SI PUÒ ESSERE AMOREVOLMENTE LESBICA, OSSERVANTE MUSULMANA E CALCIATRICE? SI. MA CON TANTA FATICA. COME DIMOSTRA FATIMA DAAS, AUTRICE DEL LIBRO AUTOBIOGRAFICO “LA PETITE DERNIÈRE", DA CUI È TRATTO QUESTO FILM, DIRETTO DALLA BRAVISSIMA ATTRICE E REGISTA FRANCO-ALGERINA HAFSA HERZI, PRESENTATO E SALUTATO IN CONCORSO A CANNES CON GRANDE SUCCESSO – NON È UN CAPOLAVORO, MA PER I FRANCESI È QUALCOSA DA PRESENTARE CON ORGOGLIO PERCHÉ PER TANTE RAGAZZE, SOPRATTUTTO MUSULMANE, SIA SINONIMO DI DIGNITA' E LIBERTA'.
La società francese da decenni è un calderone in cui le seconde e terze generazioni hanno grossi, grossissimi problemi di identità, dovuti al cozzare tra lo stile di vita e il modello di vita occidentale da una parte e le tradizioni familiari, quelle musulmane in particolare, dall'altra. La conflittualità sociale e generazionale scaturitasi, ancora oggi rende la Francia una società sì multiculturale, ma anche dal percorso imprevedibile. Inutile dire che per chi appartiene al mondo non etero, la questione sia doppiamente complicata, come ha spiegato nel suo libro semi-autobiografico, "La Petite Derniere", Fatima Daas. Partendo da quelle pagine Hafsia Herzi, dopo Bonne Mere, ha cucito il suo terzo cortometraggio, presentato in Concorso qui a Cannes 2025. Il risultato è poco meno che egregio per intensità, per qualità complessiva ed estetica, ma soprattutto per la verosimiglianza e la capacità di rendere palpabile una realtà molto particolare, i suoi protagonisti, il mondo giovanile odierno e LGBTQ+ in particolare. Il tutto avvalendosi di un cast sostanzialmente privo di professionisti o quasi, che la Herzi dirige con mano sicurissima e senza sbavature.
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