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L' autore e regista Fabio Pisano: " Ognuno ha un germe, un seme di qualcosa che porta dentro, che sia esogena quindi dovuta ad incontri, o endogena quindi dovuta a elaborazioni di esperienze."

mar 16, 2023 0 comments


  Fabio Pisano ci racconti di Lei, chi è  Fabio Pisano come persona?

Schiva, molto. Amo la discrezione, forse il motivo per cui ho scelto di scrivere; chi scrive parla con i suoi scritti, non con altro. Anche questa intervista, per me è complicata.

Come nasce la sua passione per la  scrittura?

Casualità; mi improvvisai drammaturgo, oltre dieci anni fa per aver fatto un sogno strambo, ma molto “teatrale”; da lì ho capito che questa piccola scintilla poteva essere foriera di un incendio vero e proprio; il mio primo testo “consapevole”, però, l'ho scritto nove anni fa; nel 2023 saranno dieci anni di attività che definisco “cosciente”. Ho studiato molto, per scrivere. E alcuni incontri sono stati decisivi, per la mia formazione.

Come si passa da laureato in   scienze biotecnologiche allo studio sulla drammaturgia con Maestri della scena internazionale come Mark Ravenhill, Martin Crimp, Enzo Moscato, Laura Curino, Davide Carnevali?

Non è poi molto diverso, il mondo scientifico da quello della drammaturgia; in entrambi c'è bisogno di rigore, di disciplina e di conoscenza della materia; non t'improvvisi scienziato, e non t'improvvisi drammaturgo (anche se oggi se ne trovano a iosa, sia in un contesto che nell'altro). I nomi da lei citati nella domanda sono stati dei veri e propri incontri rivelatori; ho studiato sui testi di Ravenhill, di Crimp, e potere avere l'enorme privilegio di incontrarli di persona, di ascoltarli parlare della materia, è stato decisivo. Moscato, la Curino, Carnevali a loro modo hanno “plasmato” il mio modo di scrivere, lontano dai loro ovviamente, ma risonante all'interno della continua ricerca sulla parola. 

Produttivo è stato il suo incontro con la nuova scena spagnola e i suoi protagonisti tra cui Ana FernandezValbuena, Jose Manuel Mora, e con Esteve Soler. Ci racconti di questa esperienza.

Al Teatro dei Filodrammatici di Milano ho fatto questo magico incontro; la nuova scena spagnola è fertile, meravigliosamente prolifica e sempre volta al nuovo. Il nuovo modo di intendere una drammaturgia verticale, che esplori nuove atmosfere, e non nuove terre, è motore costante di gente come Soler o come la Valbuena. Con Mora invece è nata un'amicizia molto bella, ci scriviamo di tanto in tanto, ci inviamo testi, ci confrontiamo. Credo per un (aspirante) drammaturgo sia fondamentale conoscere le scritture teatrali del mondo, perché altrimenti si finisce per smarrirsi. Seppur molto diversi tra noi, i drammaturghi hanno tutti una medesima direzione, e più leggi e conosci, migliore sarà il tuo Cammino.

Quali sono gli artisti dai quali si sente maggiormente influenzato o da cui trae ispirazione?

Non ci sono particolari artisti da cui mi sento influenzato; sicuramente ho due enormi, granitici totem che venero da sempre: Euripide e Pinter; ma anche la scoperta di Eduardo De Filippo, sempre nuova e costante, mi ha rivelato molto. La verità è che mi appassiono soprattutto alle “biografie” dei miei artisti di riferimento, perché la vita dice tanto dell'arte dei Grandi. Prenda Pirandello, ad esempio. La sua biografia è già un'opera incredibile. E da lì, le sue produzioni risuonano e partono. Sempre. Almeno, secondo il mio modesto punto di vista.

Come giovane autore quali sono i personaggi che ha portato in scena ed ha sentito più vicino alla sua sensibilità.

Ognuno dei personaggi che ho scritto, sento vicino; anche quelli in apparenza più lontani, come ad esempio il personaggio di Ferete, della mia personale riscrittura de L'Alcesti di Euripide. Ognuno ha un germe, un seme di qualcosa che porta dentro, che sia esogena quindi dovuta ad incontri, o endogena quindi dovuta a elaborazioni di esperienze.

 Da drammaturgo a regista è  nuovo passaggio. Come avviene.

