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OSCAR
HOLLYWOOD S’IMPEGNA - I DISCORSI AGLI OSCAR DI QUEST’ANNO ERANO SOCIALI E POLITICI: DIVERSITA’, SLA, PARITA’ SALARIALE, IMMIGRAZIONE, E TUTTI SI COMMUOVONO SUL GOSPEL-RAP DI “GLORY”
Il messicano Iñárritu, regista del pluripremiato “Birdman”, ha dedicato l’Oscar ai compagni messicani. Graham Moore, miglior sceneggiatore per “The Imitation Game”, ha toccato l’audience con un discorso sulla diversità. Laura Poitras, regista di “Citizenfour”, ringrazia Edward Snowden e i giornalisti che rischiano la vota per la verità...
L’87ª edizione della cerimonia degli Oscar è andata avanti a colpi di discorsi, ognuno dei trionfatori ha sposato la sua causa. Sean Penn ha lanciato la palla con una battuta sulla “Green Card” e il messicano Alejandro González Iñárritu, regista del pluripremiato “Birdman”, ha approfittato dell’opportunità per dedicare l’Oscar ai compagni messicani: «A quelli che vivono in Messico...spero che troveremo e costruiremo il governo che ci meritiamo. E a quelli che vivono in questo paese, che appartengono all’ultima generazione di immigrati negli Stati Uniti...prego perché siano trattati con la stessa dignità e rispetto dei loro antenati, che hanno costruito questa splendida nazione di immigrati. Grazie mille».
Jennifer Lopez e Meryl Streep sono letteralmente saltate dalla poltrona quando Patricia Arquette, migliore attrice non protagonista per “Boyhood”, ha chiesto parità di salari per uomini e donne: «A ogni donna che ha partorito ogni contribuente e cittadino di questo paese. Abbiamo lottato per i diritti di tutti gli altri, è arrivato il nostro momento di avere la parità salariale una volta per tutte e uguali diritti per le donne negli Stati Uniti d’America».
Eddie Redmayne ha strappato la statuetta a Michael Keaton come migliore attore per “La teoria del tutto” e ha dichiarato: «Sono pienamente consapevole di essere una persona fortunatissima. Questo Oscar appartiene a tutte le persone nel mondo che combattono contro la SLA. Appartiene una famiglia eccezionale, quella di Stephen Hawking”.
J.K. Simmons ha ricevuto la statuetta per il miglior attore non protagonista in “Whiplash” e ha fatto un appello a tutti i figli: «Chiamate vostro padre e vostra madre. Se siete così fortunati da avere ancora i vostri genitori in vita, chiamateli al telefono, non mandate un messaggio. Telefonate, dite loro che li amate. Ringraziateli e ascoltateli per tutto il tempo che vi vorranno parlare».
Graham Moore, miglior sceneggiatore per “The Imitation Game”, ha toccato l’audience con un discorso sulla diversità. Dopo aver ringraziato il matematico Alan Turing e il cast del film, ha raccontato: «Quando avevo 16 anni ho tentato di uccidermi perché mi sentivo strano, mi sentivo diverso, mi sentivo di non appartenere a niente. Ma ora sono qui. Vorrei dedicare questo momento a quel ragazzo o quella ragazza là fuori che si sentono strani, diversi, che sentono di non essere mai al posto giusto. Voi siete nel posto giusto. Ve lo giuro. Resta strano. Resta diverso. E verrà il tuo turno».
Julianne Moore ha vinto il premio per la miglior attrice protagonista in “Still Alice e ha ricordato i malati di Alzheimer, mentre Laura Poitras, regista di “Citizenfour”, che ha incassato il premio di miglior documentario, ha fatto la sua orazione sul palco: «Le rivelazioni di Edward Snowden ci mostrano che la nostra privacy è minacciata, che la stessa democrazia è minacciata. Quando le decisioni che ci riguardano vengono prese in segreto, perdiamo la possibilità di governarci e controllarci da soli. Ringrazio Snowden per il suo coraggio e tutti i giornalisti che corrono rischi per far emergere la verità».
