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una brutta Italia calcistica..
CONTE CONTRO TUTTI - DIETRO L’ESPLOSIONE DEL CT LE POLEMICHE CON LA JUVE SUL CASO OGBONNA, I CAPRICCI DI BALOTELLI E L’IMPOSSIBILITÀ DI GESTIRE TUTTO - E IL PARIS SAINT GERMAIN CONTINUA A FARGLI UNA CORTE SERRATA PER LA PROSSIMA STAGIONE
Gli infortuni in serie, il difficile rapporto con le società: più di tutto, però, il ct è allarmato dalla mollezza degli azzurri, diametralmente opposta alla fisicità e all’agonismo dell’ultima Juventus - Il riferimento alla fatica è anche una frecciata alla preparazione atletica svolta dai club: “ci manca la condizione”, ripete...
Francesco Saverio Intorcia per “la Repubblica”
Antonio Conte ha scagliato la prima pietra, al buio, senza indicare la vittima da lapidare. Probabilmente non aveva in mente un solo bersaglio. «Non ce l’ho con la Federazione », s’è affrettato a chiarire il ct: intanto, la prima risposta l’ha avuta proprio da Tavecchio, l’apertura agli stage.
Quanti e quando, è ancora da vedere: il calendario internazionale è zeppo, neppure il consenso di tutte le componenti federali potrà mai restituire a Conte quello che davvero gli manca, il lavoro quotidiano sul campo. Contando anche su questo, il Psg continua a fargli una corte serrata per la prossima stagione, aggiungendo un elemento di disturbo alla trama già fitta.
Lo sfogo di martedì è stato acceso eppur meditato, per nulla estemporaneo. Il ct, che continua a credere nella missione di stimolare la rinascita del calcio italiano in un momento di piena crisi, dopo i primi cento giorni di corsa s’è guardato intorno e si è scoperto solo. Quando firmò, gli furono dati pieni poteri (gli stessi conferiti ieri per il settore femminile ad Antonio Cabrini, coordinatore di tutte le nazionali), ma quell’investitura ora sembra una sorta di liberatoria che solleva la Federcalcio dalle responsabilità e lascia al carisma e al nome forte del ct l’onere di rivitalizzare una Nazionale umiliata al Mondiale brasiliano.
Ma il primo obiettivo di Conte erano e restano i club. Uno più degli altri: la Juventus che lui guidava fino a quattro mesi fa. Con onestà, il ct ha ammesso che da tecnico bianconero pensava all’interesse del club e ora, cambiata la prospettiva, vede invece tante cose che non gli piacciono. Essendo la Juve il principale bacino azzurro, in tre mesi è già entrato in rotta di collisione col suo vecchio club più di una volta.
È successo a settembre con Chiellini (confermato in ritiro nonostante l’infortunio, richiamato la mattina seguente), si è sfiorato l’incidente diplomatico con Pirlo (convocato per necessità, era appena rientrato), c’è stata una dura dialettica per Ogbonna: anche lui, come Chiellini, richiamato in fretta dalla Juve, preoccupata di recuperarlo per la Champions.
Questi episodi hanno segnato particolarmente Conte, si è reso conto che la Nazionale non è in cima al movimento e che, anzi, per avere un po’ d’attenzione bisogna parlare dei mugugni di Balotelli, non proprio il prototipo del suo attaccante ideale (e infatti l’ha liquidato subito). Gli infortuni in serie, il difficile rapporto con le società, i capricci di Super Mario, la tensione per la sfida decisiva con la Croazia e le insidie dell’Albania, il pensiero tremendo che per quattro mesi la Nazionale andrà in letargo: tutto questo ha determinato un crescendo di malessere sfociato nel suo sfogo ragionato.
Manca dannatamente il campo, a Conte. Ulivieri è stato glaciale, «deve ancora abituarsi al nuovo ruolo da ct». Lui vorrebbe più tempo per inculcare i dettami del suo 3-5-2 e intanto è stato costretto a parziale abiura contro i croati.
Più di tutto, però, il ct è allarmato dalla mollezza degli azzurri, diametralmente opposta alla fisicità e all’agonismo dell’ultima Juventus: il riferimento alla fatica è anche una frecciata alla preparazione atletica svolta dai club. Conte l’ha giudicata evidentemente insufficiente, «ci manca la condizione », ripete. Alla Juve decideva tutto, anche quella. Nostalgia canaglia.
CONTE CONTRO TUTTI: “MI ASPETTAVO PIÙ PARTECIPAZIONE. BISOGNA TORNARE A FATICARE. ALTRIMENTI SARÀ SOLO L’INIZIO DELLA DISCESA PER IL CALCIO ITALIANO” - SU BALO: “NESSUN TECNICO È MAI RIUSCITO A TRASFORMARLO” - ANCHE I COMPAGNI DELUSI DA SUPERMARIO
Durissimo j’accuse di Conte insoddisfatto della settimana di allenamenti a Coverciano - Sul banco degli imputati torna Balotelli il cui atteggiamento è stato bocciato nello spogliatoio: “Si stava allenando così così” - Intanto Supermario sceglie per il suo profilo Twitter una foto con il parroco di Coverciano...
