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Il Grande Buio non è semplicemente uno spettacolo, ma un dispositivo teatrale che mira a scuotere lo spettatore

nov 30, 2025 0 comments

 DIETRO LE QUINTE – Il Grande Buio: anatomia di un successo annunciato

Firenze – Teatro Reims, 22 e 23 novembre 2025.

Due serate con il pubblico entusiasta conferma ciò che si era intuito già dalle prime prove: Il Grande Buio non è semplicemente uno spettacolo, ma un’esperienza, un dispositivo teatrale pensato per attraversare lo spettatore, non per intrattenerlo. E la macchina che lo rende possibile ha un nome che la critica fiorentina ha subito riconosciuto, puntando i riflettori su un cast di grande qualità: i giovani protagonisti Raffaella Afeltra e Giovan Battista Lillo Odoardi, affiancati da Teresa Flor Castellani, Andrea Vangelisti, Diego Nancioni e Alessia Cristiani.


Il clima di lavoro è stato sorprendentemente rigoroso e profondamente umano. Dietro le quinte del Reims si respirava un’atmosfera da bottega d’arte: un laboratorio in movimento, come devono essere i processi vivi. Gli attori hanno affrontato prove intense, talvolta spiazzanti, spesso condotte nel buio quasi totale.

Non si è trattato di un espediente estetico, ma di un vero metodo: togliere il conforto della vista per lasciar emergere ritmo, ascolto, la fragilità dei personaggi. Un modo di lavorare che richiama i grandi maestri del Novecento, ma con una sensibilità profondamente contemporanea.



La regia di Igor Maltagliati, anche autore del testo, è stata una presenza costante e discreta. Maltagliati osserva, parla poco, interviene solo quando serve davvero. La scrittura del testo è la base di tutto, ma il cuore pulsante dello spettacolo nasce dal dialogo stretto tra autore e attori: una sinergia che permette ai corpi di “ascoltare il respiro dell’altro”, di calibrare intensità, di costruire un clima di fiducia reale, dove osare diventa naturale.

Un episodio in particolare rivela lo spirito del progetto. Una delle scene centrali, la confessione corale, sembrava non trovare forma: la sincronia faticava a emergere, la tensione restava sospesa, le emozioni non fluivano. La svolta è arrivata quasi per caso, da un momento di “disordine guidato”, quando il regista ha chiesto alla compagnia di provare la scena come fosse una parodia.



Ed è lì che la verità è arrivata, limpida: tolta la solennità di facciata, è emersa una fragilità autentica. Da quel momento la scena ha trovato il suo tono definitivo. Un episodio che racchiude la filosofia dell’intero lavoro: la verità nasce quando il controllo riesce a convivere con il caos, non quando lo soffoca.

Il debutto è stato accolto con entusiasmo dal pubblico fiorentino, che ha reagito con un’intensità palpabile: sospiri trattenuti, silenzi densi, emozioni che si muovevano in platea come onde.

La stampa locale ha sottolineato soprattutto la forza dell’ensemble, rara in produzioni indipendenti, la qualità della recitazione corale, la profondità poetica del testo e l’eccellente interpretazione del cast.








 




 

Il verdetto complessivo è stato chiaro e convinto: Il Grande Buio è uno spettacolo che chiede presenza e restituisce una densità emotiva rara nel teatro di oggi. Dietro le quinte, ciò che colpisce non è solo la precisione del lavoro tecnico, pur notevole, ma la serietà dell’approccio. La compagnia ha costruito questo spettacolo con un’attenzione che è prima di tutto etica, prima che estetica. In un’epoca di velocità e di contenuti spesso effimeri, questa potrebbe essere la vera rivoluzione. Non sorprende, quindi, che il successo fiorentino abbia già superato i confini della città: i diritti sono stati acquistati per una futura versione filmica americana.

La poetica e lo sguardo di Maltagliati

Il lavoro di Igor Maltagliati si muove su un crinale particolare, dove la poesia dell’assurdo incontra una forte sensibilità per ciò che abita l’interiorità umana. Le sue opere oscillano costantemente tra realtà e visione, tra un’ironia talvolta feroce e momenti di dramma profondo. È un autore che ama indagare le zone d’ombra dell’animo, usando strumenti come il grottesco, il contrasto, la deformazione satirica, sempre però con un senso etico e una ricerca di significato che attraversano ogni scena.

Il suo teatro e il suo cinema non cercano mai la “bella forma” fine a se stessa: per Maltagliati la regia e la scrittura sono dispositivi vivi, pensati per mettere lo spettatore in movimento, per spingerlo verso domande che non sempre confortano.

Alcuni lavori significativi

Nel suo percorso figurano tanto film quanto testi teatrali.

Per il cinema, uno dei titoli più noti è Tutto liscio! (2019), mentre tra le sue opere precedenti si distingue La banalità del crimine (2018).

A teatro ha firmato diverse pièces, tra cui Le Tre Muse, Tequila e naturalmente Il Grande Buio, che oggi prende nuova vita sulla scena.

Da ricordare anche il mockumentary Il mistero di Lovecraft – Road to L. (2005), un’opera singolare che gioca con l’ipotesi di un viaggio di Lovecraft in Italia, tra suggestioni letterarie e atmosfere del Delta del Po.

Perché proprio lui per Il Grande Buio

Maltagliati ha una capacità rara: quella di affrontare materiali potenti, talvolta oscuri o destabilizzanti, senza farli scivolare nella pura provocazione. Nei suoi spettacoli la tensione drammatica resta sempre intrecciata a una riflessione più ampia, che dà un forte senso alla fragilità umana.

Per questo il suo nome ricorre spesso in progetti coraggiosi, opere che cercano non solo di raccontare ma di scavare, di far emergere ciò che dMaltagliati ha una capacità rara: quella di affrontare materiali potenti, talvolta oscuri o destabilizzanti, senza farli scivolare nella pura provocazione. Nei suoi spettacoli la tensione drammatica resta sempre intrecciata a una riflessione più ampia, che dà un forte senso alla fragilità umana.

Per questo il suo nome ricorre spesso in progetti coraggiosi, opere che cercano non solo di raccontare ma di scavare, di far emergere ciò che di solito resta taciuto.


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