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L'attore e autore Danilo Napoli: " ..voglio scrivere e recitare, senza dover scegliere tra le due cose.."

ott 3, 2023 0 comments

Danilo  ci racconti di Lei, chi è  Danilo Napoli come persona?

Questa è senza dubbio la domanda più difficile, benché sia solo la prima! Non perché io sia complicato o speciale, ma perché è sempre difficile riassumere in poche parole che persona si è. Io posso dire di identificarmi quasi del tutto con il mio lavoro. La mia mente pensa tutto il giorno al teatro, alla scrittura, a come fare per migliorarsi. Ecco, forse così potrei definirmi: un inguaribile studente, sempre insoddisfatto di quel che fa, sempre proiettato verso la possibilità di poter fare di più. E poi sono un inguaribile sognatore, il che mi rende distratto e sbadato come poche persone al mondo. Potrei scrivere un libro con tutte le figuracce che faccio! Mi definisco anche un giocherellone (ho difficoltà a rimanere serio per più di dieci minuti) e a volte cinico, amante di uno humour dark (che metto anche nei miei testi).



Come nasce la sua passione per la  recitazione?

Nasce a sedici anni, totalmente per caso. Ero il pagliaccio della classe, facevo imitazioni dei professori. Una mia compagna recitava in una compagnia amatoriale in una chiesa del mio quartiere. Avevano bisogno di un ultimo attore per una parte e lei pensò a me. Accettai con la spensieratezza dell’adolescenza, per vedere cosa sarebbe successo. Non avevo idea di quanto mi avrebbe folgorato quell’esperienza, tanto da decidere, qualche anno dopo, che sarebbe diventata la mia professione. 

Come si passa da laureato  in scienze della comunicazione allo studio sulla drammaturgia ?

In teoria le due cose non sarebbero collegate, visto che non si studia drammaturgia a Scienze della Comunicazione. In pratica, però, la facoltà mi ha fatto scoprire la semiotica, materia che mi ha appassionato da subito. In particolare la semiotica della narrazione (che era solo una parte del programma del corso). Cominciai a studiare le strutture narrative e quindi la scrittura, soprattutto di romanzi, visto che ho sempre divorato vagonate di libri. Poi feci qualche esperienza di studio di sceneggiatura e, infine, coniugai la passione per la scrittura con quella del teatro.



Quali sono gli artisti dai quali si sente maggiormente influenzato o da cui trae ispirazione?

Io sono un attore e autore, perciò non posso non amare follemente Eduardo De Filippo, simbolo della nostra cultura. Per lui la scrittura e la recitazione erano imprescindibili, come due gemelli siamesi. Ed è così che mi sento anch’io: voglio scrivere e recitare, senza dover scegliere tra le due cose. Voglio mettere in scena i miei testi, proprio come faceva Eduardo.

Come giovane attore quali sono i personaggi che ha portato in scena ed ha sentito più vicino alla sua sensibilità.

Come attore direi sicuramente il personaggio di Ferdinando dell’omonimo spettacolo scritto da Annibale Ruccello, che ho portato in scena nel 2017 con la regia di Antonietta Barcellona (che in quell’occasione interpretava anche Donna Clotilde), insieme a Stefania Autuori e il compianto Piero Pepe, finissimo interprete. Ferdinando è un personaggio che nasconde un dualismo molto caratterizzante, che mi ha permesso di liberare la punta di narcisismo che caratterizza tutti gli attori. Poi, sicuramente, anche Martino, dell’omonimo cortometraggio di Luigi Di Domenico, con il quale abbiamo vinto molti premi internazionali e io, personalmente, diversi riconoscimenti come miglior attore. Martino è un personaggio che soffre dentro, che è costretto a fare determinate cose perché la vita sembra non dargli possibilità di scelta.

Preferisce il cinema o il teatro?

A queste due aggiungerei una terza opzione, ovvero il doppiaggio, siccome da poco ho cominciato a lavorare anche in questo campo. Mi piacciono tutte e tre le arti allo stesso modo e per motivi diversi: il doppiaggio è un lavoro sia di tecnica ma di rispetto (rispetto per l’interpretazione dell’attore che si doppia), e questo è un lato che mi affascina; quanto riesci a cogliere della sua interpretazione? Quanto sei empatico? Il cinema ha un occhio penetrante, quello della telecamera, che ti scava dentro. Ma il teatro… beh, non me ne vogliano le altre due mie “figlie”, ma il teatro è la mia vita. E’ l’origine di quel che sono ed è la strada che percorro con maggiore sicurezza. Se guardassi in una sfera di cristallo, sono certo che vedrei me stesso su un palcoscenico che mette in scena uno dei propri testi.

Preferisce scrivere  o recitare..