A contare le lacrime della platea, la performance più toccante in assoluto è stata quella di John Legend e Common in “Glory”, miglior canzone originale per il film “Selma”. Non parole ma canto, gospel misto a rap che si è guadagnato la standing ovation al “Dolby Theatre”.
A STELLE E “STRISCE” - LA STATUETTA DELL’OSCAR COCAINOMANE E’ APPARSA SULL’HOLLYWOOD BOULEVARD PRIMA DELLA CONSEGNA DEI PREMI - E’ LA NUOVA OPERA DI “PLASTIC JESUS”, IL BANKSY DI LOS ANGELES CHE L’ANNO SCORSO MISE UN AGO NEL BRACCIO DEL TROFEO EROINOMANE
Ha dichiarato lo street artist: «E’ così facile trovare coca a Los Angeles che avrei potuto usarne di vera per l’opera. Però non se ne discute. La guerra alla droga costa 40 miliardi di dollari all’anno, e tutto è nascosto sotto al tappeto». Quattro anni fa tappezzò le strade con la scritta: «Basta rendere famosa la gente stupida»...
Jen Yamato per Daily Beast
Prima degli Academy Awards, una statuetta dell’Oscar a grandezza naturale è misteriosamente apparsa sull’Hollywood Boulevard. Era inginocchiata sul tappeto rosso e impegnata a tirare strisce di cocaina, come probabilmente qualche celebrità avrà fatto (in modo forse più discreto) alla cerimonia annuale e all’afterparty.
L’opera è dello street artist Plastic Jesus, considerato il Banksy di Los Angeles, che già lo scorso anno aveva denunciato un problema hollywoodiano di eroina (era appena morto Phillip Seymour Hoffman) mettendo un ago nel braccio del trofeo. Ha dichiarato Plastic Jesus: «Tutti usano cocaina qui. E’ così facile trovarla a Los Angeles che avrei potuto usare cocaina vera per l’opera. Però non se ne discute. La guerra alla droga costa 40 miliardi di dollari all’anno, e tutto è nascosto sotto al tappeto».
La sua identità resta segreta perché la street art è ancora illegale, ma sappiamo che era un fotoreporter: «Come tutti i fotoreporter ero ispirato dai grandi che documentavano la guerra, gente come Robert Capa, ma negli anni i media si sono concentrati sempre più sulle celebrità e su storie usa e getta. E’ raro che si investa sulla qualità». Fu lui, quattro anni fa, a tappezzare le strade di Los Angeles con la scritta: «Basta rendere famosa la gente stupida», criticando anche il pubblico, senza il quale non esisterebbe un simile fenomeno al ribasso.
Le sue opere sono fatte in modo da poter essere assemblate e smontate velocemente, nel caso arrivasse la polizia. L’Oscar cocainomane sarà portato alla galleria “Lab Art” e venduto a 25.000 dollari.