M.Ner. per “la Stampa”
Con Mario Balotelli non resta che un aut aut sovversivo, da Anni 70: o sei parte della soluzione o sei parte del problema. Perché ieri Antonio Conte gli ha detto più o meno così: «Starà a lui cambiare, io non ho tanto tempo e per certe cose ne serve». Troppi hanno già tentato di redimerlo, fallendo: Mancini, Mourinho, Prandelli.
Conte non ha alcuna intenzione, né tempo appunto, di allungare la lista: «Non sono così presuntuoso da ritenermi diverso da questi grandi allenatori: il passato insegna che loro non sono riusciti a cambiare Balotelli - ha spiegato il ct parlando a Rai Sport prima dell’amichevole con l’Albania - quindi toccherà a lui». Scegliere tra l’evoluzione e l’estinzione.
Tra diventare un giocatore reale e far parte della Nazionale o restare virtuale e vedersela in tv. Del resto, Conte era stato chiaro fin dal principio: «O fa quel che dico, come tutti gli altri, o qui non torna: a Coverciano ci sono porte girevoli». E se quattro giorni di allenamenti non sono abbastanza per emettere scomunica, bastano per farsi un’idea: non delle migliori.
Di Balotelli non è in discussione il talento, macroscopico, ma l’atteggiamento: di attitudine al lavoro e tattico, perché entrambi hanno lasciato parecchio a desiderare. Anche se poi conviene ricordare le tavole della legge (di Conte): prima l’uomo, poi il campione. Su questo il ct ha parlato in generale, ma è chiaro come Balotelli non fosse troppo distante dal bersaglio: «Bisogna tornare umili e apprezzare il lavoro - ha sottolineato il ct - e faticare, se vogliamo andare avanti. Altrimenti sarà solo l’inizio della discesa». Previsioni cupe: «Il calcio italiano non va nel verso giusto e dobbiamo rendercene conto, per passare dalle parole ai fatti».
Solo quelli contano. E pensare che Balotelli sarebbe pure d’accordo, a spulciare un suo tweet di qualche tempo fa: «Le chiacchiere eccitano solo gli stupidi, i fatti le persone intelligenti». Col senno di poi rischia di essere da zappa sui piedi, visto che Conte non è esattamente soddisfatto della settimana di allenamenti a Coverciano: «In generale mi aspettavo più partecipazione da tutti».
Tra i quali c’è anche a pieno titolo SuperMario, in versione molto Mini stavolta come già si era visto dopo due giorni di ritiro. Voce dallo spogliatoio: «Si stava allenando così così».
Impressione poi confermata nell’amichevole degli azzurri con l’Under 18, quando Balotelli spuntò in campo da quinto attaccante e quasi ultimo delle riserve. Segnando un golletto, ma pure sbagliando alcuni movimenti, tanto che Conte entrò sul prato per correggerlo: invece di dare via la palla di prima, in profondità all’esterno, aveva stoppato per poi prendere i suoi sentieri. Come fa un po’ troppo spesso. Più per se stesso che per gli altri.
Nel frattempo, Balotelli ha cambiato la fotina del suo profilo twitter, dove fino all’altro giorno c’era la faccia pluricromatica e un po’ schizzata di Joker, il cattivo del Batman nella trilogia di Christopher Nolan: al suo posto, è apparso uno scatto di SuperMario a tu per tu con don Massimiliano, il parroco di Coverciano, con l’indice da predica. Chissà che non sia il primo passo, anche se il consiglio è di fare in fretta: le vie del Signore sono infinite, quelle di Conte quasi finite.
NAZIONALE ALLA DERIVA - LA COSA PIÙ BELLA? IL GOL DI OKAKA. CHE CI SBARAZZA, SI SPERA PER SEMPRE, DI BALOTELLI - LA COSA PIÙ TRISTE? QUELLI DELLA RAI CHE SCHIAMAZZANO FESTOSI PER L’1 A 0 STRAPPATO ALL’ALBANIA
Tra qualche anno, se questo è l’andazzo, saremo noi a sbudellarci per trovare posto in un canotto che parte per Durazzo. Nell’attesa, eccoci “(sempre più) albanesi che vestono (sempre meno) Versace”. E che s’illudono d’avere ancora una Nazionale che conta….
Giancarlo Dotto per Dagospia
Tra qualche anno, se questo è l’andazzo, saremo noi a sbudellarci per trovare posto in un canotto che parte per Durazzo. Nell’attesa, eccoci “(sempre più) albanesi che vestono (sempre meno) Versace”. E che s’illudono d’avere ancora una Nazionale che conta.
La cosa più bella? Il gol di Okaka. Che ci sbarazza, si spera per sempre, di Balotelli
.
La cosa più triste? Quelli della Rai che schiamazzano festosi per l’1 a 0 strappato a Berisha e i suoi fratelli.
Alluvionati contro profughi. Solo che i primi sono il presente, gli altri il passato. Partita con mestizia incorporata, fatta apposta per deprimere definitivamente un’Italia calcistica già in grave crisi d’identità. Giochiamo a Genova, ma è come se fossimo in trasferta. Marea rossa. Più albanesi che genovesi, Marassi è una succursale di Tirana.
