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la sentenza della vergogna...
UNA SENTENZA CHE FA VOMITARE? - LA CORTE D'APPELLO RIDUCE LA PENA DI PAROLISI A 20 ANNI DI CARCERE: LA CASSAZIONE AVEVA ORDINATO DI RICALCOLARE LA CONDANNA A 30 ANNI, E I GIUDICI HANNO ESCLUSO L'AGGRAVANTE DELLA CRUDELTÀ - 35 COLTELLATE ALLA MOGLIE COSA SAREBBERO? ATTENZIONE PER I DETTAGLI?
Parolisi aveva optato per il rito abbreviato, che gli aveva risparmiato l'ergastolo e aveva portato a una condanna a 30 anni. Ma per la Cassazione andava ricalcolata, e così ha fatto la Corte d'Appello di Perugia: niente aggravanti - La difesa aveva addirittura chiesto le attenuanti, non concesse...
1.MELANIA: PAROLISI CONDANNATO A 20 ANNI
(ANSA) - Venti anni di reclusione sono stati inflitti a Salvatore Parolisi per l'omicidio della moglie Melania Rea dalla Corte d'Assise d'Appello di Perugia che ha ricalcolato la pena dopo la Cassazione. Per l'ex caporalmaggiore, già condannato a 30 anni con l'abbreviato, i giudici hanno escluso l'aggravante della crudeltà. Non concesse le attenuanti.
2.DIFESA PAROLISI CHIEDE 'DOPPIO SCONTO' - ESCLUSIONE AGGRAVANTE E CONCESSIONE ATTENUANTI
(ANSA) - Un "doppio sconto" di pena è stato chiesto dalla difesa di Salvatore Parolisi alla Corte d'Assise d'Appello che deve rivalutare al ribasso la condanna a 30 anni inflittagli per l'omicidio della moglie Melania Rea. In particolare i legali, gli avvocati Nicodemo Gentile e Valter Biscotti, hanno sollecitato l'esclusione dell'aggravante della crudeltà e la concessione delle attenuanti generiche. La sentenza è attesa in mattinata.
salvatore parolisi melania rea
SALVATORE PAROLISI MELANIA REA
Gli avvocati Gentile e Biscotti hanno chiesto per Parolisi una pena "sotto i 20 anni". "Abbiamo sollecitato - ha detto l'avvocato Gentile - il minimo edittale. Una pena giusta, equa". Secondo i difensori dell'ex caporalmaggiore "ci sono poi tutti gli elementi per concedergli le attenuanti generiche come il fatto che sia un giovane, incensurato e militare irreprensibile".
3.MELANIA, QUELLE 35 COLTELLATE NEL BOSCO
Angela Di Pietro per www.iltempo.it del 26 gennaio 2015
Parolisi Melania
PAROLISI MELANIA
Il caporalmaggiore con il passo di un Rambo di provincia, quel Salvatore Parolisi che chattava con i trans facendosi chiamare «Corpo a corpo» e che subito dopo dichiarava amore eterno all’amante Ludovica su Facebook, con il nickname di «Vecio alpino», si gioca l’ultima carta, il 10 febbraio prossimo.
È questa la data fissata per l’inizio del processo in Cassazione che lo vede imputato con l’accusa di aver ammazzato la moglie Carmela Melania Rea, il 18 aprile 2011, con 35 coltellate. Affiancherà i difensori Gentile, Biscotti e Benguardato il noto avvocato cassazionista del Foro di Roma Titta Madia, docente nella Scuola superiore dell’Avvocatura e già legale dell’ex Guardasigilli Clemente Mastella e di sua moglie Sandra Lonardo, che ha accettato l’incarico dopo aver studiato le carte processuali ed aver individuato buoni margini per chiedere ed ottenere un’assoluzione.
parolisi e ludovica
PAROLISI E LUDOVICA
Il ricorso in Cassazione era stato fondato sul fatto che al caporalmaggiore seduttore fosse stato negato dalla Corte di Appello di L’Aquila un processo pubblico ma non è escluso che la Difesa di Parolisi tiri fuori dalla manica qualche rivelazione in grado di sconfessare le due pesanti condanne già subite dall'imputato. Salvatore Parolisi è stato condannato all'ergastolo in Primo Grado (processo celebrato con il rito abbreviato) il 26 ottobre 2012 e poi in Secondo Grado a trent'anni di carcere, il 30 settembre 2013.
L’OMICIDIO DI MELANIA REA
Salvatore Parolisi, militare del 235° Reggimento Piceno, è un ragazzone che indossa occhiali da sole piuttosto appariscenti, che sa di essere un bel tipo e soprattutto che sa dar vita a drammaturgiche arringhe autodifensive. È bugiardo, cronicamente bugiardo e lo ammette. «Sono un bugiardo, ma ciò non significa che io sia un assassino», precisa. Nell’aprile 2008 sposa Melania Rea di Somma Vesuviana, una ragazza senza grilli per la testa, graziosa e tenace e un anno e mezzo dopo diventa padre di una bambina. Ma mentre la moglie cresce psicologicamente man mano che le responsabilità dell’unione aumentano, lui resta il seduttore che è sempre stato.
