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L'attore Jacopo Bicocchi: " volantino della Scuola del Teatro Nazionale di Genova . Mi sono detto “perché no? ”Ho provato e mi hanno preso, e per la prima volta fra le mura di quella scuola, ho scoperto sulla mia pelle cosa fosse una vera passione. "

feb 26, 2025 0 comments



Jacopo Bicocchi

Jacopo ci racconti di Lei, chi è Jacopo Maria Bicocchi come persona?

Sono un uomo a cui piacciono le cose semplici nella vita. Sedersi a tavola e condividere con amici cibo e parole, camminare, passeggiare con il cane, la bicicletta, guardare le stelle, leggere, il sole, la neve, asciugare i capelli a mia figlia, i baci, gli abbracci, guardarsi negli occhi. L’onestà. Mi piacciono le situazioni e le persone semplici senza troppe svrastrutture. Trovo che nell’essenzialità si nasconda la verità delle cose e la reale felicità.



Come nasce la sua passione per la recitazione?

La mia passione per la recitazione nasce dalla disperazione. C’è stato un momento della mia vita intorno ai 22/23 anni, in cui mi sono reso conto di non sapere dove stavo andando. Avevo la strana sensazione di percepire che la mia vita mi stesse letteralmente scivolando via dalle mani. Chi sono? Cosa stavo facendo di me? Dove volevo andare? Tutte domande a cui non riuscivo a dare una risposta. Avevo la sensazione di essere all’interno di una partita a scacchi contro me stesso e di essere arrivato all’unica mossa possibile da fare: scacco matto. Ma non avevo il coraggio di dirmi di essere a questo punto della partita e così rimandavo, sfuggendo al problema, senza risolverlo e giorno dopo giorno il problema diventava sempre più grande e l’angoscia e la disperazione di sentirmi in trappola aumentava.Avevo paura di prendere qualsiasi decisione, fondamentalmente avevo paura di sbagliare. La mia unica fortuna è stata quella di arrivare talmente in basso da non avere più scelta. Dovevo fare qualche cosa, qualsiasi cosa. Tutto tranne che stare fermo a rimugiare intrappolato dai miei stessi pensieri.  Dovevo agire, buttarmi e andare alla ricerca di qualche cosa di ignoto, accettando anche la possibilità di fallire ancora.La cosa più difficole ricordo che è stata proporio questa: concedermi il lusso di sbagliare strada.  Ma come dice Primo Levi in un suo racconto “Non vale la pena di avere 20 anni se non ci si concede il lusso di sbagliare strada” e io mi permetto di aggiungere che questo alla fine vale anche a 40, 60, 80, 100 anni! Per una serie di vicessitudini mi trovavo a Genova e mi è capitato sotto mano un volantino della Scuola del Teatro Nazionale di Genova che poi ho scoperto essere una delle più importati scuole d’Italia. Mi sono detto “perché no? Provo... non ho niente da perdere.” Ho provato e mi hanno preso, e per la prima volta fra le mura di quella scuola, ho scoperto sulla mia pelle cosa fosse una vera passione.  Ho scoperto che una partita a scacchi è solo una partita. Si può perdere e chiedersi una rivincita, con semplicità e leggerezza. Non è una questione di vita o di morte. Fa parte della vita giocare. A volte si vince e altre volte si perdere. Ma soprattutto, abbiamo bisogno di entrambe le esperieze per andare avanti. Anzi spesso e volententieri, una sconfitta o una vittoria arrivano al momento giusto per insegnarti qualcosa e aiutarci a proseguire.Credo che, con il senno di poi, avrei potuto trovare anche altre strade. Cosa, non lo so. Oggi, dopo oltre 20 anni, posso intuire altre possibili strade parallele, ma questa è quella che è arrivata nella mia vita per prima. E le passioni, quando si trovano, non si abbandonano; al massimo si aggiungono. La passione per la recitazione, e più precisamente per il mestiere dell'attore, mi ha dato una chiave di lettura di me stesso, del mio immaginario interiore, e un paio di occhiali "magici" per guardare e leggere il mondo in cui sono immerso.



