a cura di Assunta Spedicato
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"Per la mia capacità infantile di meravigliarmi ancora...
dico spesso di essere un bambino
incastrato in un corpo di un uomo"
Il teatro vissuto in tanti ruoli: sul palcoscenico e dietro le quinte. Cosa l'ha spinta a dedicarsi anche alla scrittura?
Ho iniziato a fare teatro all'età di tredici anni, frequentando la mia prima scuola di recitazione, e mentre apprendevo i miei primi rudimenti sull'arte dell'attore, mi rendevo conto di essere attratto in modo particolare dal testo e dalla regia.
Ho cominciato a scrivere molto presto ed il regalo per la festa dei miei diciotto anni è stato il pagamento della quota associativa per l'iscrizione alla SIAE, avvenuta sette giorni dopo il mio compleanno.
La scrittura è diventata un luogo nel quale sento l'esigenza di tornare. Sono un uomo che ama sentire la vita, guardare le cose che la circondano e tutto quello che respiro feconda dentro di me, generando idee, storie, personaggi.
La scrittura è una necessità, un bisogno, ed è per questo che scrivo.
Tra i suoi vari interessi qual è quello che più la gratifica?
Mi interessa ascoltare, conoscere, scoprire, sperimentare. Dico spesso di essere un bambino incastrato in un corpo di un uomo, per la mia capacità infantile di meravigliarmi ancora. Mi piace ascoltare le vite degli altri, cercare di ascoltare i sentimenti di chi mi sta davanti, immergermi in contesti storici e sociali che non mi appartengono. Mi interessano gli esseri umani nelle loro contraddittorietà, nelle loro fragilità. Mi piace scoprire quel punto di rottura presente in ognuno di noi, che di colpo ti obbliga ad abbassare la maschera, e presentarti per quello che sei. Cerco di scoprire gli altri, e attraverso gli altri scopro ogni volta una parte di me.
In una delle sue ultime interviste ha dichiarato che vive Roma e Napoli come se fosse una il quartiere dell'altra. Pensa che nel prossimo futuro ci sarà un altro quartiere da aggiungere alla sua città ideale?
La mia città ideale è composta da montagne, mare, una laguna, laghi e tanti quartieri.
Nella parte più alta ci sono le tre cime di Lavaredo, a valle si adagia Cortina d’Ampezzo, ed il suo Corso Italia. Girando lo sguardo verso le colline, si possono vedere la Certosa di San Martino ed il Pincio, con sotto il lago di Misurina ed Erice. Al centro di questa città ideale ci sono il quartiere milanese di Brera, i portici di Bologna, il quartiere Giardini di Venezia, Trastevere e San Saba. Scendendo verso sud, i quartieri Spagnoli e via dei Mille, via dei Tribunali e via Chiaia, la piazza di Noto, il porto di Castellammare del Golfo, una strada che riunisca le case più belle di Ortigia e i tramonti di Pantelleria. In un quartiere a parte creerei un agglomerato di Dammusi, dai quali si possano vedere in un solo colpo d’occhio Cala Gadir, il lago di Venere e l’arco dell’elefante. In tutto questo coacervo di strade, piazze e panorami, c’è un quartiere al centro di questa città ideale dove collocherei la mia casa, ed è Covent Garden, con tutti i suoi teatri. A fianco alla mia casa metterei il Tamigi, con una piccola imbarcazione, sulla quale ogni mattina salire per farmi trasportare a Little Venice, facendo tappa a Camden Town per il fish & chips di Poppys e nel pomeriggio scendere verso Portobello Road e Notting Hill. La sera sarebbe la volta di Leicester Square per acquistare i biglietti del Musical del momento.
Chiedo troppo?
Per vivere Napoli ha dovuto apprenderne la lingua. Quanto tempo le è servito per apprezzarne tutte le sfumature? Di cos'altro poi ha avuto bisogno per rendere efficace un testo scritto in lingua napoletana, e per giunta in un dialetto parlato negli anni '40?
