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Il regista Luca Buzzi Reschini : "Penso che la fortuna più grande sia stata vedere registi che mi hanno dato un grande riferimento su come gestire un set,."

ott 2, 2025 0 comments

Luca ci racconti di Lei, chi è Luca Buzzi Reschini come persona?

Sono un ragazzo dei trent’anni che viene da Viggiù, nella provincia di Varese. Mi piace dedicarmi con passione a ciò che scelgo di fare, amo la collaborazione e apprezzo anche la solitudine. Un pomeriggio a un campetto di basket mi rigenera, come anche le pagine di un buon romanzo.



Come nasce la sua passione per il cinema?

I film mi hanno sempre fatto compagnia e insegnato molto. Poi, per il mio sedicesimo compleanno, mio fratello Simone mi ha regalato il libro “Scriviamo un film” di Age. Quel momento ha aperto la porta verso tutto il mondo che c’era dietro la creazione delle storie e delle immagini da cui ero così fortemente affascinato.

Come convive il ruolo di regista con quello di sceneggiatore?

Lo sceneggiatore è riflessivo, a volte troppo, e cerca di costruisce con attenzione una base di partenza. Spesso scrivo da solo, ma è più divertente farlo con altri. In quel gesto a volte solitario, c’è tutto il tempo che ti vuoi dare (più o meno). Il regista quel tempo spesso non ce l’ha, ma ha la fortuna di avere una continua collaborazione con tutti quelli che partecipano al film. In me il regista è quello che si diverte di più, le sfide e i continui stimoli danno energia indispensabile a realizzare la visione iniziale.





Ci parli del suo cortometraggio “ Oro e contanti ”, che ha vinto al festival CineCi’ CortiCulturalClassic 2025 il premio come miglior regia.

È stato un cortometraggio con un lungo percorso. Ci ho messo anni prima di trovare i fondi e le persone giuste con cui realizzarlo. I personaggi mi hanno sempre accompagnato e sono cresciuti insieme a me, per quanto la storia parli di ragazzi che si rifiutano di accettare le proprie responsabilità. La realizzazione è stata un’esperienza stupenda, in cui ho scoperto come gestire il tono di una narrazione che vuole giocare con il limite tra la commedia e il drammatico. Ho avuto la fortuna di avere grandi collaboratori e collaboratrici, che hanno elevato il risultato finale.




Lei ha debuttato giovanissimo e con autori del calibro di Von Groeningen, Joe Wright, e Wes Anderson. Collaborazioni importanti, cosa ricorda di quel periodo.

Il regista è un mestiere molto particolare, difficile da insegnare se non hai la possibilità di metterti alla prova. Non ho avuto la fortuna di avere un maestro vero e proprio che mi ha fatto scuola, ma ho invece avuto la fortuna di vedere da vicini grandi professionisti all’opera. Si ruba con gli occhi, sempre. Quando guardi un film e quando lo fai. Penso che la fortuna più grande sia stata vedere registi che mi hanno dato un grande riferimento su come gestire un set, agire con professionalità ed efficacia, cercando di mantenere sempre la componente umana sul luogo di lavoro. Qualche piccola tecnica ho provato a farla mia, ma la vera voce è quella che si sviluppa quando torni a casa e riporti la testa sulle tue idee.




Quali sono i registi dai quali si sente maggiormente influenzato o da cui trae ispirazione?

Sono grande amante di un certo tipo di cinema italiano degli anni settanta e di registi come Francesco Rosi e soprattutto Elio Petri. Per me sono il riferimento su come creare film che affrontino temi incredibilmente seri e complessi, pur non perdendo una sperimentazione nel tono e sfruttando ogni singolo strumento del linguaggio audiovisivo per creare un’esperienza artistica immersiva e anche di intrattenimento. Sono molto influenzato anche dal regista americano Paul Thomas Anderson e dalla regista inglese Andrea Arnold.

Da regista quali sono i personaggi che ha portato sul grande schermo ed ha sentito più vicino alla sua sensibilità.

Ancora sono pochi, ma posso dire che sento sempre una grande empatia con i personaggi che inseguono un sogno aldilà delle loro possibilità.


Che messaggio e che possibilità dà oggi il mondo della cinema e del teatro ai giovani artisti in un settore in crisi e in perenne cambiamento e ormai assorbito dalla rete?

Purtroppo le possibilità sono poche. La rete è solo uno dei problemi e non quello più preoccupante a mio avviso. Dobbiamo cercare di far sì che la cultura non venga abbandonata dalle istituzioni e che si creino prospettivi per i giovani che vogliono seguire un percorso artistico. Il cinema in particolare è una macchina molto complessa, che richiede tanti mezzi. A volte il messaggio che arriva dal mondo del cinema può portare a scoraggiare chi ci si affaccia. Serve perseveranza e pazienza, ma soprattutto la passione anche per i film degli altri, quelli che ci fanno credere un po’ più forte nelle possibilità di questo mezzo espressivo.




I suoi impegni futuri

Continuerò a collaborare su altri progetti, ma nel frattempo ho in cantiere un altro cortometraggio e continuo a scrivere soggetti di lungometraggi, che spero a breve diventeranno concreti. Sicuramente guarderò tanti bei film.






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