L’UOMO-UCCELLO VOLA SOPRA IL CIELO DI HOLLYWOOD: “BIRDMAN’’ È IL MIGLIOR FILM - 2. UNA PESSIMA NOTTE PER CLINT EASTWOOD (ZERO OSCAR PER “AMERICAN SNIPER”) E PER “BOYHOOD” 3. BOOM! QUARTA STATUETTA PER L’ITALIANA MILENA CANONERO PER I MIGLIORI COSTUMI - -
1. ACADEMY AWARDS, I VINCITORI DEI PREMI OSCAR 2015
- Miglior film: «Birdman» di Alejandro González Iñárritu
- Miglior attrice protagonista: Julianne Moore per «Still Alice»
- Miglior attore protagonista: Eddie Redmayne per «The Theory of Everything»
- Miglior regia: Alejandro Gonzalez Inarritu per «Birdman»
- Miglior sceneggiatura non originale: Graham Moore per «The Imitation Game»
- Miglior sceneggiatura originale: Alejandro G. Iñárritu, Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris Jr. e Armando Bo per « Birdman»
- Miglior colonna sonora: Alexandre Desplat per il film «Grand Budapest Hotel»
- Miglior canzone: «Glory» di John Stephens e Lonnie Lynn nel film Selma
- Miglior documentario: «CitizenFour» di Laura Poitras, Mathilde Bonnefoy e Dirk Wilutzky
- Miglior montaggio: Tom Cross per il film « Whiplash»
- Miglior fotografia: Emmanuel Lubezki per il film Birdman
- Miglior scenografia: Adam Stockhausen e Anna Pinnock per il film «Grand Budapest Hotel»
- Miglior film d’animazione: Don Hall e Chris Williams per il film «Big Hero 6»
- Miglior cortometraggio d’animazione: «Feast» di Patrick Osborne
- Migliori effetti speciali: Paul Franklin, Andrew Lockley, Ian Hunter e Scott Fisher per il film «Interstellar»
- Miglior attrice non protagonista: Patricia Arquette per «Boyhood»
- Miglior sonoro: Alan Robert Murray e Bub Asman per «American Sniper»
- Miglior montaggio: Craig Mann, Ben Wilkins e Thomas Curley per «Whiplash»
-Miglior corto documentario: «Crisis Hotline: Veterans Press 1» di Ellen Goosenberg Kent e Dana Perry
- Miglior corto: «The Phone Call» di Mat Kirkby e James Lucas
- Miglior film straniero: è il film polacco «Ida» diretta da Pawel Pawlikowski
- Miglior trucco: Frances Hannon e Mark Coulier per il «Gran Budapest Hotel»
- Migliori costumi: l’italiana Milena Canonero per il film «Grand Budapest Hotel»
- Miglior attore non protagonista: J.K. Simmons per «Whiplash»
2. PREMI OSCAR 2015, È LA SERATA DI BIRDMAN
Lorenzo Soria per La Stampa
E alla fine ha vinto “Birdman”, dopo “Argo” e dopo “The Artist” per la terza volta in quattro anni i membri giurati della Academy hanno scelto di premiare un film che parla di loro stessi, un film sulla cultura delle celebrità e col quale possono guardarsi allo specchio.
L’edizione numero 87 degli Oscar è stata in particolare un personale trionfo per Alejandro Gonzalez Inarritu, che ha diretto e scritto l’originale e anche tecnicamente complesso film che ha finito la serata con quattro statuette, inclusa quella per la sceneggiatura e per la regia andate personalmente ad Inarritu.
Non c’è stata invece statuetta per il protagonista di “Birdman”, Michael Keaton. L’Oscar per il migliore attore e’ andato infatti a Eddie Redmayne, che in ‘La Teoria del tutto” ha interpretato la parte dell’astrofisico britannico Stephen Hawking. Come ampiamente previsto, migliore attrice e’ risultata invece Julianne Moore, alle prese con le nebbie dell’Alzheimer in “Ancora Alice”.
La cosiddetta grande notte delle stelle e’ stata una gran bella notte anche per “The Grand Budapest Hotel”. Il film di Wes Anderson e’ stato riconosciuto con quattro statuette, una delle quali e’ andata alla nostra costumista Milena Canonero, che cosi’ porta a casa il quarto Oscar della sua onorata carriera.
Ci sono state tre statuette per “Whiplash”, tra cui quella per J.K. Simmons come non protagonista. Migliore attrice non protagonista e’ emersa invece Patricia Arquette, unico Oscar per “Boyhood” , il film di Richard Linklater ha girato nel corso di 12 anni che secondo i pronostici avrebbe dovuto essere il grande rivale di “Birdman”.
Nel ringraziare, Patricia Arquette ha chiesto che le donne in America possano finalmente avere gli stessi compensi e gli stessi diritti degli uomini. Ma il suo e’ stato solo uno dei tanti appelli di una cerimonia molto politica, nella quale molti dei vincitori hanno usato il loro momento sul palco e di fronte a un miliardo di telespettatori sparsi ogni angolo del pianeta per difendere i diritti degli afro-americani, degli immigrati, dei gay. E di tutti quelli che si sentono diversi.