Appena diplomato al Teatro Nazionale di Genova nel 2007  subito, si è diviso tra teatro, cinema e televisione e per il teatro è stato  diretto anche da Anna Laura Messeri, Massimo Mesciulam, Cristina Pezzoli, Fausto Paravidino e Andrea Collavino. Cosa ricorda di quel periodo?

Un gran piacere, ma molto ha a che vedere con la fortuna. Ho avuto un ingresso nel mondo del lavoro molto più facile rispetto a tanti altri bravi colleghi e amici. Ho iniziato a lavorare tanto e subito, ancora prima di concludere il mio percorso formativo a Genova. Lavori tutti diversi fra loro, ricchi di diversità tecniche, drammaturgiche ed espressive. Questa è stata semplicemente una fortuna. È come se il destino mi avesse fatto fare il pieno, la scorta per l’inverno, in vista di quell’avvenire pieno di momenti più difficili che sono arrivati dopo, come è giusto che sia. È nella natura del nostro mestiere, soprattutto di chi tenta di raccontare un percorso lungo, una carriera, e non una professione svolta solo per qualche anno.

Il più delle volte la vita di un attore è difficile e per la maggior parte del tempo è piena di delusioni, rifiuti e duro lavoro. Siamo perennemente alla ricerca di un lavoro, anche quando lavoriamo, e siamo perennemente rifiutati, senza mai sapere il perché. Non per tutti è facile accettare la realtà delle cose; che semplicemente non ci hanno scelto. Tutto questo non ha nulla a che vedere con la tua bravura o la tua preparazione. La vita di un attore, per molti aspetti, non ha nulla di invidiabile. La strada su cui alcuni di noi costruiscono una carriera è lastricata di sconfitte e delusioni cocenti. È sorprendente come alcuni attori e attrici riescano, pur senza perdere la loro verità e vulnerabilità, ad arrivare, dopo tanti anni, a camminare sempre a testa alta senza essere ingobbiti da tutte le mazzate ricevute. Per la maggior parte delle persone “normali” questa vita sarebbe insopportabile, ne sono certo. Da qualsiasi punto di vista la si guardi, diventare un attore è più un atto di follia che di coraggio. In questo mondo poi! Perché mai intraprendere un mestiere nel quale è quasi impossibile guadagnarsi da vivere? Condizione riservata solo a pochi.  Insomma, la vita di un attore è piena di paradossi, ma sto andando fuori tema! Per sintetizzare, il mio inizio di carriera è più vicino all’immagine di una bella e serena infanzia, alla quale poi si sono aggiunti l’adolescenza e l’età adulta, portando con se tutte le loro complessità.



Quali sono gli artisti dai quali si sente maggiormente influenzato o da cui trae ispirazione?

Lucio Fontana su tutti, basterebbe citare lui. Poi se guardo bene dentro i suoi tagli ci trovo Van Gogh e in particolare la sua Sedia. Dino Buzzati con il suo “Il deserto dei tartari”. Primo Levi - Ferro. Il primo capitolo scritti da J.R. Moehringer nel libro “Open” e nel “Il bar delle grandi speranze”. Che ancore oggi mi interroga su chi sono e da dove nasce il mio profondo IO. Nuovo cinema paradiso di Giuseppe Tornatore. La sigla iniziale della serie Trasparent. Bastano le prime imagine e le prime note musicali per farmi crollare in un pianto irrefrenabile.

Ennio Morricone.

Pieragelo Bertoli.

Lucio Dalla.

Gli Eagles.

Golden Slumbers dei Beatles.

Gregory Alan Isakov.