Sulla panchina degli albanesi c’è un veneto che canta Mameli (De Biasi). Su quella italiana c’è un salentino che a Valona ci va a nuoto e a Roma, da Tavecchio, in aereo. Anche in campo, se sfili l’azzurro, non è che sia molto chiaro chi siano gli uni e gli altri.
Nazionale alla vaccinara, quella sperimentale di Antonio Conte, dopo la figuraccia di Milano. In campo quattro romani veraci (De Silvestri, Moretti, Bertolacci e Aquilani), uno d’adozione (Okaka), più il talento di Valmontone (Cerci), il capitano di Viterbo (Bonucci) e il portiere di Latina (Perin).
Liberatosi, si spera una volta per sempre, della sindrome di Balo (che lo abbia convocato e poi sfrattato per punirlo?), Antonio Conte raschia il fondo del suo povero barile per capire se c’è qualcosa da sucare. Poca roba, davvero. Quel Cerci molto tonico, che però a Madrid scalda la panca, Simeone nemmeno lo vede. Bertolacci, uno tosto e tecnico. E l’omerico Okaka. Il resto? Se c’è, è altrove.
“CORRI!” E BALOTELLI SE NE VA - LA SFURIATA DI CONTE E POI LA FUGA DI SUPERMARIO DA COVERCIANO – IL CT SI ARRENDE: “IO NON HO TEMPO PER CAMBIARLO”
“Corri!”: neanche le urla di Conte hanno scalfito l’azzurro che si è fermato lamentando una lieve pubalgia e poi è tornato a casa - Ma Balotelli è stato bocciato dal ct: lento, fiacco, anarchico nella tattica e fisicamente non ha tenuto il ritmo degli allenamenti…
Da “sport.ilmattino.it”
Le luci di San Siro non hanno illuminato i talenti del nostro calcio. Solo quelli della nazionale di Kovac: da Modric a Rakitic, campioni del Real e del Barça, passando per Perisic, gioiello del Wolfsburg. Ne avrebbe dovuto schierare uno anche Conte. «Non sono così presuntuoso da ritenermi diverso da grandi allenatori: il passato insegna che loro non sono riusciti a cambiare Balotelli. Starà al giocatore, ma io non ho tanto tempo, e per certe cose ne serve».
Giusto questa mattina l'ultima parola di Antonio Conte sui problemi di crescita dell'attaccante del Liverpool, in una intervista esclusiva a Raisport che chiude idealmente il cerchio sull''ex leader azzurro Balotelli.
Solo che il ct lo ha chiamato «uno qualsiasi» fin dal primo giorno in cui, lunedì scorso a metà mattinata, il centravanti dei Reds ha rimesso piede a Coverciano. Non era più stato con l'Italia dal 24 giugno scorso, dal pomeriggio dell'eliminazione dal mondiale brasiliano. SuperMario sanno tutti come è fatto. All'Inter, al City, al Milan e ormai anche al Liverpool. Dunque Mourinho, Mancini, Allegri, ovviamente Prandelli e perfino Rodgers. Dall'Uno all'uno qualsiasi. Ecco che si è risentito. Ha sopportato per quattro giorni (nemmeno interi) e se n'è andato. Si è toccato l'inguine. I muscoli non tengono. Meglio abbandonare.
URLA NEL SILENZIO
Balotelli è, insomma, il campione scomparso. Convocato a Coverciano, a quasi 5 mesi dal mondiale e uscito di scena in meno di una settimana. Per l'infiammazione agli adduttori. E per la solita pubalgia. SuperMario, giovedì pomeriggio durante il test contro l'Under 18 (tra l'altro a porte chiuse proprio per evitare che il centravanti finisse nel mirino dei media), si è però arreso anche all'evidenza.
Ultimo degli attaccanti, riserva di Pellè nel tandem di scorta alle spalle dei titolari Immobile e Zaza, quando è entrato per giocare gli ultimi 25 minuti non ha certo dato l'impressione di essere svogliato. Si è messo a correre, cercando l'attenzione di Conte. Improvvisamente si è però fermato. E ha cominciato a camminare. A quel punto il ct ha più volte invaso, urlando, il campo. Per stimolarlo. Niente da fare. Da quel momento il centravanti ha preparato la nuova fuga. Come quella sul pullman, dopo il primo tempo contro l'Uruguay a Natal. Quei 45 minuti sono gli ultimi che ha giocato in azzurro. Chissà se per sempre.
LENTO E FIACCO
Anche perché Conte ha verificato il suo potenziale durante le esercitazioni. Balotelli non lo ha convinto. Fisicamente non ha tenuto: ritmo troppo alto in allenamento. Anarchico nella tattica: al video ha studiato i movimenti. Pochi, ma da fare. E, invece, si è messo in mostra solo con la palla tra i piedi. E statico nella tecnica: ha faticato a calciare velocemente in porta. Come fa Giovinco. Il più piccolo e il più veloce del gruppo.
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