3. MILENA SEI TUTTI NOI!
Michela Tamburrino per La Stampa
Milena Canonero ha fatto centro un’altra volta ed è stata una vittoria, la quarta della sua carriera che lei ha fortemente rincorso. La costumista italiana, che da Torino dove è nata nel 1952 ha conquistato Los Angeles, era candidata per i costumi realizzati in “The Grand Budapest Hotel”. Che le cose si fossero messe in modo da ben sperare lo si è capito appena conquistato il Costume Designers Guild Award 2015, riconoscimento che ogni anno premia i migliori costumisti delle produzioni cinematografiche e televisive.
E beneaugurante deve essere stata anche la festa e gli onori che le sono stati tributati per il film di di Wes Anderson dalla comunità italiana a Los Angeles, con una cerimonia a lei interamente dedicata con tanto di premio dell’Istituto Italiano di Cultura. Come ogni divina che si rispetti l’altra sera Milena Canonero è arrivata in ritardo, come al solito scortata dalle body guard, sempre schiva e fedele al motto di non rilasciare interviste.
“Sono timida” dice la vincitrice. Alla vigilia della cerimonia era già data per favorita nella corsa alla statuetta, tanto da preoccupare i soliti scaramantici che temono le predizioni. Mai così giuste come del resto anche le altre tre volte precedenti l’Oscar è arrivato perché sarebbe stato impossibile altrimenti.
La prima volta fu merito di Stanley Kubrick che le affidò le cure di “Barry Lyndon” con il quale si aggiudicò la sua prima statuetta assieme a Ulla-Britt Soderlund. Hugh Hudson poi le commissionò i costumi di “Momenti di gloria”, storia di due atleti ambientata negli Anni ‘20. Il suo lavoro aiutò il film a trascendere dall’ordinario. E le regalò il suo secondo Oscar. Venne nominata all’Oscar per altre cinque volte con film del calibro di “La mia Africa” o “Dick Tracy” ma la terza statuetta le arriverà quando, nel 2007 l’Academy Award la premierà per il film di Sofia Coppola “Marie Antoniette”.
Adesso la costumista che sta lavorando per Prada a un progetto del quale per ora non vuole parlare, tra l’Italia e Parigi, si gode la vittoria a Los Angeles con suo marito, l’attore Marshall Bell.
Appena ricevuto l’Oscar, emozionatissima ha detto dal palco del Dolby Theatre: “Grazie all’Academy e grazie Wes (Anderson n.d.r.) questo è per te, lo voglio condividere con te. Sei stato di grande ispirazione, sei come un direttore d’orchestra, sei un grande compositore, sei il nostro regista e sei stato il nostro ispiratore. Senza di te non avrei mai potuto farlo. Grazie di quello che hai fatto e per il risultato che hai permesso di ottenere a noi tutti”.
PARE CHE MOLTI DEI 6000 VOTANTI DELL'OSCAR ABBIAMO STORTO IL NASO SUL PREDESTINATO “BOYHOOD”. C'È CHI DICE ‘’BIRDMAN’’. ALTRI AZZARDANO ‘’AMERICAN SNIPER’’ - MICHAEL KEATON: “LA PROVA PIÙ DIFFICILE? ?AVER RECITATO SEMINUDO ?IN PIENA TIME SQUARE”
Il fatto è che quest'anno non c'è fra gli otto film candidati un vero favorito - Keaton: “Ognuno in qualche modo ha il suo Birdman, il tuo ego negativo o quella piccola voce nel tuo cervello che ti critica e ti dice che non ce la farai. O che ti loda più del dovuto”… -
1. OSCAR 2015: DA BIRDMAN A BOYHOOD, TUTTE LE NOMINATION PER SEGUIRE LA NOTTE DI LOS ANGELES
Oscar- i candidati a miglior film
OSCAR- I CANDIDATI A MIGLIOR FILM
Ansa.it
In un primo momento sembrava che i giochi fossero fatti. Boyhood stava vincendo tutti i premi che pavimentano la strada verso gli Oscar, era abbastanza scontato che il film di Richard Linklater girato nei dodici anni di crescita di un ragazzino, avrebbe vinto anche l'Academy Award per il miglior film.
