Samad (Mehdi Meskar) ce l'ha fatta. Ha pagato il suo conto con la giustizia e ora ha un lavoro, una nuova vita. Padre Agostino (Roberto Citran), suo amico e mentore, lo invita in carcere perché possa essere di ispirazione per i suoi compagni, come esempio di reinserimento, perché possa raccontare la nuova vita da uomo libero. Ma è la giornata sbagliata: una rissa fa esplodere la rabbia e il risentimento dei detenuti, che decidono di barricarsi nella biblioteca del carcere. Samad si troverà a dover scegliere chi essere: musulmano o cristiano, complice oppure ostaggio.
Il film (girato in sole quattro settimane, un po' in un carcere piacentino e un po' in un carcere ricostruito nel sottoscala di una scuola) è un film di finzione – nessuna vicenda autobiografica ne è alla base – che affronta la tematica dell' identità religiosa, dell'apostasia, della libertà di scelta, a partire da quella religiosa, toccando nervi scoperti della nostra identità e muovendosi in tutte quelle zone d'ombra fatte di stereotipi, luoghi comuni che alimentano il fondamentalismo religioso, per arrivare poi, nel finale del film, a interrogarsi su quanto oggi siamo realmente liberi di scegliere la nostra vita e nella nostra vita.
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