Mariano ci racconti di Lei, chi è Mariano Rotondo come persona?
Un adolescente con i capelli brizzolati ai lati. Il giovane interiore emerge in ogni ambito della mia vita. Quando bisogna fare “cose da adulto” sono sofferente. Sono papà di due figli e spesso – probabilmente sbagliando – confondo il ruolo con quello di amico. Il più grande ha quasi 13 anni ed ha praticamente raggiunto l’età in cui mi sono fermato in coscienza. Sono un inguaribile romantico e credo che una risata ed una pacca sulla spalla possano ancora cambiare il mondo. Raramente riesco ad essere serio, ed il lavoro è uno di quei momenti. La mia professione parla di gente vera, concreta, non mi perdono ancora oggi delle storie che ho raccontato e che hanno portato dolore anche a chi non lo meritava. Ma è il mio “mestieraccio”.
Come nasce la sua passione per la poesia?
Non ricordo la mia vita senza la passione per la poesia. Da bambino già scrivevo qualcosa in rima, ed il mio papà ne andava così fiero che metteva quel quadernone sotto al braccio per leggere i versi a nonna ed alle zie. Questa raccolta è dedicata a lui, a lui che in vita ho trascurato troppo, almeno fino a quando ha raggiunto la terza età. Ma è stata la persona che credeva in me più di tutti. Anche lui era un sognatore.
Come si passa da scrivere da giornalista e direttore di un giornale online, nello specifico “Il FattoVesuviano” a scrivere poesie ?
Non si passa, ma si stacca. Il lavoro di giornalista porta via molte ore ogni giorno, anche nei festivi e durante le vacanze. Scrivere versi occupa pochi minuti. Spesso è uno sfogo di nervi, un modo per urlare il dolore. Come le sfuriate che cominciano e si spengono in fretta ma che lasciano talvolta segni indelebili.
Quali sono i poeti e gli scrittori dai quali si sente maggiormente influenzato o da cui trae ispirazione?
In materia di metrica e stile sono piuttosto ignorante, butto giù di pancia. In alcune fasi mi sono lasciato influenzare molto da Baudelaire, ma avrei voluto avere la capacità di sintesi di Ungaretti. Eduardo De Filippo è l’uomo che mi sarebbe piaciuto essere.
Ci parli di questa sua prima raccolta "Scrive l'uomo sbagliato: emozioni parassite in versi".
Quasi una mera soddisfazione personale, un modo per dire: “Sto facendo qualcosa di diverso”, perché alla fine le mie esperienze e le mie emozioni possono non avere alcun significato per il lettore. Ma sentivo il bisogno di superare l’imbarazzo che i miei scritti possono suscitarmi. Invogliato anche dalla famiglia, ho trovato il coraggio di superare l’animo tiepido. Perché alla fine divento pavido quando scelgo di fare qualcosa soltanto per me. Sono infatti iperprotettivo e tendo costantemente a voler risolvere i problemi degli altri come fossi un padre. Ed anche questo è un errore.
Lei parla di emozioni parassite dopo aver fatto un percorso terapeutico, ci spieghi meglio.
A lungo mi sono ritrovato a dover gestire gli attacchi di rabbia, riuscendo con fatica a contenere il nervosismo. Grazie alla psicoterapia con il dottor Carmine Raia ho compreso che la mia non era “rabbia pura”, ma frustrazione, tristezza, paura che - per motivi incancreniti – la mia essenza leggeva, e talvolta ancora legge, in questa strana modalità.
Quali poesie nella raccolta ha sentito più vicino alla sua sensibilità.
Come dicevo sono un inguaribile romantico, e sono convinto di provare un “amore speciale”, oltre la media, per mia moglie. “Comme staje ogg’” credo sia quella più vicina a descrivere ciò che provo: quella alchimia tra sentimento e anima perennemente in pena. Poi “Ovunque io vada” è il disegno perfetto, personale, di come intravedo la società in alcuni momenti di profondo scoramento.
Che messaggio e che possibilità dà oggi il mondo della scrittura ai giovani autori in un settore in perenne cambiamento, ormai assorbito dalla rete? C’è spazio in Italia per giovani scrittori, poeti e autori talentuosi ?
Per il talento c’è sempre spazio. Per la scrittura e per i libri anche. Dico solo che bisogna continuare a coltivare la propria passione, anche se poi tutto resterà in un cassetto o in un file. Se è destino il treno arriverà: potrebbe essere un piccolo e lento regionale o, chissà, anche un velocissimo convoglio dell’alta velocità.
Il rapporto con la sua città Natale
Di profondo amore, pur riconoscendone le enormi contraddizioni. A mio figlio dico sempre che mi sarebbe piaciuto essere uno degli eroi delle Quattro Giornate di Napoli. Come affermare, estremizzando, che metterei a repentaglio persino la vita per quel paradiso che è la mia città.
I suoi prossimi impegni.
Per adesso mi tengo stretta questa raccolta che è un po’ come un figlio. Purtroppo – o forse per fortuna – non sono stato mai bravo a fare programmi a lungo termine. Nei discorsi vado a braccio, per i progetti costruisco una spina dorsale e mi fido dell’istinto quando avverto i cambiamenti, provando a “leggere la partita”.
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