Un paio di giorni fa però i giochi si sono chiusi, le schede sono state consegnate e voci di corridoio raccontano un'altra storia. Pare che molti dei 6000 votanti dell'Academy of Motion Pictures Art Science abbiamo storto il naso, alla fine, additando come troppo semplice un film che ha come unico punto di forza la determinazione di un regista e di un gruppo di attori che per 12 anni sono andati avanti con lo stesso progetto.
A chi potrebbe lasciare dunque il passo Boyhood, se questo alla fine non dovesse farcela? C'è chi dice Birdman, il film di Alejandro G. Inárritu che racconta di un attore sul viale del tramonto, un tema molto caro ai votanti. Altri però azzardano a ipotizzare la vittoria di American Sniper, il film di Clint Eastwood che è riuscito nell'impresa di trasformare un cecchino in un eroe nazionale.
Il fatto è che quest'anno non c'è fra gli otto film candidati un vero favorito (gli altri sono Selma, sulle lotte contro le discriminazioni razziali negli anni Sessanta, La teoria del tutto, biografia del fisico affetto da Sla Stephen Hawking, The imitation game sulla figura di Alan Turing, Gran Budapest Hotel, che vede candidata l'unica italiana in gara, Milena Canonero per i costumi, e Whiplash, storia di un terribile insegnante di musica, emerso dal festival di Toronto). "E il fatto è che non è detto che il film più votato sia quello che alla fine vince." spiega Brian Cullinan di PricewaterhouseCoopers che come ogni anno si occupa di raccogliere i voti, contarli e determinare il vincitore.
Da sei anni a questa parte, infatti, è stato adottato un sistema preferenziale che prevede che, per vincere, il film debba ottenere il 50% delle preferenze, se nessun candidato arriva al 50%, si procederà alla riassegnazione dei voti dopo l'esclusione del film che ha ottenuto il minor numero di preferenze e questo procedimento si ripeterà sino a che un film non raggiungerà la soglia del 50%.
"Un sistema - spiega Cullinan - che garantisce ad ogni votante la massima influenza. Alcuni votano per un solo film, ma se il loro film non vince, quel voto è perso, se indicano invece una lista di preferenze, il loro giudizio continuerà a contare". Tanta premura la dice lunga sull'importanza che può avere una statuetta per le sorti, non solo del film candidato, ma anche della casa di produzione e degli attori che ci hanno lavorato. In passato succedeva che una casa cinematografica imponesse a tutti gli attori sotto contratto di votare per i loro film, non era pratica lecita, ma succedeva e probabilmente succede tuttora. Insomma l'Oscar è un affar serio e vincerlo cambia la vita.
Quest'anno probabilmente avranno la vita cambiata Julianne Moore, che per Still Alice sul dramma dell'Alzhaimer ha vinto tutti i premi minori e con ogni probabilità si porterà a casa anche l'Oscar per la migliore attrice protagonista, J.K.
Simmons e Patricia Arquette, favoriti nella categoria migliore attore e attrice non protagonisti (rispettivamente per Whiplash e Boyhood). Più incertezza regna fra i 5 candidati alla statuetta del migliore attore protagonista, con Eddie Redmayne (La teoria del tutto) e Michael Keaton (Birdman) in leggero vantaggio rispetto a Benedict Cumberbatch (The imitation game), Steve Carell (Foxcatcher) e Bradley Cooper (American Sniper).
Fra i registi i giochi sembrano essere fatti fra Inárritu per Birdman e Linklater per Boyhood. All'Italia, che lo scorso anno aveva portato a casa l'Oscar per il miglior film straniero con La grande bellezza di Paolo Sorrentino, sarà concesso di sperare solo in occasione dell'annuncio della migliore costumista.
