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Ainda estou aqui è una storia “urgente”

set 2, 2024 0 comments

 LA VISIONE DI “AINDA ESTOU AQUI”, FILM POLITICO E GRANDE RITRATTO DELLA BORGHESIA ILLUMINATA DI RIO E SAN PAOLO DI WALTER SALLES,HA FATTO PIANGERE GRAN PARTE DEI CRITICI CHE LO HANNO TRATTATO COME QUALCOSA CHE DAVVERO MANCAVA A QUESTA MOSTRA DEL CINEMA - 


La pellicola in concorso alla Mostra del Cinema 2024 è tratta dal romanzo di Marcelo Rubens Paiva


Il mare, nel film “Ainda estou aqui” in concorso a Venezia 81, l’acqua delle spiagge di Rio dona libertà, soprattutto se siamo negli anni 70 e non è facile averla dal momento che fuori per le strade c’è la dittatura. Una storia molto potente quella messa in scena dal regista Walter Salles, che pone lo spettatore davanti a problematiche ancora spaventosamente attuali.

LA TRAMA DEL FILM

Brasile, 1971: un paese nella morsa sempre più stretta della dittatura militare. Qui vive una famiglia numerosa, che prova ad andare avanti con serenità nonostante fuori dalla loro quiete domestica si celi l'esercito. Le notizie drammatiche arrivano soltanto dalla radio o dalla tv e apparentemente non sembrano riguardare le vicende quotidiane dei personaggi. Un giorno però il destino bussa alla loro porta e la bolla di vetro in cui tutti loro vivevano viene frantumata. Al centro di questa storia, tratta dal romanzo omonimo di Marcelo Rubens Paiva, c’è una madre costretta a reinventarsi per sopravvivere e mantenere la stabilità al nucleo familiare. La forza del sorriso, vero e proprio atto politico e di resistenza. In"Ainda estou aqui” c’è una scena dove un fotografo che deve immortale la famiglia (senza padre) per il giornale locale si oppone alla felicità dei loro volti che con naturalezza ridono senza vergogna. “L’editore chiede dei volti più seri” ribadisce lui più di una volta. Ma la madre assieme ai suoi figli non gli danno ascolto, sfoggiando dei volti sereni e sorridenti. É questo uno dei momenti più potenti della pellicola che è arrivata oggi qui a lido, conquistando il cuore e la mente. Ancora una volta una pagina della storia passata che forse potrebbe essere riscritta anche oggi. Qui però non c’è il conflitto mondiale o il razzismo americano, qui siamo a Rio De Janeiro nel bel mezzo della dittatura brasiliana, che tra il 1964 e il 1985 ha perpetrato atti violenti su dissidenti e oppositori. “Ho avuto la percezione che il film non si stesse rivolgendo agli anni 70 ma alla situazione reale che girava intorno alle riprese” ha ammesso il regista in conferenza stampa. Uno sguardo tenero che si posa sulle atrocità.  Spiazza e consola, riscalda il cuore ma allo stesso tempo ci getta davanti alla crudeltà senza mezzi termini. Una pellicola che pone anche grande importanza alla memoria passata, come qualcosa da non dimenticare oggi e da riannodare sempre e comunque per non perdere la bussola nel futuro. Un film di dettagli, valorizzati e raccontati per dare profondità alla narrazione, ricordandoci come è dalla cura della minuzia che si crea l’affresco più grande.

Rubens Paiva era un ingegnere civile e un politico che, come membro del Congresso presso la Camera dei Deputati brasiliana, si oppose all’attuazione di una dittatura militare in Brasile nel 1968. A causa del suo coinvolgimento in attività sovversive, fu arrestato dalle forze militari e successivamente torturato e assassinato. La sua storia è stata raccontata in Ainda estou aqui scritto da suo figlio Marcelo Rubens Paiva ed è diventata un film con lo stesso titolo, presentato in Concorso alla 81° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia. A dirigere il brasiliano Walter Salles, che torna dietro alla macchina da presa dopo 12 anni da On the Road, altro adattamento dal famoso romanzo di Jack Kerouac.

Per Salles una storia urgente da raccontare, dal momento che negli anni di gestazione la politica del Brasile è tornata a costeggiare lo spettro della dittatura militare. L’evocazione della tragedia dei desaparecidos viene esposta qui dal punto di vista di chi invece è rimasto. Solo, senza una spiegazione, nel dubbio, senza un corpo da piangere. Una madre con cinque figli che, mentre elabora la perdita deve darsi da fare per consentire alla sua famiglia di sopravvivere al tremendo lutto.


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