Forse il matrimonio gli sta stretto, tant’è che perde la testa per un’allieva, Ludovica Perrone ed intreccia con lei una relazione. Viene scoperto dalla moglie (era il 2010) che perdona. Il passo tra la scoperta del tradimento e il perdono non è così breve, sia chiaro: Melania telefona alla sua rivale e le chiede di lasciare in pace il marito. Lui la rassicura: ama lei e solo lei, l’altra l’ha già lasciata. Non è così in realtà. Tutto il contrario: la storia d’amore va avanti tra mail appassionate, incontri fugaci e il progetto di costruire insieme una nuova famiglia. Parolisi dice all’amante che i termini della separazione da sua moglie sono già stati discussi, con Melania.
Questione di tempo e quel matrimonio sarà solo un ricordo. Pochi giorni prima della morte di Melania i due amanti decidono di passare insieme le feste di Pasqua ad Amalfi, dove Salvatore conoscerà i futuri suoceri. La Perrone ha già prenotato le camere in un albergo della costiera amalfitana. «Cascasse il mondo, a Pasqua sarò con te», giura lui, piegando le labbra in una smorfia che le telecamere imperaranno a conoscere. Il mondo casca davvero, perché il 18 aprile 2011, lui e l’ignara moglie, insieme alla figlioletta di un anno e mezzo, si dirigono da Folignano (dove vivono) verso Colle San Marco, per portare la figlia alle giostre. Le telecamere di un supermercato li avevano ripresi entrambi, quella mattina. Lei sembrava furente, lo sguardo serio, accigliato. Lui la distanziava, muto, con in braccio la bimba. Nel pomeriggio, intorno alle 14,30, decidono di fare una passeggiata in collina.
Lui racconterà: «Siamo arrivati a Colle San Marco e Melania mi ha detto di dover andare in bagno, in uno chalet vicino. Le ho chiesto di portarmi un caffé, mentre intanto facevo giocare la piccola sull’altalena». Ma Melania non torna, secondo il racconto del marito. Alle 15, 25 lui dice di essersi allarmato e inizia a cercarla, poi chiama le forze dell’ordine. Il corpo di Melania Rea, grazie ad una telefonata anonima, sarà trovato straziato da 35 coltellate nel bosco di Ripe di Civitella, l’anello di fidanzamento gettato ad una ventina di metri. La donna è morta dissanguata. Quel bosco, a 18 km. da Colle San Marco, è a due passi dalle Casermette, dove vanno a sparare i militari. Tre mesi dopo, il 29 giugno, il marito viene indagato. Il 19 luglio arrestato. Lui si professa innocente. Piange e si dispera, in televisione. La famiglia di Melania, che fino ad allora lo ha difeso pubblicamente, prende le distanze.
PERCHÉ È COLPEVOLE
Ha un movente solido: voleva lasciare la moglie, ma aveva paura di perdere il gruzzolo ricco guadagnato andando in missione all’estero. L’amante incalzava e minacciava di lasciarlo: lui si trovava in un imbuto dal quale non riusciva ad uscire. Il giorno del delitto lui dice di essere stato tutto il tempo a Colle San Marco con la figlia mentre Melania andava in uno chalet vicino.
Ma nessuno lo vede, in realtà. Fotogrammi ed immagini d quei momenti parlano chiaro: lui non sta facendo andare sull’altalena la figlia. Dunque per l’Accusa, lui porta la moglie a Ripe, lei si abbassa i pantaloni per fare pipì. Hanno litigato, forse hanno parlato di separazione. Lui ha premeditato tutto: s’è portato dietro il cambio dei vestiti. La uccide, butta in un cassonetto i vestiti sporchi di sangue e torna al Parco San Marco. Ci sono i tempi, c’è il movente e ci sono le bugie. Tutto quadra.
PERCHÉ È INNOCENTE
Gli innocentisti non credono che la relazione con Ludovica Perrone sia un movente. E non credono che lui possa aver ucciso, essersi ripulito per bene ed essersi disfatto degli abiti (Ma dove? Li ha sepolti? Di quanto tempo avrebbe avuto bisogno per farlo?) e quindi aver iniziato la sua recita. Dicono ancora: troppo pericoloso uccidere la moglie davanti alla figlia, che se si fosse svegliata, avrebbe potuto capire qualcosa. Gli avvocati difensori di Parolisi infine, in vista della Cassazione, preparano l’offensiva: l’impronta della scarpa di un militare (fra il numero 37 e il 39) intrisa del sangue di Melania, trovata a pochi passi dal cadavere.
Secondo i loro periti non può che appartenere all’assassino: forse una donna. Di più: i segni lasciati sulle gambe della vittima qualificati dalla perizia come «striature a linee parallele da sovrapposizione» con alta probabilità non sono riconducibili alla cerniera del giacchetto indossato da Melania. Secondo i periti della Difesa potrebbero appartenere all’assassino, ma non a Parolisi.
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