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Le Madonne di Rosita Una rinnovata iconografia popolare interpretata da Rosita Caiazzo

apr 8, 2025 0 comments

 

Le Madonne di Rosita

Una rinnovata iconografia popolare interpretata da Rosita Caiazzo

 


 
La Mostra dal titolo “Le Madonne di Rosita” organizzata dall’Associazione NapoliEventi, si terrà dal 10 Aprile al 27 Maggio 2025, presso la Chiesa Sant’Angelo a Segno, sita in Via dei Tribunali 45, gestita dall’Associazione Partenart, Napoli.

 


L’esposizione ha come tema le Madonne decorate dall’artigiana Rosita Caiazzo che, nelle opere esposte, rinnova l’iconografia popolare e la reinterpreta. Il fine è quello di divulgare cultura ed arte e, contemporaneamente, raccogliere fondi per Restaurare la Chiesa.

 


L’organizzazione è affidata alla manager esperta di turismo e cultura Maria De Pompeis, che, con la sua associazione culturale, cercherà innanzitutto di raccogliere fondi per il restauro di questo tempio di Dio in pieno centro storico, e di pubblicizzare la mostra in tutta la città e sui canali social affinché, le opere dell’artista Rosita Caiazzo, possano essere ammirate da un pubblico sempre più ampio.

 Il lavoro dell’artista nasce da anni di ricerca sulle immagini di religiosità domestica: “i Santini Grandi” su carta esposti per devozione nelle case come da tradizione popolare, sono completate, reinterpretate e arricchite con monili di perle di fiume, cristallo di rocca, corallo, turchese ed onice.

 Le Madonne di Rosita celebrano una femminilità ancestrale e profonda, fuoco generatore della vita, nutrice di quella stessa vita, simbolo di rifugio e speranza, conforto ed aiuto nel difficile cammino che è la vita.

 La Madonna è una presenza silenziosa e serena, una mano che accarezza e guida in un mondo in continuo cambiamento.

 


Le Madonne ornate con monili realizzati con la tecnica di Rosita: la tecnica a Baguettes

 

 La unicità di queste Madonne sta nel fatto che sono ornate da manufatti realizzati con la tecnica di Rosita a Baguettes che consiste nel montare insieme piccoli bastoncini, prima creati singolarmente, poi legati tra loro. Insieme e agganciati gli uni agli altri, creeranno la struttura portante dei gioielli.

 

Rosita Caiazzo, classe ’74, diplomata al liceo artistico di Napoli e all’Istituto d’ Arte in oreficeria e fusione di metalli, laureata in Pittura all’Accademia di Belle Arti, capisce, quindi, fin da subito che la sua strada è quella dell’arte. Fa il suo esordio in questo mondo come pittrice, con svariate esposizioni in importanti gallerie.

Attratta dal mondo della moda, però, presto si trasferisce a Milano dove collabora con il fratello Massimo, noto color consultant/designer, e affronta un interessante apprendistato sulle tecniche di realizzazione dei gioielli.

Viaggi in Cina, Stati Uniti, Messico, Nepal, nonché lo studio di gioielli e ornamenti dell’antichità, hanno ulteriormente arricchito la sua ispirazione e dato nuova linfa ai suoi manufatti, caratterizzati dalla luminosità e dalla mediterraneità di colori e materiali.

I gioielli sono esposti, stabilmente, all’interno del singolare ‘laboratorio-atelier-salotto’ di Rosita Caiazzo, nel centro storico di Mirabella Eclano (AV), punto d’incontro dove non si va solo per acquistare, ma anche semplicemente per intrattenersi e chiacchierare sorseggiando un tè o un caffè. E’ in questo luogo Entrando nell’Atelier di Rosita Caiazzo, napoletana di origine e trapiantata da trent’anni a Mirabella Eclano, sembra di calarsi in un’altra epoca: oggetti antichi, vestiti d’houte couture, gioielli semipreziosi, istallazioni artistiche, oggetti di arredo e ambienti da favola.

Si è colpiti, immediatamente, da Vetri di Murano, cristalli di rocca, conchiglie, Swarovski, da pietre preziose, coralli finissimi, turchesi, da elementi e finiture d’oro e d’argento.

Materiali, questi, che diventano pezzi unici, perfetti per le donne che vogliono distinguersi, non solo per l’accurata scelta dei dettagli, ma anche per la fantasia dei colori e la varietà della scelta.

È questa la cifra stilistica di Rosita Gioielli: collane, orecchini, anelli realizzati con la tecnica della baguette, dove le pietre non sono inserite in una base appositamente traforata (tranne che per il cristallo), ma sono legate tra loro grazie a un’intelaiatura di perline di Murano, infilate per creare dei “bastoncini”.

E’, da questo atelier, che partono le sue Madonne, per la prima volta esposte al pubblico: una collezione che riassume più di venti anni di lavoro e che, finalmente, potrà essere ammirata dal pubblico che visiterà l’esposizione in via dei Tribunali.



La Chiesa Sant’Angelo a Segno

 La Chiesetta, che ospita la mostra è stata fondata certamente in età ducale, accanto all'antico Seggio detto di Montagna.

 


La Chiesetta sulle immagini cartografiche antiche appare inserita tra l'edificio nuovo del Seggio, realizzato nel 1419 e il portico detto de' Barbati, le cui tracce sono ancora visibili.

 Il Seggio detto di Montagna o di Somma piazza, perché posto nella parte alta della Città era detto anche de Francini, perché la antica sede era presso le case di questa famiglia e fu definitivamente stabilito tra via San Paolo e la chiesa di Sant'Angelo "ad signum".

 La storia scolpita nel marmo, attualmente sistemato in cima alla scalinata accanto all'ingresso della chiesetta, contiene imprecisioni cronologiche ed agiografiche, giustificabili per la scarsa conoscenza nel XVI secolo della storia. Bartolommeo Capasso (1815-1900), nella sua ricostruzione planimetrica di Napoli nel periodo greco-romano, pone la porta detta Ventosa, a sud presso il mare, al termine di un corridoio difensivo ricavato nella murazione, collegata alla porta detta Puteolana, aperta dalla parte alta del decumano medio, nell'area della attuale piazza San Domenico Maggiore, attraverso un tratto di un cardine parzialmente ridisegnato, l'attuale strada di Mezzocannone.

I napoletani guidati da un tal Giacomo della Marra, ricacciarono i "saraceni" verso il mare grazie all'intervento inaspettato, insperato, improvviso dell'Arcangelo Michele apparso nel luogo dove già esisteva la chiesetta e dove poi, sull'ingresso fu posta, la lapide che ricorda l'evento, probabilmente nei primi anni del ‘600. Un tempio, dunque, che ricorda la cacciata degli invasori dalla città a opera del suo difensore, il santo Agnello. La chiesa venne detta “a segno” per ricordare il chiodo di bronzo affisso nel marmo, posto a testimoniare il limite massimo dell’espansione dei Longobardi in città. 

In questa chiesetta, chiusa per anni nel suo degrado ed oggi invece parzialmente restaurata, il 2 dicembre 1699 furono celebrate le nozze tra Giambattista Vico e Caterina Destito, matrimonio da cui nacquero otto figli. Lo scopo della mostra, dunque, è quello raccogliere fondi per continuare il restauro di questo piccolo gioiello nel cuore pulsante del centro storico.

 

 

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