La colonna sonora di “This is us” di Siddhartha Khosla. Poi come è gisuto che sia, ci sono attori e attrici da cui mi piacerebbe tanto riuscire a trarre insegnamenti e ispirazione, comunicare come loro, con quella voce li, con quel corpo li, con quella presenza li,  ma non è così. Gli attori e le attrici che mi piacciono di più sono la cosa più lontana da me per cui vale la pena arrendersi è godere del piacere di vederli esclusivamente lavorare. Anche se... tutto questo non è del tutto vero, perchè se li guardo con la giusta prospettiva,  posso rivedere in loro tutte quelle ispirazioni elencate prima, a partire agli squarci di Fontana.



Come attore quali sono i personaggi che ha portato in scena ed ha sentito più vicino alla sua sensibilità.

Più che dei personaggi mi sentirei di parlare di lavoro. C’è un tipo di lavoro qualunque esso sia che è più affine a una sensibilità di un artista. A prescindere dal personaggio che poi si porta in scena è il tipo di lavoro che ti porta sulla scena a fare la reale differenza.  Quando il lavoro va in questa direzione, ogni personaggio è vicino alla propria sensibilità. In questo devo dire che la conoscenza di una donna come è stata Cristina Pezzoli ha indubbiamento indirizzato la mia visione del lavoro e la mia carriera in una direzione molto precisa. Non sempre lavorare con lei è stato facile o comodo, anzi... direi mai! È sempre stata una grande fatica, ma le sono grato di aver creduto in me e di aver speso così tante energie per cercare di trasmettermi un pensiero, una visione e una responsabilità edica del lavoro. Questo mi sento di dire. Non amo parlare molto dei personaggi estrapolati dalla storia, perché a volte sembrano addirittura più importanti della storia stessa.  Invece, io credo che al centro di tutto debba esserci sempre la storia e che poi i personaggi, come satelliti intorno, siano lì a comporre l'astronomia della storia. I personaggi sono come un bassorilievo che, grazie alla storia, la pietra, riescono a emergere e mostrarsi a noi.

Il suo primo film da protagonista lo si deve a Lorenzo Corvino che lo sceglie per sua opera prima Wax. We are the X, con cui riceve la sua prima candidatura internazionale come miglior attore protagonista, al 7th International Filmmaker Festival of World Cinema di Londra 2015.

Si quella è stata davvero una gradissima sorpresa. Ricordo che anche in altri contessi in cui il film è stato ospitato in festival al di fuori dell’italia, ho ricevuto complimenti e apprezzamenti che ammetto mi hanno più di tutto, sorpreso.  Sorpreso più che altro perché ho avuto la possibilità di rileggere il mio lavoro da una prospettiva differete da come l’avevo guardata e immaginata. Ho avuto la possibilità di soprendermi, appunto, di constatare che il mio lavoro potesse contenere anche qualche cosa di ignoto per me, ma allo stesso tempo molto compatibile con quello che avevo pensato di raccontare.A volte, l’incontro di culture e modi di vedere il mondo in maniera differente dà la possibilità di scoprire nuove prospettive.Ho scoperto esserci elementi più universali di quanto avessi immaginato e che è lo sguardo dell’altro a completare una conoscenza di te.




È vincitore come miglior attore giovane emergente del Premio Nazionale delle Arti indetto dal MIUR (2006), del premio Hystrio alla Vocazione nel 2007, e nel 2009 del premio “Mondo Piccolo Cinematografo” per il film Giulia non esce la sera. Vince il premio Nuove Sensibilità nel 2010. Sono importanti i premi per un artista.

Questi sono una serie di premi che ho vinto i primissimi anni della mia cariera. Addirittura il Premio Nazionale delle Arti indetto dal MIUR , l’ho vinto quando non ero ancora diplomato alla Scuola del Teatro Nazionale di Genova.  A dire il vero, non dovevo neanche essere io a rappresentare la mia scuola, sono andato in sostituzione di un altro ragazzo, un attore che oggi sta vivento una carriera molto più importante della mia, ma questa è un’altra storia! Io credo che nessun premio sia in grado di modificare la tua arte o aggiungere valore. Detto questo, però, è indubbio che, per quanto mi riguarda, questi premi siano stati un grande motore e una scintilla di sensazioni positive che mi hanno permesso di buttarmi con fiducia in un mestiere che non sapevo se sarei mai riuscito a fare.Soprattutto ricordo che il mio pensiero era, non so se ne avrò mai l’occasione, viste le tantissime difficoltà. Questi premi mi hanno fatto dire...“forse lo posso fare”.E credetemi non è stato poco...



