Il
film di Matteo Garrone "Io Capitano" ha vinto il Leone d'Argento per la
miglior regia all'80esima edizione della Biennale di Venezia. E' nelle
sale di tutti i cinema d'Italia e come per qualsiasi cosa della vita
lascia a noi la scelta di lasciarsi scoprire oppure no.
Un’Odissea contemporanea attraverso le insidie del deserto, gli orrori
dei centri di detenzione in Libia e i pericoli del mare, vissuta
attraverso gli occhi di Seydou e Moussa, due giovani che lasciano Dakar
per raggiungere l’Europa.
Scegliendo di vedere quel film si è si consapevoli del tema ma non
veramente di quello che ci aspetta a livello emotivo, esattamente come i
due ragazzi protagonisti.
Una volta partito il viaggio, su quella comoda poltrona dove tu,
spettatore, non rischi nulla, se non un spietata presa di coscienza, non
hai scampo, devi rimanere fino alla fine.
Anche tu, che provi quel dolore che non vuoi provare o percepisci quella
verità che non vuoi sapere, esattamente come loro, desideri solo
arrivare fino alla fine, perché anche tu devi capire, perché indietro
non puoi e non devi tornare.
E qui entra in gioco tutta la bravura di Matteo Garrone nel costruire un
personaggio e mandarlo nel mondo alla ricerca di sé stesso e del
proprio io: che si narri di un tolettatore di cani, un burattino di
legno o di due migranti senegalesi, mette in scena personaggi che
commuovono per come cercano se stessi e rivendicano per sé il diritto di
dire IO.
Uscendo da quella sala, trattenendo a stento le lacrime, uno squarcio allo stomaco è arrivato passando accanto a uno Starbucks.
Una ragazza si avvicinava a me tenendo in mano un caffè ricoperto da una
succulente panna montata che a fatica rimaneva in equilibro su quel
bicchierone, perché tutto, da questa parte del mare, deve essere
eccessivo, smisurato.
In quell'immagine ho rivisto tutta la nostra inconsapevolezza,
edulcorata da una glassa talmente ingombrante che ci cola sulle mani.
E allora ben vengano film cosi potenti ed emozionanti, fiabeschi e
struggenti, come "Io Capitano", anche solo per accendere un lumicino
nella nostra coscienza.
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