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L'attore Giordano Petri: "Sono legato a tutti i personaggi che ho interpretato perché prima di essi mi sono stato legato al progetto che mi è stato proposto e che quindi ho potuto scegliere." Archivio Interviste

mar 4, 2024 0 comments



Giordano ci racconti di Lei, chi è Giordano Petri come persona?

Con piacere, sono Giordano, classe 1979, leone di segno e di carattere! Vengo dalla provincia umbra, da Città di Castello e mi sento profondamente legato alla mia terra tant’è che appena riesco a liberarmi dagli impegni professionali scappo da Roma e scappo dal caos e dalla confusione della grande città. Mi reputo un ragazzo solare, molto curioso, sognatore, con quel tocco di sana follia che mi rende coraggioso e temerario. Detesto la falsità, l’arroganza, la supponenza e la mediocrità nelle persone. Mi destabilizzano!  Credo di essere piuttosto altruista e disponibile a tendere la mano, sono sempre pronto ad ascoltare un amico/a. Mi piace molto viaggiare, scoprire posti nuovi, non necessariamente all’estero. L’Italia è cosi ricca di tradizioni, arte, cultura e storia che, appena riesco, zaino in spalla parto alla scoperta dei tantissimi borghi italiani. Mi piace molto il buon cibo e il buon vino ed espio i miei peccati di gola praticando molto sport, dalla palestra alla bike, dal crossfit al calisthenic. Credo che prendersi cura di sé e del proprio benessere fisico e mentale sia una forma di rispetto di sé.



E come artista?

Sono un conservatore, mi reputo un attore della vecchia scuola, credo assolutamente nella piena formazione artistica e nel perfezionamento del percorso.  Il talento va coltivato, va educato. Se si potesse declinare dal punto di vista letterario mi definirei un purista. Dedico molto tempo alla preparazione e allo studio di un personaggio, allo studio di un testo, alla ricerca meticolosa e attenta di una postura, di un linguaggio, di un tic, di un gesto. Sono molto analitico e pienamente consapevole di quello che faccio e che rivogo ad ogni lavoro che sto per iniziare, con profonda disciplina e rispetto. Sono molto critico e auto critico tant’è che difficilmente mi piaccio rivedendomi o riascoltandomi: “Avrei potuto fare meglio” “Avrei potuto fare di più” “Avrei potuto togliere e minimizzare”… Credo, però, che lo studio, che non smetto di praticare, perchè il motore di questo mestiere, e la disciplina sono le chiavi maestre per poter svolgere questa professione nel migliore dei modi. E poi c’è il saper ascoltare e ascoltarsi per dare la massima verità e credibilità a tutto quello che si fa. 



Lo scorso giugno ha vinto il premio CineCi’ CortiCulturalClassic 2022 come miglior interprete maschile per il cortometraggio “La giostra”, un cortometraggio autobiografico del regista Simone Arrighi sulla malattia di Alzheimer.  Come si è calato nel ruolo del protagonista?

Ogni personaggio ha la sua ricchezza. Interpretare questo personaggio è stata una opportunità. Ho vissuto questo dramma da vicino in prima persona, la mia amata nonna Pina ne soffriva. L’impotenza di non poter fare nulla per arrestare l’avanzare della malattia, la propria destabilizzazione davanti ad una persona cara che da un momento all’altro non ti riconosce più, non è più autosufficiente, non è più padrona della sua vita e improvvisamente e lentamente si spegne è un dolore non raccontabile. Il primo approccio è stato quello di attingere ai tanti e spiacevoli ricordi per costruire il personaggio di questo figlio che deve reinventare un nuovo rapporto con la propria madre malata. Ho cercato di destrutturare ogni manierismo recitativo per avvicinarmi ad una pura e sana verità e mi sono lasciato guidare dal regista Simone Arrighi che, nonostante mi abbia lasciato molta libertà di creazione e di interpretazione, dandomi stima e fiducia, mi ha fornito qualche informazione privata, trattandosi di un progetto autobiografico, rendendo tutto più intimo e più personale.



Quali sono gli artisti dai quali si sente maggiormente influenzato o da cui trae ispirazione?

Come ho detto prima sono molto curioso e onnivoro. Da ogni lavoro che interpreto o che assisto come spettatore cerco sempre di catturare il meglio e l’inaspettato dalle performance artistiche, cercando di farle mie e di confezionarle con quelle che sono le mie sensibilità, le mie emozioni, le mie esperienze. Di certo Marcello Mastroianni è stato l’attore che attraverso il suo cinema ha stimolato la mia passione trasformandola in una professione. È sempre stato per me un attore molto dotato, che si è divertito a lavorare. Un attore felice che amava tantissimo il suo mestiere. Aveva uno sguardo scuro e dolce e al tempo stesso, vellutato… tutto ciò che serve per piacere. E piaceva molto: la sua gentilezza e semplicità, quel misto di sensibilità femminile e forza virile, la sua delicatezza, la sua bellezza e la sua riservatezza; tutte qualità che parlavano in suo favore… È di certo per me un esempio artistico.



Come attore quali sono i personaggi che ha portato in scena ed ha sentito più vicino alla sua sensibilità.