Lei ha fondato insieme a Mattia Fabris, la Compagnia Slegati dove scrivete, dirigete e interpretate tutti i vostri lavori a tema alpinistico.

Con il vostro primo spettacolo (S)legati, avete realizzato nell’estate del 2012 la prima tournée a piedi fra i rifugi di montagna. Sì, e ad oggi quello spettacolo ha superato le 360 repliche, tra rifugi di montagna, prati d'alta quota e, ovviamente, teatri. Anzi, questa cosa è interessante. Lo spettacolo ha debuttato, se così si può dire, in luoghi non convenzionali in montagna, nel suo teatro naturale. Solo successivamente ha seguito il suo normale percorso teatrale, diventando nel tempo una produzione di ATIR Teatro Ringhiera di Milano, che insieme a noi distribuisce lo spettacolo nei circuiti teatrali. Questo è stato insolito anche per noi che veniamo dal mondo teatrale. Ad oggi la compagnia si occupa di coniugare fondamentalmente due mondi: il teatro e la montagna, dove la montagna è semplicemente il contesto in cui l’uomo ha l’occasione di misurarsi con se stesso. Abbiamo all’attivo più di 800 repliche svolte in questi 13 anni di attività. Questo è stato possibile solo perché, nel 2012, durante quella prima tournée nei rifugi delle Alpi Orobie, inconsapevolmente abbiamo intuito che per avere lo spazio di fare ciò che ci piaceva e rispondere a una necessità, c’era bisogno di creare un circuito alternativo, scisso dal nostro mondo, quello teatrale. C’era bisogno di inventare qualcosa che non esisteva. Se fossimo rimasti, come si suol dire, "a casa nostra", niente di tutto questo sarebbe mai nato. Questo è molto importante dirlo, scriverlo e raccontarlo. Se avessimo cercato di fare il nostro spettacolo esclusivamente all’interno del sistema teatrale, forse oggi avremmo fatto giusto 5 o 6 repliche, 10 al massimo, non di più. Invece, la cosa più straordinaria che è successa in questi anni è che, più di una volta, persone che non erano mai entrate in un teatro hanno assistito ai nostri spettacoli in montagna e allo stesso modo, sono venute in montagna persone che ci avevano visto in teatro e che per la prima volta hanno voluto infilarsi gli scarponi, salire su un rifugio per vederci e vivere un'esperienza nuova. Tutto questo mi ha anche riinsegnato il vero valore del mio mestiere, del perché si debbano fare le cose, e soprattutto per chi. Insomma, è un viaggio che mi ha profondamente cambiato. 

L’immagine più lampante di questo processo riguarda qualche anno fa, quando abbiamo portato i nostri spettacoli al Teatro Manzoni di Milano, uno dei teatri più rappresentativi di una certa élite, di una certa borghesia. È stato davvero sorprendente e bellissimo vedere entrare in platea donne vestite con tacchi e pellicce, uomini in giacca e cravatta e sedersi accanto a uomini e donne con pile colorati, scarpe da ginnastica e qualche moschettone come portachiavi.

Ecco, tutto questo riguarda il concetto più ampio di cosa sia l’inclusività. Per includere qualcosa di diverso da te, un mondo che non ti appartiene, devi prima di tutto uscire dalla tua casa, dalla tua comfort zone, come diremmo oggi e andare tu stesso incontro a qualcosa di diverso. Uscire, portare qualcosa di tuo fuori da te, in un territorio sconosciuto e lì provare a vedere se può nascere qualcosa di buono per tutti, contaminandosi, fino a non essere più quello di prima. Trasformare per trasformarsi.