Beh, è una domanda cattiva! E’ come chiedere a un bambino se ama di più la mamma o il papà. Non c’è risposta a questa domanda. Fa tutto parte di me, come un unicum. Io sono attore e autore. Certo, a volte, quando scrivo, mi sento tranquillo, in pace, e penso che è quel che vorrei fare per sempre. Ma poi, quando sono sul palco, mi accorgo che non c’è altro posto in cui vorrei essere. Ed è sempre così, ogni volta, come una ruota.

Che messaggio e che possibilità dà oggi il mondo della cultura ai giovani artisti in  un settore  in continuo cambiamento come il teatro, cinema e la televisione ormai assorbite dalla rete?  C’è spazio in Italia per giovani artisti talentuosi ?

A questa domanda rispondo con un cinico: no! Non c’è molto spazio per il talento in un mondo in cui si preferisce il Tiktoker o lo Youtuber di turno che “portano gente” o che “fanno audience”. Il talento e la preparazione, ormai, mi sembra, sono appannaggio solo degli addetti ai lavori. Se pensiamo che molti cantanti o influencer vengono messi a doppiare (senza aver mai recitato prima)… Se è vero che internet ci ha aperto dei mondi di possibilità lavorative (io stesso lavoro spesso fuori dalla mia regione proprio grazie ad opportunità trovate sul web), ha anche fatto sì che la popolarità e non il talento sia al comando dell’industria culturale. Forse, il teatro è il luogo meno contaminato da questo “virus” (anche se non del tutto incontaminato, si capisce): sul palco non puoi imbrogliare in nessun modo.

Il rapporto con la sua città Natale .

Salerno la amo e la odio. La amo perché è oggettivamente bellissima, a tratti magica. Perché è tranquilla, a misura d’uomo, c’è il mare e la montagna, è nel mezzo delle due costiere (amalfitana e cilentana). Ma a volte la odio, soprattutto per quanto riguarda il mio mestiere. Ormai, io non faccio più lo scritturato nella mia città: vogliono farti lavorare quasi gratis, o con le prove non retribuite. Mi è anche capitato che un sedicente produttore mi abbia detto che mi stava facendo un favore a farmi recitare in quel suo musical e che quindi non dovevo lamentarmi del mancato pagamento. Un altro pretendeva che noi attori montassimo le scenografie (come se fossimo dei tecnici, con tanto di martelli e trapani), dopo aver fatto quasi trenta prove che non sono state retribuite. Allora, mi sono detto, vado fuori, lavoro fuori. E così ho fatto, collezionando esperienze di livello più alto rispetto a quelle salernitane e trattamenti da artista, come deve essere: solo quest’anno sono stato in Trentino con la compagnia RaumTraum, a Grosseto con Anima Scenica, a L’Aquila con TeatroZeta… Salerno non è un posto per me, in quanto scritturato. Ma è la mia città, in cui ci sono i miei affetti, perciò i debutti degli spettacoli che scrivo e metto in scena sono sempre salernitani. Altra cosa: a Salerno i teatri o sono per i grandi nomi (ai quali gli sconosciuti a livello nazionale non possono accedervi) oppure per le compagnie amatoriali (e che cercano prevalentemente questo tipo di compagnie). I giovani professionisti trovano poco spazio per fare il proprio mestiere, motivo per cui o cominci a fare un lavoro più stabile oppure sei costretto ad andare via, o almeno a lavorare fuori per alcuni periodi di tempo. Ho detto “poco spazio” e non “nessuno spazio” perché qualche posto che guarda alle giovani compagnie professionali che fanno nuova drammaturgia c’è, ma sono delle mosche bianche in una città che avrebbe del potenziale per fare di più ma che si accontenta della mediocrità, molto spesso spacciandola per eccellenza.

I suoi prossimi impegni.

Ho diversi progetti in cantiere, anche se è un periodo di attesa. Sto lavorando come ghostwriter a un romanzo, ho concluso un monologo che sta partecipando a diversi concorsi di drammaturgia, sono stato selezionato per il prestigioso laboratorio Dramma Lab, tenuto da Mario Gelardi e sostenuto dal Ministero della Cultura, sto partecipando a diverse masterclass di doppiaggio, oltre a qualche turno per cui mi hanno chiamato, anche a seguito del contratto di doppiaggio che ho vinto al Dubbing Glamour Festival (a proposito, usciranno a novembre dei film su Netflix in cui doppio dei piccoli personaggi), sto rimettendo in scena la mia commedia “Uomini, uominicchi e umanoidi”, che potrete vedere, per ora, il 29 ottobre al Teatro Madrearte di Villaricca e che rappresenterò anche per alcune scolaresche, partirà un laboratorio di teatro che terrò insieme ad Antonietta Barcellona con Vitruvio Academy (una realtà strepitosa di formazione culturale a Salerno), e poi… E poi si attende, che è quello che gli attori devono saper fare meglio (anche se, per quanto mi riguarda, mi risulta difficile). E mentre si attende, si studia: canto, doppiaggio, recitazione, scrittura.



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