Lo scrittore e sceneggiatore siriano Khaled Khalifa, autore di
numerosi romanzi che lo hanno reso uno dei più rinomati autori
contemporanei del suo Paese, è morto d'infarto a Damasco il 30 settembre
a 59 anni.
Noto
critico delle autorità, protagonista del movimento pacifista di
opposizione al regime di Assad, il romanziere nato ad Aleppo è rimasto
nel suo Paese nonostante la repressione e la guerra scoppiata nel 2011.
È conosciuto soprattutto per il suo terzo romanzo, Elogio
dell'odio nominato nel 2008 per il Premio internazionale di narrativa
araba e nel 2013 per l'Independent Foreign Fiction Prize, e tradotto in
diverse lingue. Nel 2013 ha vinto il prestigioso Premio Naguib Mahfouz
assegnato dall'Università americana del Cairo. Era anche rappresentante
dell'Unhcr nei Paesi del Golfo.
Khalifa è stato ricordato da
artisti, intellettuali e giornalisti sui social network, oltre che da
attivisti politici in Siria e all'estero. Farouk Mardam Bey, editore
francese di tre suoi romanzi con Actes Sud, ha scritto: "La forte
emozione che ha travolto i social network non appena è stata annunciata
questa terribile notizia è la misura non solo del suo grande talento di
scrittore, ma anche della profonda simpatia che suscitava la sua calda
personalità, traboccante di amore per la vita". Il suo ultimo romanzo,
pubblicato nel 2021 in Italia da Bompiani, 'Nessuno ha pregato per
loro', ambientato ad Aleppo a inizio '900 è una storia drammatica e
toccante di perdita, dolore e amore.
Ha intrapreso un "viaggio
doloroso" per raccontare con la scrittura la sua Aleppo nella realtà di
oggi, ferita nel corpo e nell'anima dalla guerra: "Tutti i miei libri
parlano di Aleppo, ma la racconto sempre come era nel passato perché per
me è una via di salvezza. Sono anni che mi rifiuto di vederla - aveva
detto ospite a Roma di Letterature nel 2018 - e per farlo mi sono
immerso nuovamente nella realtà".
Nato in un villaggio vicino ad
Aleppo, quinto di tredici figli, Khalifa si approccia al tema
dell'arbitrarietà della lingua e dell'uso che di essa si fa raccontando
"il diritto e il rovescio" della sua città con uno sguardo attento
sull'oggi.
"Gli scrittori si adagiano sul passato e lo
raccontano perché in fondo siamo tutti dei codardi: è così difficile
immaginare il futuro e l'evoluzione del mondo, e poi il presente di oggi
è una delle pagine più nere della nostra storia", aveva detto l' autore
di Elogio dell'odio (2011) e Non ci sono coltelli nelle cucine di
questa città (2018), Morire è un mestiere difficile (2021), Nessuno ha
pregato per loro, tutti editi in Italia da Bompiani, "basta pensare alle
Primavere Arabe: oggi dopo anni c'è grande depressione. Nessuno di noi
poteva immaginare che la controrivoluzione avrebbe avuto armi così forti
da eliminare i sogni di 400 milioni di arabi". Aleppo ferita era il suo
dolore costante. "Da anni ormai sta arrivando uno tsunami di immagini
della città da internet e dai social network: pur di non vedere mi sono
trasformato in un uomo cieco", disse, "ma ho promesso alla mia famiglia
che ci tornerò, e allora ogni giorno per prepararmi guardo una sola
immagine di Aleppo e penso che siamo ancora in grado di ricostruire".
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