Che messaggio e che possibilità dà oggi il mondo della cultura ai giovani artisti in  un settore  in continuo cambiamento come il teatro, cinema e la televisione ormai assorbiti dalla rete?  C’è spazio in Italia per giovani artisti talentuosi?

Io direi che in un momento proprio come questo c’è assoluto bisogno di artisti talentuosi. In tutti i campi.  Artisti che con la loro vita e il loro esempio possano far vedere agli altri che un altro modo di stare al mondo è possibile.  Certo non è possibile farlo a metà, va fatto con tutto se stessi e solo i veri artisti sono in grado di resistere e abbracciare la propria croce. Forse il consiglio più grande a chiunque voglia intraprendere qualche cosa di artistico per se e la propria vita, è di leggere le parole dal grande poeta Reiner Maria Rilke in una lettera in risposta ad un giovane scrittore che gli chiede un parere sui suoi versi. Rilke usa parole forti, che illuminano la via di chiunque si avvicini ad un’ opera d’arte:Voi domandate se i vostri versi siano buoni. Lo domandate a me. L’avete prima domandato ad altri. Ora ( poiché voi m’avete permesso di consigliarvi) vi prego di abbandonare tutto questo. Voi guardate fuori, verso l’esterno e questo soprattutto voi non dovreste fare. Nessuno vi può consigliare e aiutare, nessuno. C’è una sola via. Immergetevi in voi stesso. Ricercate la ragione che vi chiama a scrivere; esaminate se essa estenda le sue radici nel più profondo luogo del vostro cuore, confessatevi se sareste costretto a morire, quando vi si negasse di scrivere. Questo anzitutto: domandatevi nell’ora più silenziosa della notte: devo io scrivere? E se v’è concesso affrontare questa grave domanda con un forte e semplice “debbo”, allora edificate la vostra vita secondo questa necessità. La vostra vita fin dentro la sua più indifferente e minima ora deve farsi segno e testimonio di quest’impulso. E se da quest’immersione nel proprio mondo giungono versi, allora non penserete ad interrogare alcuno se siano buoni versi; né tenterete d’interessare, per questi lavori, le riviste: chè in loro vedrete il vostro caro possesso naturale, una parte e una voce della vostra vita. Un’opera d’arte è buona, s’è nata da necessità. Con ogni devozione e simpatia.  Reiner Maria Rilke 

Il rapporto con la sua città Natale .

Oggi ho 44 anni e fra poco, avrò vissuto più della mia vita in un’altra città che nella mia città natale, Reggio Emilia. Semplicemente quando ci penso mi sembra impossibile.  So di essermene andato, ma in qualche modo mi sembra di non essere mai partito. Appartengo a quel territorio, sono fatto di quei paesaggi, di quella nebbia, di quegli odori,  di quella strada lunga e dritta che porta il nome di Via emilia, son fatto della roccia di quegli Apennini.  Quando mi immagino su una vetta sono sempre sul Monte Cusna. Ho in bocca quei sapori e quel modo di condividere una tavola e di incontrare gli altri.Per me rimane un posto da cui dover tornare.

I suoi prossimi impegni.

Con la Compagnia Slegati abbiamo in programma la nostra prima spedizioni teatrale in Nepal.  È un trekking intervallato dai nostri spettacoli teatrali a tema alpinisto, che ci porterà in quindici giorni fino al campo base dell’Annapurna a 4200 metri circa. Ma la cosa più emozionante sarà portare uno dei nostri spettacoli dedicato a Fausto De Stefani, grande alpinista che è riuscito a superare di grand lunga i confini della montagna,  nella scuola da lui fondata, la Rarahil Memorial School, vicino a Katmandu, per raccontare e rappresentare lo spettacolo davanti agli oltre 1000 studenti che ad oggi ospita. Siamo davvero legati a questo progetto tanto che, in questi ultimi anni, grazie al nostro lavoro, siamo riusciti a dare il nostro piccolo, piccolissimo contributo,  “adottando” più di 16 bambini, finanziandogli un intero anno di studi. Speriamo di avere le forze e continuare su questo cammino.



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