Milena Canonero ha comunque molte chance di vittoria. Per i costumi di Grand Budapest Hotel ha vinto intanto il Costume Designers Guild Award 2015, assegnato dai membri del sindacato dei costumisti. Oscar o no, comunque, per tutti ci sarà un premio di consolazione se non importante quanto meno lussuoso: ogni candidato infatti porterà a casa una "goodye bag", una borsa di regali del valore complessivo di 125mila dollari.
Cosa conterrà? Fra il resto, una di lusso vacanza in Toscana, un'astrologa a disposizione per oroscopo personalizzato (20mila dollari), sali del Mediterraneo per 1500 dollari, un buffet di dolci per 800 dollari e un trattamento per il ringiovanimento della vagina, quest'ultimo regalo, naturalmente, solo per le candidate donne.
L'ottantasettesima cerimonia degli Oscar andrà in Onda domenica dal Dolby Theatre di Hollywood e sarà condotta dall'attore di How i met your mother Neal Patrick Harris. In Italia la diretta sarà trasmessa a partire dalle 22.50 su Sky Cinema Oscar.
2. “LA PROVA PIÙ DIFFICILE??AVER RECITATO SEMINUDO?IN PIENA TIME SQUARE”
da la Stampa
Piace sempre ai membri dell’Academy quando c’è di mezzo un film che parla di loro stessi. Basti pensare a due dei vincitori degli ultimi tre anni, The Artist e poi Argo. Questa volta c’è Birdman, la parabola di Alejandro Gonzalez Iñárritu. E c’è Michael Keaton, che un tempo era stato un supereroe con Batman. E che poi era quasi scomparso dalla circolazione.
Insomma, un film che oltre al fattore vanità offre anche quello di una storia che riecheggia quella vera del suo protagonista, per il quale Birdman segna il ritorno sulle scene. E dove un Oscar rappresenterebbe la sua personale riscossa di fronte alle avversità. ?
Michael Keaton, a 63 anni si ritrova all’apice della sua carriera, tra poche ore potrebbe esserci anche un Oscar. Che cosa prova?
«Mi è sempre piaciuto il mio lavoro e a volte ti capitano film belli e a volte film meno belli. Questo è un grande film, non so quante volte l’ho visto e non mi stanco mai. Quanto ai premi che cosa posso dire? Non so come rispondere. Odio la falsa umiltà, ma odio anche quelli che dicono “guarda come sono bravo”. Qualunque cosa dici sbagli, ma certo è lusinghiero sentir parlare del tuo lavoro. E non so che cosa succederà, ma so che tutto quello che è successo in questi mesi è stato molto bello e sono contento di essere parte di un tale film».?
Il suo protagonista si porta dietro il personaggio di Birdman come un’ombra che non lo lascia libero. Ha vissuto emozioni simili dopo «Batman»?
«No, e se fosse altrimenti mi avrebbero dovuto ricoverare! Ma ognuno in qualche modo ha il suo Birdman, il tuo ego negativo o quella piccola voce nel tuo cervello che ti critica e ti dice che non ce la farai. O che ti loda più del dovuto. Ecco, questo è ciò che abbiamo esplorato e io sono semplicemente uno strumento di questa esplorazione».?
Uno studio anche sulla celebrità...?
«Essere celebri porta tanti vantaggi e dovremmo esserne grati. Non sono uno di quelli che si lamentano del peso della celebrità, che vanno in giro a dire quanto sia difficile. Se lo fai nel modo giusto, se vivi una vita semplice non è un peso».?
In una scena memorabile la vediamo semi-nudo in Times Square.?
«E questo prova che in realtà avrei dovuto venire ricoverato! Leggi la sceneggiatura e giri le pagine e ti dici: oh, che bel film. E quando leggi che devi stare nudo in Times Square non ci rifletti. Poi è arrivato il giorno in cui ho dovuto girare semi-nudo e mi sono domandato: com’è che non ci ho pensato prima? Ma era troppo tardi».
[L. SOR.]
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