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SHORT tempi breve
Con la proiezione del corto “La fondue” di Enzo Caiazzo, si è conclusa la minirassegna “SHORT il tempo breve” nata su iniziativa del Progetto Culturale della Diocesi di Nola in collaborazione con l’Associazione Napoli Cultural Classic .
Articolata in tre momenti, la minirassegna si è sviluppata in altre due proiezioni :“Un soffio” di Filippo Gili e “Black mamba” di Gilles Rocca.
Sotto l’attenta regia del Vicario Generale don Lino D’Onofrio, i filmati sono stati proposti a un pubblico qualificato e numeroso accolto nel Salone dei Medaglioni della Curia Vescovile in Nola,
nei mercoledì 10, 17 e 24 febbraio, creando un interessante appuntamento culturale .
Ogni incontro si è pregiato della presenza di regista e attori che hanno illustrato ai presenti motivazioni e percorsi con conseguente dibattito.
“Gli incontri, rivolti alla città, hanno lo scopo” si legge sul biglietto d’invito “di riflettere sulla brevità che non è a scapito della profondità quando,con linguaggi serrati ed efficaci, si è nel tempo.”
Tempo breve, dunque, e per ciascun filmato, il prof. D’Onofrio ha proposto una chiave di lettura in ordine al significato che si può attribuire all’idea di “Abitare il tempo”.
Abitare il tempo equivale a vivere tra i ticchettii degli “orologi molli” che si deformano lasciando sciogliere le ore, scorrere i minuti, precipitare i secondi, sotto la spinta delle piccole lance incastrate nel meccanismo perverso del non ritorno, ma nel tempo ci è dato reagire, ricordare e intuire, da protagonisti consapevoli, nella misura in cui si decida di esserlo.
In “Black mamba” di Gilles Rocca, che ha dato il via agli appuntamenti, si susseguono agghiaccianti sequenze a opera di un “ branco” che usa violenza alle donne sotto la spinta dell’atavico bisogno di cacciare una preda e straziarla per affermare il proprio dominio.
Viene offesa la coppia che il violentatore non è in grado di creare e la donna è punita nel suo diritto di scegliere in autonomia e libertà quando oppone un rifiuto ad approcci istintivi e triviali.
Amorale e asociale, il branco spadroneggia il “suo” tempo, lo umilia, lo deturpa e se lo ritrova trafitto e agonizzante , deprivato della libertà di scandire altri momenti di orrore.
Alla denuncia viene affidato il messaggio: abitare il tempo è reagire.
Parlare della violenza contro le donne, taciuta in passato perché accettata come inevitabile in un contesto di superiorità maschile, è indice del grado di civiltà di un popolo che ne prende atto quale azione aberrante e vile e si dispone a combatterla con tutte le sue armi, dalla pubblica denuncia alla promulgazione di leggi che salvaguardino il diritto a un’esistenza senza paura.
Ci son voluti secoli perché le donne acquisissero, dal canto loro, consapevolezza dei propri diritti e a monte di tale presa di coscienza c’è sempre stato l’esempio di altre donne che hanno anticipato i tempi trasmettendo messaggi e affermando principi.
“Essere donne è una scuola di sangue” sosteneva la scrittrice e giornalista italiana Oriana Fallaci che come tante altre presenze femminili del nostro Paese ha dato esempio di forza e coraggio ed è per questo che, a conclusione del primo incontro, le è stato dedicato un monologo dall’attore Ivan Boragine, sensibile interprete che ha procurato forti emozioni.
In “Un soffio” di Filippo Gili coppie amiche si riuniscono per cena: si mangia e si parla e…non si pensa, in particolare alla bimba parcheggiata nella stanza accanto tra giocattoli predisposti a colmarle spazio e tempo perché se ne stia buona e non dia fastidio.
Tanti palloncini sono stati gonfiati e ora giacciono in fondo alla cassa-casa-lettone-pancione di mamma in cui la bimba vorrebbe sentirsi naturalmente accolta. Un salto e la cassa-casa-lettone-pancione di mamma diventa una bara. Distrazione, superficialità e desiderio inconsapevole di sottrarsi per un po’ alle responsabilità si amalgamano, ma giusto in tempo per rotolare lungo la china dell’orrore al momento della scoperta.
La bambina non respira più, ma poi, quanto è avvenuto si rivela un flash back e si scopre che ella è sopravvissuta e con lei si sono salvati gli adulti, dalla condanna al rimorso.
Abitare il tempo è ricordare, per non sbagliare ancora, si spera.
In “La fondue” di Enzo Caiazzo ancora un incontro conviviale: ancora una tavola imbandita e tante parole tese a riempire, più che nutrire, quattro commensali- intellettuali che dissertano occupando gli spazi di tempo tra un boccone e l’altro. Attingono allo stesso recipiente-calderone del loro tempo; mangiano la stessa pietanza epocale; cadono nelle stesse pastoie e si perdono in un bicchiere di vino.
Parlano di religione e scienza, di guerra e razze, arroccati nelle loro convinzioni. Il popolo non siede al tavolo: ha il compito di servire e le sue mani sono quelle di una serva, cieca perché il popolo non vede, schiacciato dalle tenebre dell’ignoranza; silenziosa perché il popolo ignorante non ha parola.
La serva procede a tentoni contando i passi che la separano da ambienti di lavoro in cui un uomo scrive a macchina e un altro rilega libri. La serva inciampa, i fogli dattiloscritti, che ella porta al rilegatore, cadono e un foglio rimane dimenticato sul pavimento.
Ecco: il tomo 1900 è stato assemblato, ma…cosa di quel secolo è andato perduto? Cosa non si è visto? Quale tassello non è stato raccolto ?
Abitare il tempo è intuire, anche ciò che non si vede.
Incentrato su una tematica specifica opportunamente sintetizzata in momenti rappresentativi, il corto ha peculiarità tali da calamitare l’attenzione dello spettatore lungo il breve percorso in attesa dell’epilogo, tanto più incisivo quanto più sollecita la riflessione .
I tre corto della minirassegna hanno assolto pienamente la loro funzione grazie agli eccellenti interpreti e agli encomiabili registi e, per restare sul tema degli incontri conviviali, il pubblico ha espresso il desiderio di essere invitato ancora, perché al tavolo della cultura non ci si stanca mai di sostare. Particolarmente gradita è stata l’opportunità concessa di visitare l’attiguo Museo, guidati dalla dott.Tonia Solpietro che ha fornito ai presenti dettagliate informazioni sui reperti, con ammirevoli padronanza e garbo.
Un grazie particolare va al prof. D’Onofrio che ha curato anche la stesura di schede di arricchimento relative alle tematiche trattate, senza lasciare nulla al caso.
Ci si augura: alla prossima.
Anna Bruno