La lezione della Biennale in Guinea-Bissau
In questo periodo, navigare il mondo dell’arte come professionista è una prova costante. La tensione tra il desiderio di realizzare progetti significativi, che celebrino e valorizzino il talento degli artisti, si scontra molto spesso con la concreta necessità di un sostegno economico.
Nella mia costante ricerca di ispirazioni e nuove prospettive, mi sono imbattuta nella straordinaria storia riportata dal New York Times della nascita della prima Biennale d’Arte in Guinea-Bissau. Questa vicenda mi ha fatto comprendere come le barriere più grandi risiedano nelle nostre convinzioni limitanti e, soprattutto, come la collaborazione e l’unità di intenti siano sempre foriere di successo.
Ma procediamo con ordine. Ci troviamo nel cuore di Bissau, capitale della Guinea-Bissau.
In una nazione che lotta con l’instabilità politica e le frequenti interruzioni di corrente, dove le gallerie d’arte e le scuole specializzate sono un miraggio, e persino un semplice negozio per incorniciare un’opera d’arte è un lusso, cinque artisti hanno deciso di sfidare ogni pronostico.
Con una determinazione incrollabile, hanno trasformato un’apparente impossibilità nel debutto della prima Biennale d’arte del Paese, MoAC Biss, inaugurata il 1° maggio e programmata per illuminare la scena culturale fino alla fine del mese.
La genesi di MoAC Biss Biennale affonda le radici in un’esigenza sentita profondamente: promuovere l’arte guineana contemporanea superando le note difficoltà logistiche, politiche e sociali. L’obiettivo è ambizioso e necessario: organizzare eventi culturali che nutrano il talento locale, formare nuove generazioni di artisti, stimolare dibattiti pubblici e, soprattutto, proiettare la Guinea-Bissau su un palcoscenico internazionale come epicentro di eventi culturali di rilievo.
Come ha sottolineato con forza Nu Barreto, uno dei curatori, la Biennale nasce dalla consapevolezza che è tempo di agire, di non restare inerti di fronte alla mancanza di infrastrutture artistiche. MoAC Biss è un atto di resilienza culturale, un motore per incoraggiare la produzione artistica in ogni sua forma, per tessere connessioni vitali tra gli artisti guineani – sia quelli che operano nel paese che quelli della diaspora – e per aprirsi al dialogo con la comunità artistica internazionale. Un altro obiettivo cruciale è avviare un processo di recupero e valorizzazione del patrimonio artistico locale, gettando le basi per lo sviluppo di istituzioni museali dedicate all’arte moderna e contemporanea in Guinea-Bissau.
La visione di Barreto si estende oltre i confini delle arti visive: la Biennale è concepita come una piattaforma multidisciplinare. “Sappiamo quali sono le sfide per gli scrittori, i pittori, gli artisti e i teatri e i ballerini, ed è per questo che abbiamo detto, OK, iniziamo!”, ha spiegato, sottolineando la volontà di abbracciare l’intera ricchezza espressiva del paese.
Non è sfuggita agli organizzatori l’ironia di lanciare un’iniziativa culturale così ambiziosa in un contesto segnato dall’instabilità politica e dalle carenze infrastrutturali. Tuttavia, come ha saggiamente osservato Antonio Spencer Embaló, curatore delle conferenze e delle politiche pubbliche, proprio queste difficoltà diventano un terreno fertile.
La Biennale diventa così non solo una celebrazione dell’arte, ma anche un simbolo di tenacia e di speranza in un futuro più stabile e culturalmente vivace.
La scelta strategica di programmare MoAC Biss in un anno off rispetto alla Biennale di Dakar testimonia una visione collaborativa piuttosto che competitiva. La presenza di Ousseynou Wade, direttore di lunga data della Biennale di Dakar, all’inaugurazione di Bissau sottolinea questa sinergia.
Wade ha evidenziato la natura intrinsecamente diversa delle due manifestazioni: “La Biennale di Dakar è stata un’iniziativa del governo. Questa a Bissau è stata un’iniziativa indipendente.” Il fatto che MoAC Biss non abbia ricevuto finanziamenti dal governo della Guinea-Bissau quest’anno è un elemento cruciale che ne sottolinea l’autonomia e la forza intrinseca. “Questo è importante, non solo per la Guinea-Bissau, ma è importante nella geografia delle arti nel continente africano, affinché le aree del continente si sviluppino”, ha aggiunto Wade, riconoscendo il potenziale di Bissau come nuovo polo culturale emergente.
Le biennali, come ha giustamente osservato Wade, hanno il potere di abbattere le barriere linguistiche e culturali, creando spazi di incontro e di scambio fondamentali per la crescita e la comprensione reciproca nel continente africano e oltre.
È fondamentale ribadire che la creazione di una Biennale in un contesto così complesso e senza il sostegno di finanziamenti pubblici è un’impresa titanica che richiede un impegno straordinario da parte di tutti: organizzatori, collaboratori e partner logistici. La Fondazione MoAC Biss guarda al futuro con la determinazione di costruire ponti con le altre biennali del mondo e di coltivare collaborazioni con istituzioni culturali, enti pubblici, corpi diplomatici, organizzazioni private e non governative in Guinea-Bissau, accogliendo con apertura risorse finanziarie, tecniche, materiali e logistiche.
La tenacia di questi cinque artisti e il loro incrollabile desiderio di superare ogni ostacolo rappresentano un potente messaggio: l’arte e la cultura possono fiorire anche dove le condizioni sembrano più avverse, illuminando il cammino verso un futuro di maggiori opportunità e di ricchezza culturale.
Non solo per la Guinea-Bissau e per l’intero continente africano, ma per ogni angolo del pianeta in cui l’ingegno umano, animato dalla passione, si fa strada tra le avversità, dimostrando che la resilienza creativa è un motore inesauribile di progresso e bellezza.
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