Ci racconti di Lei, chi è Davide De Gregorio come persona?
Un uomo, un music maker, un viaggiatore: sempre alla ricerca di bellezza, armonia, esperienze e connessioni autentiche. Costantemente in movimento, pronto ad assorbire l’energia del mondo e trasformarla in musica. La sua parola d’ordine è: visione, accompagnata da dedizione assoluta e lavoro duro. E ai sogni, non pongo mai limiti.
Come nasce la sua passione per la musica e cosa è il suo DDG Project?
Nasce con la batteria, col ritmo, per crescere con la scoperta della composizione, l’amore per la scrittura, la canzone come forma di espressione e sintesi perfetta. Mi appassiona ancora come format e rimane il modo in cui mi esprimo con più interesse.
Nello specifico, a chi è più grato per la sua passione ?
Alla musica, alla mia famiglia che mi ha sempre sostenuto, e a tutte le persone e i luoghi che ho incontrato lungo il cammino. Alle vibrazioni e al potere eterno di quest’arte straordinaria, che continua a essere una forza travolgente — uno strumento e un privilegio per noi artisti. Perché attraverso la musica possiamo diffondere messaggi di pace e amore, raccontare storie, accendere emozioni e stimolare il pensiero di chi ascolta.
Quali sono gli artisti dai quali si sente maggiormente influenzato o da cui trae ispirazione?
Otto ore per la lista completa? Scherzo, provo a dirne un po’: Pino Daniele, Enzo Avitabile, James Senese, David Byrne, Beck, Prince, Dave Stewart, Eurythmics, Bowie, Bach, Satie…
Come artista quali sono i personaggi che ha conosciuto ed ha sentito più vicino alla sua sensibilità.
Ho avuto la fortuna di vedere — e a volte conoscere — moltissime star internazionali nei backstage dell’Umbria Jazz Festival. Da ognuna ho imparato qualcosa, semplicemente osservando: i movimenti, le espressioni, le performance. È stato un laboratorio a cielo aperto.Ho un debole per Zucchero “Sugar” Fornaciari, che ho sempre sentito vicino per la sua ambizione senza confini. Per quella visione internazionale che lo ha spinto a portare la sua musica oltre i limiti nazionali. È anche il mio credo assoluto. E poi è una persona di una dolcezza disarmante. A Londra ero ospite alla Royal Albert Hall della sua batterista Cora Coleman (Prince, Beyonce) e nel backstage alla fine del concerto mi guarda e mi chiede “ti è piaciuto?” Sono rimansto di sasso e ho pensato “ma come, teatro sold out, Londra, pubblico in delirio e chiede a me se mi è piaciuto?” E’ il segnale della modestia, della generosità e della grandezza assoluta di un artista incredibile che ha rotto tutte le barriere possibili e immaginabili con la sua voce e la sua musica. Un mito! Mi piace anche menzionare Max Gazzè ed Edoardo Bennato. Mi hanno trasmesso cose diverse, ma ugualmente preziose. Max è un genio puro, una mente brillante e fuori dal comune. Bennato, invece, è una “macchina” dal vivo — energia, potenza e coerenza, senza compromessi.
Cambierebbe qualcosa nel mondo della musica in cui si è formato?
Il vero problema, per me, è sempre stato uscire dagli schemi. Evitare di essere incasellato, etichettato. Sono per l’antigenere. In inglese c’è una parola che trovo perfetta: pigeonholed. Letteralmente significa essere messi in una casella, come un piccione infilato in un buco. Ecco, io da quei buchi mi sono sempre voluto tirare fuori. Perché la musica — come la vita — non dovrebbe avere confini rigidi, né categorie strette. Canto in varie lingue, scrivo senza generi precisi, voglio sparigliare le carte, fare quello che “non si fa”. Il fattore sorpresa.
Quali sono le tematiche a cui ti senti più legato?
E’ un momento storico in cui l’ipercapitalismo e la finanza selvaggia hanno messo al tappeto tantissime, troppe cose. Pertanto la vera attenzione va messa su di una parola molto semplice ma spesso ingorata: PACE! Abbiamo bisogno di pace, di pensare di più all’essere umano, ad un nuovo umanesimo e all’unità tra persone. Non dobbiamo dividerci ma aggregarci.
Altre passioni?
Senza esitazione dico il Cinema. Tutto ciò a cui penso quando compongo è da sempre il grande schermo. Scrivo pensando a come sarebbe la mia musica in questo film, in questa serie TV, come colonna sonora di immagini in movimento. Dinamica. Amo anche molto la pittura, Caravaggio, e poi ritengo l’architettura una forma di arte quasi metafisica, in grado di cambiare i connotati di città, ambienti, spazi.
Che messaggio e che possibilità dà oggi il mondo della musica ai giovani artisti in un settore particolare e in perenne cambiamento e assorbito sempre più dalla rete? C’è spazio in Italia per giovani talentuosi ? E se dovessi dare un consiglio ad un aspirante cantautore, cosa gli consiglierebbe?
Dignità, dedizione, ossessione nel migliorarsi e avere dei modelli di altissimo livello, “inarrivabili”. Solo così, a mio avviso, si può ambire a dire qualcosa di interessante e “necessario”.
Il rapporto con la sua città natale.
Sono Campano di famiglia da generazioni. Prima di trasferirmi in Umbria con la mia famiglia, sono cresciuto tra l’Agro Nocerino Sarnese e Napoli. L’imprinting, le amicizie eterne quelle belle, pulite, il liceo, i primi anni di Università… una infanzia circondata da persone meravigliose. Poi ho sentito l’esigenza di “internazionalizzare” la mia vita e ho cominciato a girare il mondo… Londra, Roma, Los Angeles, Colombia, Londra di nuovo, Mosca… ora sono in Italia di nuovo, ma chissà dove mi porterà ancora questo lungo viaggio…
Poi sarò di parte ma Napoli è una città unica, con una personalità fortissima, piena anche di contraddizioni, tuttavia è amore puro, irrazionale. Se la tua prima lingua è il napoletano e capisci Totò, Eduardo, Troisi, Pino, Barra, Ranieri, Sastri, Avitabile, Senese, Sofia, viene da sè che in qualche modo hai avuto un grande privilegio a nascere in questa terra.
Un suo sogno artistico e che vorrebbe realizzare?
Vincere l’Oscar come miglior canzone di un film pazzesco, continuando a credere in quello che faccio crescendo musicalmente ogni giorno.
I suoi impegni futuri?
A Settembre parte il lancio Internazionale di un mio progetto in Inglese “Notes” in cui, in un brano, ho collaborato e duettato con Leee John degli Imagination, voce unica, con una carriera decennale, da star degli dai mitici anni ’80 ad ospite dai Gorillaz con Elton John e Robert Smith dei Cure. Un onore.
Ho grande entusiasmo e curiosità per quello che verrà. E naturalmente il progetto N-A-P-O-L-I, un EP in Napoletano il cui primo remix di un singolo “A Maronn c’accumpagna” - Disco Amore Remix, girà nelle radio Italiane e speriamo diventi colonna sonora dell’estate.
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