Il paradosso è che ho studiato molto più percorsi di regia che di drammaturgia, ma dico sempre che non sono un regista, soltanto uno spettatore privilegiato che cerca di combattere le proprie parole, non assecondandole. Il passaggio di stato è come quello della sublimazione; da un solido foglio di carta con solide parole, diviene tutto “fumoso”, e sul palco, prende vita quasi fosse una transustanziazione. Ad ogni modo, lo ritengo un passaggio tanto istantaneo quanto eterno. Quindi non saprei come avviene, non saprei proprio. Certo una prima istanza è mossa dalla necessità di vedere le proprie parole prendere vita, e di solito lo faccio insieme alla mia compagnia, la Liberaimago, co-fondata insieme a Francesca Borriero e Roberto Ingenito, due artisti meravigliosi. Ma non sarei in grado di dirigere tutti i miei testi; ad esempio Hospes, -itis non avrei mai potuto dirigerlo, o Spezzata; non sarei in grado di farlo. Ci sono testi che nascono con una “visione”, e altri no. Ecco come avviene, forse: assecondando quella visione.

I suoi testi ricevono molti premi prestigiosi. Come valuta e che valore attribuisce ai riconoscimenti fatti ad un artista. 

I premi fanno bene al cuore, e male alla casa: perché la riempiono. Ho targhe, pergamene e cose così ovunque; mia madre con grande cura, le ha stipate tutte in uno scatolone. Ad ogni modo, servono molto, i premi; soprattutto determinati riconoscimenti, aiutano a far conoscere la propria produzione a chi determina le sorti del Teatro, nel nostro paese. Almeno a far conoscere, poi è chiaro che da lì alla messa in scena, c'è bisogno di un percorso che io definisco “miracoloso”. Penso al Premio Hystrio, che mi ha cambiato la vita, o al recente premio ANTC, che è un riconoscimento decisamente inaspettato e bello. Ma anche il Fersen, il premio Quasimodo, il premio dedicato a Gerardo D'Andrea, vero e proprio scout di giovani autori; ce ne sono tanti, di premi, solo che dovrebbero essere propedeutici a qualcosa che avviene sempre più di rado, per un drammaturgo, soprattutto contemporaneo: la produzione del proprio testo.



Preferisce scrivere  o dirigere.

Scrivere. Tutta la vita.

Che messaggio e che possibilità dà oggi il mondo della cultura ai giovani artisti in  un settore  in continuo cambiamento come il teatro, cinema e la televisione ormai assorbite dalla rete?  C’è spazio in Italia per giovani artisti talentuosi ?

C'è spazio, certo; ma è sempre uno spazio esile, entro cui infilarsi con grande determinazione. Se si è deboli, è complicato. Non c'è nessuno che si prenda cura di te, in questo mondo. Il consiglio è solo uno: lo studio. E non lo dico con le vesti di secchione, lungi da me, non lo sono mai stato, ma perché conoscere dà l'opportunità di crescere.

Il rapporto con la sua città Natale .

Con Napoli ho un rapporto controverso. A volte l'amo profondamente, a volte vorrei fuggirmene lontano. Ciò è determinato ovviamente dal modo di declinare il lavoro. Io sono napoletano di origine, ma non nella “filosofia”. Amo molto la disciplina e la discrezione. Due doti che talvolta capita di non trovare, nella nostra suadente città.

Il lavoro al tempo del “coronavirus” come hanno risposto gli artisti  a questa emergenza virale ed umanitaria che ha colpito il mondo e attualmente come pensate di rientrare in campo viste le problematiche che sta affrontando il mondo della cultura in generale.

Il mondo della cultura ha e avrà sempre delle difficoltà, pandemia o meno. Perché in questo paese, la cultura è un accessorio che sta andando via via scomparendo, nelle agende dei nostri governanti; la politica – non avrei voluto tirarla in ballo, ma è più forte di me – non ha alcun tipo di cura e di premura nei confronti della cultura. Non c'è progettualità concreta, non c'è visione, sguardo. Manca davvero l'interlocuzione. La pandemia forse, in questo senso, ha fatto emergere una serie di criticità; qualche passo in avanti s'è fatto e si sta facendo; timido, timidissimo. Ma non è di questo, che gli artisti hanno bisogno. La misericordia è pur sempre un sentimento artificiale. 

I suoi prossimi impegni.

Il nuovo anno si aprirà con La Macchia, al teatro Bellini dal 10 al 15 Gennaio, poi andremo a Trieste, poi Salerno. Per quanto riguarda la scrittura, sto lavorando ad un testo nuovo, e ad un progetto secondo me davvero interessante, insieme a Davide Iodice, amico fraterno oltre che sensibile regista, che però non posso rivelare ancora. 




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