Sbarca lunedì 3 aprile alle ore 20 al Teatro alla Scala la Czech Philharmonic, orchestra ospite di questa stagione della Filarmonica: con il suo Direttore Principale e Musicale Semyon Bychkov esegue la Sinfonia n. 6 in la minore Tragica di Gustav Mahler. L'ultima apparizione di Bychkov con la Filarmonica risale al 2012, quando aveva diretto Verklärte Nacht di Schönberg e la Seconda Sinfonia di Brahms.
Tra le orchestre che hanno fatto la storia musicale europea, nominata
“Orchestra dell’anno” da Gramophone nel 2022, la Czech Philharmonic ha
127 anni e ha tenuto il suo primo concerto – un programma interamente
dedicato a Dvořák e diretto dal compositore stesso – nella Rudolfinum
Hall il 4 gennaio 1896. Particolarmente apprezzata per le sue
interpretazioni di compositori cechi, è anche riconosciuta per il suo
rapporto speciale con la musica di Brahms, Čaikovskij e Mahler, che nel
1908 diresse con l’Orchestra la prima mondiale della sua Sinfonia n. 7.
L’avventura di Semyon Bychkov con la Czech Philharmonic è iniziata nel
2018 con i concerti a Praga, Londra, New York e Washington per
commemorare il centesimo anniversario dell’indipendenza cecoslovacca.
Dopo il culmine del Progetto Čajkovskij, Bychkov ha rivolto la sua
attenzione proprio a Mahler. Nel 2022 PENTATONE ha pubblicato i primi
dischi di un ciclo completo di Sinfonie di Mahler: nel 2022 la Sinfonia
n. 5 è stata nominata miglior album classico dell’anno dal Sunday Times.
Della sua Sesta Sinfonia Mahler diceva che avrebbe proposto «enigmi»
alle generazioni future, forse nei simboli, come i tre colpi di martello
nel Finale, o nelle tensioni che gli sono valse il soprannome di Tragica.
Scrive Andrea Estero nel programma di sala: «Anche nella Sesta
il “narratore” – ovvero il soggetto che racconta e dipana la trama di un
romanzo ottocentesco – lascia emergere la sua voce, reclama il suo
spazio, rivendica la sua funzione di regista “onnisciente”. Non solo:
come nel romanzo decadentistico si identifica sempre più con il
personaggio protagonista o con l’“eroe”. Così il racconto della Sesta,
la sua tragica vicenda, coincide con i suoi tentativi, sempre repressi,
di sfuggire alla logica formale, cioè agli imperativi del meccanismo
sinfonico che lui stesso ha costruito. Ricordi, reminiscenze,
interpolazioni, varianti sempre diverse e sorprendenti (gli «enigmi» di
cui scrive Mahler a Richard Specht?) mettono in discussione l’oggetto
sinfonico, le sue traiettorie prestabilite, aprono dei varchi affermando
il diritto all’esistenza dell’“io”. Ma la forza centripeta contraria –
la forma con le sue leggi e le sue necessità – alla fine lo annienta.
Robert Samuels ha parlato a proposito della Sesta di “suicidio della
sinfonia romantica”. Quella che si racconta non è una storia lineare,
una narrazione nel vero senso della parola. Ma una possibile pista, o un
plausibile “programma interiore”, di cui il protagonista è il medesimo
creatore, o forse la Musica stessa».
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