La ricerca linguistica e storiografia è stata, oserei dire, capillare. Sentivo il bisogno di non tradire una lingua straordinaria come il napoletano soltanto perché non è la mia lingua. Quindi l’attenzione è stata massima. Inutile dire che la collaborazione di amici e storici della lingua napoletana è stata fondamentale. È stata una ferma volontà inoltre quella di non scrivere in italiano e poi tradurre il testo in napoletano, perché studiando, amando e apprezzando questa straordinaria lingua, ci si rende conto che molto spesso diventa intraducibile. Il napoletano è una lingua con una musicalità ed una potenza espressiva che raramente la lingua italiana riesce a restituire.
Il Testo Teatrale ALLUCCAMM, da noi premiato al XVI° Premio Letterario NCC, è stato portato in scena con successo. Durante la stesura, aveva già in mente gli attori a cui affidare le parti di Jolanda e Dolores?
La parte di Dolores è stata scritta per Andrea Fiorillo, amico e stimatissimo attore in altre mie produzioni. La parte di Jolanda invece è stata scritta pensando a costruire un personaggio che fungesse da contrasto alla parte di Dolores, sono stati fatti dei provini, e la scelta è ricaduta su Mauro Collina, attore con grande energia e doti espressive.
Quali tra gli altri suoi lavori ha già portato in scena?
I testi che ho scritto sono oramai tanti, quaranta in totale. E su quaranta ho avuto la fortuna di portarne in scena trentanove. Faccio una gran fatica a scrivere senza una progettualità, la data di un debutto, quindi ogni volta che ho messo mano ad un testo sapevo anticipatamente quando e dove avrebbe debuttato. Per citare i miei testi rappresentati a Napoli, oltre “Alluccamm”, “06-05-38” testo liberamente inspirato a Una giornata particolare di Ettore Scola, “God save the King” musical sulla vita di Freddie Mercury presso l’ex base Nato di Bagnoli, “Gianni Rodari, un’intuizione fantastica” con Franco Oppini al Teatro Sancarluccio e “Ad occhi chiusi” presso il Teatro Tram.
Con ALLUCCAMM, che è grido alla libertà, ha reso pubblica una verità finora sconosciuta ai più: il ruolo decisivo dei femminielli nelle quattro giornate di Napoli. Chi l'ha aiutata nella fase di documentazione?
La storia delle Quattro giornate di Napoli ha sempre alimentato la mia fantasia fin dai tempi della scuola. Sul tema delle Quattro giornate è presente un’abbondante documentazione che ho avuto modo di analizzare e studiare per comprendere appieno il momento storico. Grande aiuto per me è stato poter intervistare, conoscere di persona, chi è ad oggi testimone, anche se non diretto, prossimo degli accadimenti di quelle quattro straordinarie giornate.
Come crede che sarebbero visti oggi quei femminielli in un contesto diverso da quello partenopeo?
Napoli è una città inclusiva, che accoglie, che sa farti sentire a casa, senza discriminazioni, senza differenze di ceto o di pelle, di sessualità o inclinazioni religiose.
Credo che la rivoluzione delle Quattro giornate a cui i femminielli hanno partecipato dando un considerevole contributo alla liberazione, sia la meravigliosa dimostrazione che l’unione fa la forza. In un momento storico come il nostro, in cui la parola unione sembra essere dimenticata dal vocabolario, dando invece rilevanza a parole come distanziamento, esilio, allontanamento, respingimento, mi fa affermare senza ombra di dubbio che i femminielli ora come allora, al di fuori dei confini partenopei, avrebbero avuto vita difficile.
Al momento si sta godendo il meritato successo di ALLUCCAMM, ma un talento creativo come il suo starà già incamerando idee per un prossimo lavoro. Se la sente di anticiparci qualcosa?
Le produzioni per questa stagione teatrale sono numerose. Sta per debuttare a Roma il mio nuovo testo “Nonostante tutto Mia”, sulla vita di Mia Martini, è in preparazione la ripresa di “Ad occhi chiusi”, che tornerà a Napoli sempre con Andrea Fiorillo, e sempre “Ad occhi chiusi” nella stagione 2022 si appresta a debuttare in una tournée internazionale, ad opera di una produzione estera. Infine, sempre nella stagione 2022, sarò impegnato a Napoli nella realizzazione dello spettacolo “Gabrielle”, la vita di Cocò Chanel, con Caterina De Santis.
Un ringraziamento all'autore che speriamo di poter applaudire al più presto.
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