda con vista mozzafiato sull’Arcipelago, e poi bivacco nell’omonima Cala, riparati, e nascosti nella macchia di arbusti e cespugli delle dune.
Martedì 15, slalom tra gli isolotti Paduleddi e Stramanari, break sull’isoletta Carpa lambita da un’acqua dalle mille tonalità di azzurro. Qua e là fanno capolino tra le onde scogli rosati. Lo slalom continua. Bivacco notturno in Cala Ferrazzo, “presidiata” tutta la notte dalla guaie urlanti. Purtroppo di giorno mancava il presidio dei GuardiaParco, per far rispettare alle barche a motore il divieto di avvicinarsi alle spiagge protette. Moquette di sabbia rosa, polvere di granito (e non di conchiglie, come la Spiaggia Rosa di Budelli).
Mercoledì 16. Attraverso il “Passo degli Asinelli” si galleggia nella trasparenza del “Mare Interno”, una piscina d’acqua color cristallo bianco-turchese-smeraldo racchiusa tra i graniti rosa di Budelli, Razzoli e Santa Maria. Qui, una volta, i velieri bordeggiavano per tarare le bussole. Altre volte si rifugiavano dalle tempeste delle Bocche. Qui, oggi, la concentrazione di barche e yacht alla fonda ricorda lo struscio di via del Corso, a Roma, sabato pomeriggio. Sob. Si fugge verso Razzoli, pernotto nel fiordo di Cala Lunga, sotto il faro. È il lato più a Ovest dell’Arcipelago. La Corsica ci guarda.
Giovedì 17. Circumnavigazione delle tre isole (Razzoli, Budelli e Santa Maria), visita negli anfratti più nascosti della costa, là dove rocce e granito si ergono a sculture scolpite dal vento. Bivacco in una caletta incantata nel lato Est di Santa Maria.
Venerdì 18. Prua a Sud, in mare aperto, diretti a Spargi, sferzati dal maestrale, le onde scarrocciano i kayak mantenuti in rotta dando di timone. “Inchino” sotto il forte Zanotto, passaggio sotto lo scoglio che ricorda il profilo del Bulldog. Notte in un angolo sperduto dell’isola.
Sabato 19. Periplo di Spargi, attracchi volanti in Cala Corsara, Cala Connari e Cala Granara, pausa galleggiante in mare per ammirare gli scogli della Strega e dello Zoccolo olandese. Pranzo a Spargiotto, l’isolotto abitato dal cormorano dal ciuffo. Quindi, inizia il ritorno: vogata in mare aperto diretti al lato sud della Maddalena. Si doppia il porto schivando i traghetti, si costeggiano le opere incompiute del G8, si lambisce Santo Stefano, l’isolotto dei misteri, ex base dei sommergibili nucleari Usa. Quindi ci si infila sotto il ponte dell’istmo di Caprera. E si fa ritorno a Giardinelli, inizio e fine del viaggio..
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