La stagione della Filarmonica continua lunedì 27 marzo, alle ore 20 al Teatro alla Scala, con il concerto diretto da Gianandrea Noseda. La pianista portoghese Maria João Pires, la cui ultima apparizione con la Filarmonica risale al 2015, è interprete del Concerto n. 9 in mi bemolle maggiore Jeunehomme di Wolfgang Amadeus Mozart. Nella seconda parte del concerto Noseda dirige la fantasia per orchestra di Sergej Rachmaninov La Roccia (Utyos) op. 7 e la Terza Suite da L’oiseau de feu di Igor Stravinskij.
Sabato 25 marzo alle ore 10 è in programma la Prova Aperta
a favore della Fondazione Sicomoro per l’Istruzione Onlus, impegnata
nella ri-scolarizzazione di studenti delle scuole medie non frequentanti
o a elevato rischio di abbandono.
Sempre più presente sul podio della Filarmonica, Gianandrea Noseda, tra i
principali direttori della sua generazione, ha ricevuto l’Oper! Magazine Award come “Miglior direttore d’orchestra del 2022” per la sua interpretazione della prime due giornate del Ring wagneriano all’Opernhaus Zürich, di cui è Direttore Musicale.
Il Maestro tornerà anche nella prossima stagione su invito della
Filarmonica della Scala alla testa della National Symphony Orchestra di
Washington di cui è direttore musicale. L’orchestra è ospite del
cartellone 2024.
Maria João Pires è tra le icone del pianismo internazionale e, nel corso
della sua lunga carriera, è diventata una specialista della musica di
Mozart, della quale ci ha regalato interpretazioni che hanno fatto la
storia del repertorio. Con la raffinatezza del suo pianismo padroneggia
quel versatile dialogo tra solista e orchestra che tanto caratterizza i
concerti mozartiani; di volta in volta è canto principale, voce fuori
campo o pronta interlocutrice, come accade all’inizio del Concerto n. 9 Jeunehomme.
La roccia di Rachmaninov e L’oiseau de feu di
Stravinskij appartengono allo stesso mondo poetico fatto di viaggi
notturni, sogni a occhi aperti e paesaggi rivelatori. Entrambi sono
dedicati a un Rimskij-Korsakov – la prima al padre Nikolai, il secondo
al figlio Andrej – ed entrambi seguono le tracce di un racconto russo.
Rachmaninov trascrive sull’autografo della partitura i primi versi di
una poesia di Michail Lermontov – «Pernottava la nuvola d’oro/sul petto
del gigante roccioso» – e si lascia ispirare dal racconto notturno di
Anton Čechov Sosta durante un viaggio. Stravinskij mette in musica la magica favola russa dell’Uccello di fuoco.
Scrive Paolo Gallarati nelle note di sala: «La partitura presenta una
serie di brevi episodi che suggeriscono, con straordinaria efficacia
figurativa, ambienti, situazioni, personaggi, in una sorta di continuità
cinematografica. Stravinskij ha imparato da Rimskij-Korsakov l’arte di
un’orchestrazione raffinatissima, baluginante di colori, con effetti
fantasmagorici e visionari di accecante evidenza, alternati a tratti
vigorosamente ritmici, memori dello stile coltivato dalla scuola
nazionale russa, ricordi di Musorgskij, in particolare quello dei Quadri di una esposizione,
suggestioni wagneriane e debussyane, riferimenti al cromatismo di
Skrjabin e al canto popolare russo. È l’Ottocento fiabesco che trova in
questa fantasmagoria stilistica, segnata da un’impronta fortemente
personale, un’altra delle sue espressioni più tipiche, unita a momenti
che fanno presagire lo Stravinskij futuro e barbarico di Petruška e della Sagra della primavera».
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