Sono legato a tutti i personaggi che ho interpretato perché prima di essi mi sono stato legato al progetto che mi è stato proposto e che quindi ho potuto scegliere. Per cui in ognuno di loro c’è sempre stato un lavoro di costruzione e di gestazione che ha portato poi al pieno confezionamento del personaggio. Anche interpretare personaggi sbagliati, diversi, quelli che non sono arrivati al successo, è stato emozionante e mi hanno fatto crescere e maturare. Di certo sono molto affezionato al ruolo di Emone nell’Antigone di Sofocle e che ho interpretato, diretto dalla straordinaria Irene Papas, durante il ciclo delle Tragedie Classiche al Teatro Greco di Siracusa. Ero piccolo mi ero da poco diplomato alla Scuola Nazionale di Cinema e ottenere quel ruolo e interpretarlo davanti ad una platea di circa duemila persone ogni sera e al fianco di mostri sacri come Galatea Ranzi, Alessandro Haber, Maurizio Donadoni non ha prezzo.  Conservo ancora grandissime emozioni.  Al cinema sono molto legato al personaggio di Gerardo Bianco nel dramma familiare Credo in un solo Padre del regista Luca Guardabascio.  È stata tanta la fatica e la ricerca interiore per arrivare ad una verità scarna, reale, la collaborazione con psicologi per affrontare tante declinazioni della violenza in ambito domestico e di genere, che vedere alla fine il risultato sul grande schermo e i numerosi consensi ricevuti dal pubblico ha ricompensato tutta la sofferenza interpretativa che si respirava sul set.

Lei ha a fondato insieme al regista Luca Guardabascio il “Manifesto del Cinema Sociale 99” che veicola attraverso il linguaggio cinematografico la comprensione più profonda su tematiche quali le disuguaglianze sociali, l’identità culturale, i diritti umani e altre questioni con cui persone e popolazioni sparse per il mondo hanno a che fare. Da cosa nasce questa esigenza..

L’esigenza di fondare questo Manifesto Artistico Culturale nasce dal fatto che pensiamo che la cultura non sia solo istruzione, ma anche e soprattutto educazione, formazione e sensibilizzazione. E quale miglior modo se non attraverso il cinema, il teatro e la musica? Questi appunto sono i luoghi deputati dove si impara cos’è l’amore in tutte le sue declinazioni, che cos’è il dolore, che cos’è la tragedia, la noia, la disperazione e confidiamo nel fatto che, con il nostro stakanovismo e certosino lavoro e ricerca, soprattutto i giovani possano trarne beneficio apprendendo quella che è la cura dei sentimenti. Di questo collettivo oltre me e il regista Luca Guardabascio fanno parte professionisti e amici della cultura, anime e cuori necessari senza dei quali sarebbe impossibile mettere in moto questa potente macchina: Rossella Corrado, Gerardina Busillo, Irene Alfinito, Andreea Parfenie, Annamaria Giordano, Barbara Guardabascio, Sergio Guardabascio, Patrizia Schiavo, Annarita del Piano, Dario Amaltea, Bagher Rahati Nover.

Di recente ha interpretato il ruolo di Italo Calvino in “Carlo Levi, a sud di Eboli” di Luca Guardabascio e prodotto da Matera 2019 in occasione di Matera capitale della cultura 2019.  Un bel sodalizio artistico con il regista  e scrittore Guardabascio.

Luca è il mio “brother”.  È prima di tutto un’anima preziosa, speciale, sensibile, colta che ho scelto come amico e che conosco ormai da più di 20 anni. È stato uno dei miei primi insegnanti di cinema. Teneva un corso sulla Storia del Cinema insieme a Vittorio Giacci. Siamo diventati amici in breve tempo anche perché mi sono subito appassionato alla sua idea di cinema che è quella di studiare il mondo, conoscere la vita e le persone, saper ascoltare e leggere con occhio critico. Condivido appieno la sua idea che non si nasce maestri ma solo con il sacrificio e lo studio si può arrivare a buoni livelli. Grazie a lui ho ampliato le mie conoscenze cinematografiche: Tarkovskij, Sokurov, Wenders, Siodmak, Ulmer, e autori letterari importantissimi. La nostra prima collaborazione in una serie televisiva in due stagioni: Task Force, che ha scritto e diretto e che trattava di temi legati agli inquinamenti del pianeta. Da lì tanti i progetti insieme, tra cui il Carlo Levi a sud di Eboli un viaggio teatrale musicale e artistico nel Meridione in cui ho interpretato il ruolo di Italo Calvino cui sono particolarmente legato sia per il personaggio cui ho dato anima sia per la mia devozione a lui come scrittore, e come intellettuale. Una narrazione emozionale che utilizza la transumanza dei saperi e il viaggio di Carlo Levi verso sud nel riscatto dei suoi contadini.

Il lavoro al tempo del “coronavirus” come stanno rispondendo gli artisti a questa emergenza virale ed umanitaria che ha colpito  l’Italia e il mondo e come pensate di rientrare in campo viste le problematiche che sta affrontando il mondo del cinema in generale.

La domanda è così difficile che non esiste una risposta certa e definitiva per una soluzione a breve scadenza. Di certo mi viene da dire che il cinema è pronto alla ripartenza con la certezza e la consapevolezza che nonostante le tante ombre e difficoltà, non ha mai perso la sua capacità unica di emozionare e coinvolgere il pubblico. Bisogna tener conto di una riforma strutturale che tenga conto del nuovo scenario e di nuove regole equilibrate nei rapporti tra il mondo della produzione, della distribuzione e la platea, sempre più ricca e diversificata di chi utilizza solo le piattaforme, mettendo mano alla questione giuridico-economica dei diritti dello sfruttamento delle opere e degli interpreti. Con un po’ di buona volontà e attenzione non sarà difficile.

I suoi prossimi impegni.

Per ora mi concedo un po’ di sano riposo e di relax nella costa laziale di San Felice Circeo, in attesa di iniziare a girare ai primi di settembre un progetto cinematografico della regista e attrice Annarita del Piano.





 


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